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Paolo Conti
Italia Nostra. Veleni, accuse e dimissioni Una lettera spacca gli ambientalisti
26 Gennaio 2016
Beni culturali
Da che parte sta Italia nostra? Si apre finalmente la discussione pubblica sulla denuncia di Tomaso Montanari a proposito della surrettizia scelta scelta di campo dell'associazione protezionista.

Corriere della Sera, 24 gennaio 2016


Le pagine di eddyburg, che per primo ha pubblicato la lettera, sono aperte al dibattito: eddyburg@tin.it

Italia Nostra in profonda crisi, generazionale e identitaria. Tutto è partito dalla lettera di dimissioni dal Consiglio nazionale presentata da Tomaso Montanari, giovane critico e storico dell’arte: «L’attuale dirigenza nazionale ha deliberatamente provocato una frattura con l’ispirazione più autentica dell’associazione, quella di Umberto Zanotti Bianco, Antonio Cederna, Giorgio Bassani. Non c’è più alcuna elaborazione intellettuale originale, e c’è anzi la supina accettazione delle più usurate parole d’ordine del potere vigente». Montanari accusa il vertice nazionale (non le sezioni locali) e il presidente Marco Parini, eletto nel settembre 2012, di aver capovolto la scala di valori: «La “valorizzazione” è messa sullo stesso piano della tutela; il privato su quello del pubblico; il volontariato su quello del lavoro, e via di seguito». Con la conseguenza, sostiene Montanari, di un «crescente interesse» di Italia Nostra per la gestione dei beni che rischierebbe di trasformarla «in una sbiadita fotocopia del Fai».

Desideria Pasolini dall’Onda e Nicola Caracciolo di Castagneto, presidenti onorari eletti all’unanimità, hanno chiesto a Parini di «adoperarsi perché il Direttivo dell’associazione respinga le dimissioni di Montanari, una delle figure più marcanti di una nuova generazione di ambienta-listi. Perderlo sarebbe un errore». Una dura lettera di sostegno a Montanari (firmata da Pier Luigi Cervellati, Vezio De Lucia, Andrea Emiliani, Vittorio Emiliani, Rita Paris) chiede le dimissioni del presidente e della dirigenza accusati «di equiparare la pubblica tutela alla privata valorizzazione». Solidarietà a Montanari dalle sezioni di Tivoli, Ferrara, Caserta, Vasto, Forlì. Anche la consigliera nazionale Maria Pia Guermandi sta riflettendo su possibili dimissioni.

Invece protesta il presidente della sezione di Firenze, il professor Leonardo Rombai: «Supina accettazione delle parole d’ordine del potere? Non mi riconosco affatto in questa accusa ingenerosa, e non si riconosceranno i nostri iscritti. Siamo in tanti a batterci per il nostro patrimonio». Ma è soprattutto Parini a replicare, con una missiva ai due presidenti onorari. Il presidente rivendica «una linea programmatica in continuità con il triennio precedente, l’incremento delle azioni giudiziarie anche penali, un confronto senza sconti con le istituzioni, per esempio la prima iniziativa contro il decreto sblocca Italia e le battaglie sul paesaggio e contro l’eolico selvaggio». Ma Parini ribatte soprattutto all’accusa di voler privilegiare la gestione-valorizzazione dei beni citando l’articolo 1 dello statuto del 1955 («concorrere alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio storico e naturale della Nazione») e l’articolo 3 («promuovere l’acquisto di edifici o proprietà in genere, di valore storico artistico, o assicurarne la tutela ed eventualmente anche la gestione»). Ricorda il successo di iniziative ormai radicate nel tempo «come il Boscoincittà, il museo nel Porto Vecchio di Trieste, il parco gestito dalla sezione di Reggio Calabria, il museo all’Isola di Caprera, la recente concessione dell’Eremo di Santo Spirito in Abruzzo».

Parini contesta a Montanari il voler rifiutare ciò che Italia Nostra fa da quarant’anni. Così come rispedisce al mittente l’obiezione sulla correttezza del principio per cui il meccanismo del volontariato può generare posti di lavoro nell’indotto (così come avviene, va detto per inciso e per completezza, in Gran Bretagna proprio grazie al National Trust).

Parini ritiene dunque concluso l’incidente: dopo le irrevocabili dimissioni di Montanari, scrive Parini, «il Direttivo nazionale del 16 gennaio ha preso atto e ha invitato l’architetto Luigi De Falco, che ha accettato, a subentrargli». La storia, c’è da giurarci, non finirà qui.

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