La Repubblica
Terrore a Ischia, ancora una frana killer quindicenne travolta e uccisa dal fango
di Roberto Fuccillo
ISCHIA - L’isola si sbriciola. Sono quasi le otto e mezzo di ieri mattina quando il monte sopra Casamicciola frana a valle e riversa un fiume di fango, terra, detriti di ogni genere. La fiumana, inarrestabile, si incanala lungo uno degli assi viari del paese: piazza Bagni, uno slargo in discesa, fa quasi da collettore dei flussi provenienti da più smottamenti e poi scarica il tutto lungo una strada dal nome predestinato, via Lava. Da qui, portandosi dietro massi, tronchi divelti, decine e decine di auto accartocciate, la colata di fango piomba sul porticciolo, sfonda il parapetto che separa la strada dalla spiaggia sottostante, termina la sua corsa lungo il molo e a mare. Lungo il tragitto ha travolto anche i passanti. Alcuni si sono scansati per tempo, una quindicina verranno estratti più tardi dei vigili del fuoco. Una studentessa invece non ce l’ha fatta. Anna De Felice, 15 anni, stava andando all’alberghiero con i genitori. La macchina è stata inghiottita dalla frana, la famiglia si è ritrovata a mare, ma Anna è annegata in auto. A lungo si è temuto anche per un piccolo di 5 anni, poi trovato. A fine giornata il bilancio sarà più lieve del temuto: venti feriti medicati all’ospedale Rizzoli, di cui 11 ricoverati. Mentre il direttore sanitario Valentina Grosso nega che ci sia stato qualche ricovero a Napoli.
Alla base del disastro certamente le forti piogge. Dalla mezzanotte alle 15 di ieri si sono avuti oltre 69 millimetri di pioggia. Quanto basta per provocare già in nottata quattro o cinque smottamenti lungo il monte Vezzi. Poi, in mattinata, l’evento più traumatico. Almeno tre i punti di cedimento, da una altitudine di circa 200 metri. La terra si è incanalata più a valle in due valloni che sono confluiti poi in un punto preciso in paese per precipitare poi fino al mare. «E certamente un ruolo l’ha giocato la forte pendenza delle pareti, che ha accelerato il tutto», spiega Sergio Basti, direttore centrale per l’emergenza dei vigili del fuoco che sono intervenuti in forze: 30 mezzi, 2 elicotteri, 100 uomini, fra cui i nuclei Saf (specialisti in tecniche speleo-alpino-fluviali), cani e sommozzatori che hanno cercato di eventuali dispersi e carcasse di auto.
Alle vittime è giunto il dolore e il cordoglio di Giorgio Napolitano e dei presidenti delle Camere. Ma sul disastro fioriscono anche le polemiche. «La zona era già stata perimetrata e ritenuta ad alto rischio frane - dice Francesco Russo, presidente dell’Ordine dei geologi campano - eppure non sono stati effettuati i necessari lavori». E Russo punta il dito contro «l’insufficiente portata» di una canale nella zona. Difficile la giornata di Guido Bertolaso, che pure ha mandati sull’isola i suoi uomini. Prima si sfoga: «Mi fa grande rabbia. Finché non si fa manutenzione e messa in sicurezza continueremo a dover subire questo genere di situazioni». Poi si trova sotto l’attacco del sindaco di Ischia, Giuseppe Ferrandino: «Per la frana del 2006 sul Monte Vezzi (quattro morti non lontano dal luogo del disastro di ieri, ndr) l’unico competente era lui e non mosse un dito». Replica della Protezione civile: «É bene ricordare che per quella frana fu nominato commissario con pieni poteri il presidente della Regione Campania Bassolino». Il quale Bassolino, a sua volta, ha stanziato un milione e chiesto lo stato di calamità per la zona e un piano nazionale di interventi.
Sull’evento indaga la Procura. Fascicolo in mano a due pm, Ettore Della Ragione e Antonio D’Alessio. Dice Aldo De Chiara, coordinatore del pool per i reati ambientali, «in caso di condotte omissive, si potrebbero ipotizzare reati che vanno dall’omicidio al disastro colposo». A Ischia intanto ieri sera è ripreso a piovere: l’unità di crisi controlla i punti a rischio, la stato di allerta dovrebbe cessare fra stasera e domattina.
Lo shock dei sopravvissuti "Temevamo di venire sepolti vivi"
La colata si è portata via mio figlio, pensavo non ce l’avesse fatta. Invece l’hanno ritrovato un chilometro più a valle Mi sono salvato aggrappandomi al palo di un cartello stradale Pensavo che fosse finita invece sono qui
Perdere una figlia di quindici anni mentre la si accompagna a scuola. È il tragico destino di Aurora De Felice, la mamma dell’unica vittima della frana. Ha rischiato la vita anche lei, ora è ricoverata all’ospedale Rizzoli, sull’isola, e ovviamente non può darsi pace: «Anna, Anna - ripete ossessivamente - piccola mia, dove sei? Non posso pensare che non ci sei più, piccola mia. Amore mio dove sei? Cosa faccio io ora senza di te?» Accanto a lei scuote la testa il marito, Claudio, affranto dal dolore. Gli amici vicino provano a rincuorarli e raccontano: «Anna era allegra, solare». Una testimonianza che in serata si trasferirà su Facebook, dove gli amici della ragazza hanno circondato di messaggi di incredulità la foto che la ritrae abbracciata al suo fidanzato. E dove il fratello Simone, 17 anni, saluta così la sorella: «Litigavamo sempre... ma poi ci ridevamo sempre su. Vivrò perché tu non hai potuto farlo, vivrò per ricordarti, per portare sempre la tua immagine indelebile nel mio cuore. Mi dispiace averti vissuto così poco, ma Dio così ha voluto. Aveva bisogno di un altro angelo che regnasse in Paradiso. Un bacio».
Al dolore dei De Felice si aggiunge, in altre corsie dell’ospedale, il racconto drammatico di chi invece ce l’ha fatta. C’è il papà del piccolo Arnaldo Maio, 5 anni. Per qualche ora si è temuto che il bambino potesse essere la seconda vittima, il papà racconta: «Ci siamo ritrovati in una morsa di fango, ho perso mio figlio, ero sicuro di non rivederlo più. Poi mi hanno detto che lo avevano trovato giù al porto, un miracolo». E ancora Giuseppe Amalfitano, un altro degli scampati: «Tentavo inutilmente di aggrapparmi a qualcosa. Ero sicuro di morire, poi mi sono fermato a un tubo, ho visto che era un segnale stradale».
Fra quelli che hanno rischiato c’è lo stesso sindaco Vincenzo D’Ambrosio: «Sono passato pochi minuti dopo le 8 da lì, dopo aver accompagnato mio figlio a scuola, e non c’era nessun segnale di quanto sarebbe accaduto». C’è invece chi è stato avvisato in mare. «Mi ha chiamato mia madre per dirmi che a casa stavano nel fango». Così racconta Salvatore Lombardi, operatore sui traghetti. Mi sono precipitato sul luogo, in località Perrone, ci sono tre palazzine di sfollati, una quarantina di persone fuori delle loro case». Sono gli abitanti delle case Gescal. Il vialetto del loro parco, ridotto a una piscina di fango, finisce proprio a ridosso di una delle pareti di montagna venute giù: «Aspettiamo che prima o poi venga qualche pompa anche quassù». Giù al porto c’è invece un’altra sopravvissuta. É la zia delle tre ragazze morte col padre sotto un’altra frana, a qualche chilometro da qui, tre anni fa. Va in giro con le fototessera dei suoi carri, e lamenta: «Ora piove e ci dicono di andare in un palazzetto dello sport, la verità è che aspettano sempre i morti».
la Repubblica
Decenni di abusi e ventimila condoni l’assalto all’isola dai piedi d’argilla
di Stella Cervasio
CASAMICCIOLA - L’orrore è venuto dal bosco. Con quel nome turistico che le hanno dato, "isola verde", Ischia ne possiede un’alta concentrazione proprio alle spalle di uno dei suoi posti più panoramici, l’unica piazza termale d’Italia. Sotto il manto d’asfalto di piazza Bagni corrono le acque bollenti e curative del Gurgitiello (che vuol dire gorgoglio) che servirono a Garibaldi per curare le ferite riportate in battaglia sull’Aspromonte.
Da quel fondale verde cupo di castagni e pini, alle otto di ieri mattina è venuta giù a pezzi la montagna. Tonnellate di acqua con un carico di massi di tufo, alberi, panchine e masserizie raccolte sul percorso hanno invaso velocissime due stradine, via Ombrasco e via Nizzola, dove stanno appollaiati alberghi e pensioni. Da queste parti le chiamano "cupe": sono le vie naturali dell’acqua quanto piove, e proprio come una pista da sci, guai se non sono sempre libere. Un’enorme lava di fango è scesa di qua a cento all’ora, proprio come accadde tre anni fa dall’altra parte dell’isola, nel comune di Ischia. Su un’altra altura, il monte Vezzi, morirono quattro persone, e gli sfollati sono ancora nei container. Erano case abusive, quella volta: a Ischia sono previsti 500 abbattimenti e ventimila pratiche di condono sono sospese nei cassetti dei sei comuni dell’isola. Poco dopo quell’altra frana, il vescovo di Ischia lanciò un anatema contro chi voleva picconare l’edilizia illegale.
L’orrore non è nuovo su questa piazza. Poche ore dopo la tragedia, su Facebook, insieme a un’immagine dei detriti depositati sulla riva del mare sotto l’arcobaleno, girava una foto del 1910, con i palazzi di piazza Bagni mezzo sommersi dal fango di un’altra alluvione. Ogni calamità sembra accanirsi sulle pendici del monte Epomeo: terremoti come quello del 1881 (oltre cento i morti), e del 1883, in cui Benedetto Croce fu ferito e perse il padre, la madre e una sorella. «Chi ha la montagna sopra la testa, lo sa», dice l’ex sindaco Luigi Mennella, che sulla bella piazza ha un antico negozio di ceramiche. Ha dovuto lasciare la sua macchina e scappare, prima che il fiume lo travolgesse. «Il problema endemico resta l’abusivismo: diversi valloni, canali che facevano defluire l’acqua, sono stati ostruiti negli anni da abitazioni costruite senza permesso».
Non condivide l’attuale sindaco, il pediatra Vincenzo D’Ambrosio: stava portando i figli a scuola quando è arrivata la colata di fango e pietre. «È un fenomeno naturale eccezionale, si ripete il terribile evento che ha colpito la stessa zona nel 1910. In quella occasione ci furono decine di vittime. Le case non sono state per niente interessate da questo dilavamento. La frana ha avuto origine molto in alto, dove non c’era stato né disboscamento né abusivismo. Solo gole naturali dove l’acqua è esondata. È capitato a noi, purtroppo abbiamo perso una concittadina, domani sarà lutto. Spero che si possa finanziare uno studio per ridurre il rischio che da noi è sempre così alto».
Legambiente, però, se non l’aveva previsto, ci era andata vicino. «Appena dieci giorni fa nel corso della presentazione del rapporto "Ecosistema Rischio Campania" - spiega il responsabile scientifico di Legambiente Campania Giancarlo Chiavazzo - abbiamo fatto appello al buon senso e alla coscienza dei sindaci affinché colmassero i ritardi nella messa a regime dei sistemi di protezione civile locale. Una tragedia annunciata, quindi, e così purtroppo ce ne potranno essere ancora, fino a quando i sindaci dei 474 comuni a rischio idrogeologico della regione (una superficie di 2250 chilometri quadrati) non si attiveranno con piani d’emergenza». Gli ambientalisti invocano strutture locali di protezione civile collegate con quella regionale. Un sistema di allarme capillare capace di far scattare l’emergenza nei comuni indicati nei Piani di assetto idrogeologico redatti dalle Autorità di Bacino. Tradotto, significa che quando piove molto, si va via. Ma il futuro qual è, per posti come questi? «Delocalizzazione dev’essere la parola d’ordine, come per Sarno - dice Chiavazzo - metterli in sicurezza non è possibile»
la Repubblica
Il dissesto del Sud
di Giovanni Valentini
Un’altra storia di ordinario degrado ambientale, di incuria, di abbandono del territorio. E naturalmente, di abusivismo edilizio, di illegalità. Come a Messina, poco più di un mese fa.
Come nella stessa Ischia ad aprile del 2006; come già in tante altre regioni della Penisola, ma in particolare al Sud, nel nostro povero Sud. Sotto la pioggia battente di questi giorni, anche le dichiarazioni e i buoni propositi espressi all’indomani dell’ultimo disastro sono franati nel mare davanti a Casamicciola, provocando morte e rovina. La frana di Ischia è un nuovo segnale e un nuovo avvertimento contro il mancato o cattivo governo del territorio. Contro la mala-politica, a livello nazionale e locale. Contro un’amministrazione pubblica che privilegia gli interessi privati, spesso e volentieri illeciti, rispetto a quelli della collettività, in base a una gerarchia di priorità che segue i criteri di un malinteso sviluppo, del clientelismo o addirittura della corruzione.
Al tempo delle scorribande e delle invasioni, dei corsari e dei pirati, il pericolo per le popolazioni costiere arrivava dal mare. Oggi, al contrario, viene dall’interno, da un dissesto del territorio che improvvisamente trascina in acqua esseri umani, abitazioni, masserizie, automobili. La normalità della vita quotidiana è stravolta così dalla furia degli elementi, con la complicità attiva dell’ignoranza e dell’irresponsabilità. Continuiamo a subire alluvioni e frane, mentre continuiamo a vagheggiare il Ponte sullo Stretto in una sorta di dissociazione onirica e megalomane. Eppure, dopo il disastro di inizio ottobre, era stato il presidente della Repubblica a censurare pubblicamente la retorica delle «opere faraoniche» d’infausta memoria.
La verità nuda e cruda delle cifre è che in diciotto mesi - come denuncia il neo-presidente dei Verdi, Angelo Bonelli - sono stati tagliati oltre cinquecento milioni di euro destinati alla difesa del suolo. Ridotti i fondi iniziali a 270 milioni, il centrodestra ha soppresso poi quelli per il monitoraggio sismico (4,5 milioni); i finanziamenti di 151 milioni per il territorio della Sicilia e della Calabria; i 45 milioni per il ripristino del paesaggio; i 15 milioni per i piccoli Comuni. Un «risparmio» sulla prevenzione che si traduce in un danno immediato per la popolazione, per il territorio e per l’ambiente, ma anche per il turismo.
Altro che fatalità o calamità naturale. Questo è il risultato di una politica ottusa e miope. Ma è soprattutto la demolizione di un’immagine e di un’attrattiva su cui poggia la maggiore industria nazionale, regredita non a caso dal primo al quarto posto nella graduatoria mondiale. «Chist’è ò paese d’o sole, chist’è ò paese d’o mare», assicura la celebre canzone napoletana. Nella realtà, questo rischia di diventare invece il Paese dei terremoti, delle frane e delle alluvioni. Un Malpaese infido e insicuro, sempre più distante dalla sua storia civile, dalla sua tradizione artistica e culturale.
Nonostante la prova di efficienza organizzativa in Abruzzo, di cui pure bisogna dare atto al governo, le foto delle tendopoli tuttora in piedi all’Aquila, i recenti filmati di Messina e di Ischia, sono destinati purtroppo a fare il giro del mondo. E come i rifiuti nelle strade di Napoli all’epoca del centrosinistra, non alimentano certamente una campagna promozionale. In mancanza di materie prime da sfruttare, sono proprio il territorio, l’ambiente, il paesaggio, le nostre principali risorse da difendere e valorizzare.
il manifesto
Ischia: frana il condono
di Adriana Pollice
Chi avesse alzato gli occhi ieri mattina a Ischia, intorno alle otto, avrebbe visto una valanga di acqua, fango ed enormi massi travolgere il comune di Casamicciola fino a investire, come un enorme proiettile, il suo porto. Una frana in località Tresca, staccatasi in tre punti, venire giù dal Monte Epomeo trascinando via automobili, alberi e persone. Sono bastate le prime piogge autunnali e, dopo il cedimento del Monte Vezzi nel 2006, l'isola verde deve rifare la conta dei danni, rimettendo il lutto al braccio. Questa volta a morire è stata una ragazza di appena quindici anni, Anna De Felice, trascinata in mare nella vettura dei genitori in cui viaggiava, sabbia e acqua nei polmoni fino all'annegamento. Una ventina i feriti, assistiti nell'ospedale locale, il Rizzoli, i più gravi sono stati portati a Napoli in elicottero. Sommozzatori e vigili del fuoco, ricoperti di melma, a pattugliare costa e strade, quelli finiti in acqua messi in salvo su barconi attrezzati. Un ragazzino di sei anni, di cui si erano perse le tracce, ritrovato nell'auto dei genitori, una ragazzina di undici estratta dal fango ferita in modo grave ma non in pericolo di vita. In quindici tirati fuori dalla frana che li aveva sommersi. Soccorsi difficili in una Casamicciola isolata per tutta la mattinata, cielo livido e pioggia battente fino alle 12, unico accesso via mare.
Case e negozi bloccati da muri di melma. «È un miracolo che la slavina non abbia distrutto le case - commenta l'architetto Simone Verde - La marea si è immessa nell'antico alveo scivolando fino a valle. Quel costone era già franato nel 1910, si sa che è a rischio dissesto, si sarebbe dovuto mettere in sicurezza da tempo».
Risalendo le stradine dal porto verso il Monte Epomeo, sembra di trovarsi sul luogo di un attentato, piazza Bagni il centro della deflagrazione: l'edicola divelta, alberi sradicati, infissi esplosi. Terra e pietre a ricoprire cose e case, i colori dell'intonaco spariti sotto il grigio-marrone della terra. Più su e più giù una scia di autovetture sventrate, trascinate via fino al porto, in bilico sui muri di contenimento, rivoltate sulla marina in mezzo alle barche. Alcune persone bloccate a Santa Maria al Monte per una piccola frana in località Corvaro, bloccati anche i turisti dell'Hotel Michelangelo nella zona alta di Casamicciola. «Appena due giorni fa l'alveo attraverso cui l'acqua è scesa fino a via Martini - commentava incredulo il sindaco, Vincenzo D'Ambrosio - era stato oggetto di manutenzione ordinaria da parte della Sma Campania».
«Fino a una decina di anni fa una conta dei danni di queste proporzioni non sarebbe stata possibile», spiega Giuseppe Mazzara, referente di Legambiente a Ischia, «Fino agli anni settanta i costoni ripidi della montagna erano orti e frutteti a terrazza. Con il boom turistico i contadini si sono riconvertiti nel settore dei servizi e le terre sono diventate boschi selvatici. Poi è arrivato il primo condono edilizio nel 1994 e la prima colata di cemento». Oggi il comune è assediato dalle costruzioni abusive, l'amministrazione non vede o finge di non vedere, quando la procura di Napoli manda le ruspe per gli abbattimenti, almeno seicento, i sindaci si sollevano indignati: «Addirittura - prosegue Giuseppe - hanno provato a modificare il piano urbanistico provinciale per far declassare le terre da rurali a edificabili. Il tentativo non è passato e allora si sono limitati a lasciare fare, si tratta non solo di terre sottoposte a vincolo ma anche a forte rischio idrogeologico». Tre anni fa, all'alba del 30 aprile, un'altra frana provocò la morte di quattro persone tra Barano e Forio, circa in 250 rimasero senza tetto, la maggior parte delle quali è tuttora nei container sistemati nel camping di Ischia Porto, dove probabilmente finiranno anche gli sfollati della nuova frana. «Mi fa grande rabbia - dichiarava ieri Guido Bertolaso - perché tutto il lavoro che è stato fatto fino a oggi non è stato sufficiente». Ma è ancora Giuseppe che spiega: «Nel 2006 fecero degli interventi nei dintorni di Monte Vezzi, su Forio o Casamicciola nulla».
I sindaci sostengono che le case abusive vanno sanate perché situazioni di necessità. «Non si può coprire la mancanza di una politica di edilizia pubblica con l'illegalità - ribatte Michele Buonomo, presidente regionale di Legambiente - soprattutto se non si fa prevenzione e manutenzione del territorio. L'86% dei comuni campani sono a rischio idrogeologico e l'81% delle amministrazioni hanno abitazioni in aree a rischio frana». La giunta regionale ieri ha deliberato lo stato di calamità naturale per il comune di Casamicciola con un primo finanziamento di un milione di euro. Angelo Bonelli dei Verdi punta il dito contro il dicastero dell'Ambiente: «Il ministro Prestigiacomo è riuscita a farsi tagliare ben 570 milioni di euro per la difesa del suolo. Dal 1 ottobre 2009 è stata addirittura eliminata la segreteria tecnica del ministero, che aveva il compito di istruire le pratiche per la valutazione dei progetti per il rischio idrogeologico e di assegnare i fondi conseguenti».
CAMPANIA DAI PIEDI D'ARGILLA, 86% DEI COMUNI A RISCHIO
«Il territorio campano è segnato drammaticamente dalla mancanza di una seria politica di prevenzione e manutenzione. Una regione dai piedi d'argilla con l'86% dei comuni classificati a rischio idrogeologico in tutte le cinque province, con Salerno in vetta con il 99% delle amministrazioni a rischio. L'81% delle amministrazioni hanno abitazioni nelle aree golenali, negli alvei dei fiumi e nelle aree a rischio frana, il 25% delle municipalità monitorate presenta addirittura interi quartieri in zone a rischio, mentre il 44% ha edificato in tali aree strutture e fabbricati industriali». A fornire i dati è Legambiente Campania, secondo la quale «il 23% dei casi presi in esame sono presenti in zone esposte a pericolo strutture sensibili come scuole e ospedali e strutture ricettive turistiche come alberghi e campeggi». «Per troppi anni nella nostra regione dissesto idrogeologico, incendi, scarsa manutenzione, cementificazione selvaggia spesso abusiva hanno rappresentato il modello di sviluppo del territorio», spiega il presidente regionale Michele Buonomo.
Il Corriere della Sera
Ischia, frana dalla discarica abusiva Il fango uccide una ragazza
di Lorenzo Salvia
ISCHIA (Napoli) — Frigoriferi, bombole del gas, mattoni, calcinacci e altri scarti di quell’industria locale che qui, creativi, chiamano edilizia spontanea e in tutto il mondo con il suo nome, abusivismo. La diga che ha trasformato questo smottamento in un fiume di fango era proprio lì dove non doveva essere, nel mezzo della Cava Fontana. È una valle che dovrebbe funzionare da canale di scolo e dal monte Epomeo scende giù fino a Casamicciola. Il fango che scivolava a valle è stato fermato da questa discarica abusiva. «Così si è accumulato — spiega Vincenzo Stabile, comandante provinciale del Corpo forestale, appena finito il sopralluogo in elicottero — e quando la pressione è diventata insostenibile ha portato tutto giù, moltiplicando la sua forza distruttiva».
No, non si può puntare il dito contro il cielo per questa frana che si è portata via una ragazza di 15 anni, Anna De Felice, e ha fatto 20 feriti. Anche questa volta la mano dell’uomo c’entra e parecchio. «Una tragedia annunciata, avevamo chiesto di mettere in sicurezza quella zona» dice il sindaco di Casamicciola, Vincenzo D’Ambrosio. Ma i soldi sono quelli che sono: per la messa in sicurezza di tutto il territorio italiano, dice Bertolaso, servono 5 miliardi e ci sono 300 milioni di euro. E non è l’unico guaio.
In quello stesso vallone il Corpo forestale aveva sequestrato un agriturismo e il cantiere di una palazzina. Nella zona di Tresca, da dove si è staccata la frana, non c’è solo la discarica che ha fatto da sbarramento, tutte le cave abbandonate sono state riempite di rifiuti, e in tutta l’isola Legambiente stima 50 siti abusivi. Gran parte della zona è venuta su negli ultimi dieci anni al di fuori di ogni autorizzazione. C’è questo, oltre alla pioggia, dietro la colata di fango che poco dopo le otto del mattino è precipitata nel centro di Casamicciola, trascinando fino al mare una decina di auto e anche un autobus vuoto. Quindici le persone tirate fuori vive dai vigili del fuoco. E adesso nell’isola guardano tutti verso quei monti con la faccia degli scampati.
Aldo De Chiara, responsabile della sezione reati ambientali della Procura di Napoli, è prudente ma anche arrabbiato: «È chiaro che alla base c’è una gestione poco oculata del territorio». Dal suo ufficio sono partiti più di 600 ordini di abbattimento ma ne sono stati eseguiti poco più di una decina. Gli altri sono fermi perché i soldi li devono mettere i sindaci. E qui mettersi contro gli abusivi vuol dire perdere matematicamente le elezioni. «Due terzi delle case fatte dopo gli anni Settanta — dice Peppe Mazzara di Legambiente — erano abusive al momento della costruzione». Molte sono state condonate, ma non tutte. Solo pochi mesi fa i sindaci dei sei comuni dell’isola hanno chiesto di agganciare Ischia all’ultimo condono utile, quello del 2003. Non è stato possibile perché ora è sottoposta ad un vincolo totale. La loro richiesta era stata appoggiata anche dal vescovo, monsignor Filippo Strofaldi. «E qui — dice Salvatore Perrone, comandante dei vigili del fuoco di Napoli — l’abusivismo non è solo un problema etico ma una questione di sicurezza». E spesso di vita o di morte
La madre salva per un soffio «Le avevo urlato di uscire»
«Forse potevo fare qualcosa per salvarla. Non me lo perdonerò mai». Ospedale Rizzoli di Lacco Ameno, reparto di Medicina, piano terra. Sdraiato sul lettino, la voce solo un sussurro, Claudio De Felice si copre gli occhi con le mani e continua a rivedere la scena che gli ha cambiato per sempre la vita. È il papà di Anna, 15 anni, l’unica vittima di questa che poteva essere una strage. «Le ho detto di rimanere in macchina, pensavo fosse più sicuro». Nella stanza affianco sua moglie, Aurora De Vargas, continua a ripetere lentamente il nome della figlia: «Anna, Anna, non posso pensare che non ci sei più, piccola mia. Amore mio dove sei? Cosa faccio io senza di te?». Erano tutti e tre in macchina, stavano andando all’istituto alberghiero. Il fiume di fango è arrivato mentre stavano per attraversare piazza Bagni, proprio quando le strade di Ischia erano piene di genitori che accompagnavano i bambini a scuola. L’idea di uscire dalla macchina venuta alla mamma, «andiamo via, andiamo via», il ripensamento, il panico. Nessuno dei due, adesso, riesce a darsi pace. Simone, il fratello 17enne di Anna, le dà l’addio con un messaggio su Facebook : «Ti ho amata, ti amo e ti amerò sempre sorellina... vivrò perché tu non hai potuto farlo, per ricordarti».
Giuseppe Amalfitano, professore di inglese in pensione, ha avuto subito la prontezza di aprire lo sportello della sua Punto: «Mi sono ricordato dei servizi al Tg su Sarno. I vigili del fuoco dicevano che bisogna uscire subito dalla macchina. Sono vivo grazie a Sarno». E ad un divieto di sosta. Si è messo a correre verso l’edicola, il signor Giuseppe. «Sono scivolato, l’acqua e il fango mi trascinavano a mare. Provavo ad aggrapparmi ai rami degli alberi ma niente. Mi sono detto, è fatta, sono morto». E invece è qui, le mani coperte di graffi e una gamba fasciata. «Ad un certo punto con la mano ho sentito il palo di un cartello stradale, l’ho acchiappato come se fosse la cosa più cara al mondo ». Il vigile del fuoco che lo ha tirato fuori lo ha trovato ancora lì, aggrappato a quel divieto di sosta. Arnaldo Maio era in macchina con il figlio Nicola. Per un paio d’ore il ragazzino è stato nella lista dei dispersi. «Siamo usciti tutti e due dall’auto ma non l’ho visto più. Mi sono messo a correre verso il mare, non me ne sfotteva niente di morire, lo volevo ritrovare ». Lo hanno dovuto fermare, sarebbe morto. Nicola lo hanno trovato coperto di fango, sotto choc ma in buone condizioni. È ricoverato al piano di sopra. «E mo, scusate, vado ad abbracciarlo».
Il Corriere della Sera
Le Cinque Terre e una diga tra i 500 mila luoghi a rischio
di Paolo Conti
ROMA — Il professor Nicola Casagli, del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze, ha realizzato per conto del Dipartimento della Protezione Civile, col ricercatore del suo gruppo Riccardo Fanti, uno studio sul dissesto idrogeologico in Italia. Una mappatura dettagliata che non indica responsabilità politiche ma fotografa un tipo di rischio, afferma Casagli, che «assume una valenza unica in ambito europeo e mediterraneo, subordinata solo al Giappone nel contesto dei Paesi tecnologicamente avanzati». Perché Ischia fa da sfondo a tante catastrofi, professore? «Gran parte delle linee superficiali di drenaggio delle acque sono diventate strade. Se piove poco, l’acqua defluisce. Se piove tanto, le strade riescono solo a trasportare fango. In più siamo (come gran parte della Campania) in una zona di depositi piroclastici, ovvero il prodotto delle eruzioni vulcaniche, che tende a creare frane».
Sul territorio nazionale (dati della Protezione Civile) sono registrate 500 mila frane. Oltre 10 mila sono considerate a rischio idrogeologico «estremamente alto per l’incolumità di beni e persone». Negli ultimi cinquant’anni in Italia le frane hanno ucciso 2.500 persone e provocato decine di migliaia di senzatetto. Mentre Puglia e Sardegna sono regioni quasi prive di frane, la Lombardia da sola ne totalizza 90 mila, ma in compenso è dotata della più accurata mappatura regionale. L’Emilia Romagna è invece la regione con la più alta densità di frane. L’Italia è, insomma, «strutturalmente» a rischio ma il problema è la pessima «antropizzazione», l’intervento umano: strade, sbancamenti del territorio, edilizia più o meno regolare. Ancora Casagli: «Si è costruito su aree a rischio. Se ci fosse stata una pianificazione urbanistica in armonia con i fattori geologici di instabilità, i danni quasi non ci sarebbero. Invece si edifica dove c’è pericolo non solo di frane ma anche di eruzioni o alluvioni. Qui lo scienziato non può dire nulla, la parola passa alla politica».
La diffusione delle frane sul territorio italiano è capillare e ciò rende difficile individuare le aree a maggior rischio, sulle quali concentrare le attività di prevenzione. Si può solo procedere per «landslide hotspots», zone a maggior concentrazione di fenomeni franosi.
La Penisola racconta mille storie. Le frane nelle Langhe in Piemonte, lungo piani di scivolamento formati da rocce sedimentarie di origine marina. Certi depositi di detriti, mischiati alle acque, possono produrre torrenti di fango capaci di raggiungere i 100 chilometri di velocità. Ecco la Lombardia, con 90 mila frane mappate: la più grande è la Ruinon che continua a muoversi con i suoi 35 milioni di metri cubi. In Trentino le frane nelle vicinanze di Merano, la Val Passiria. In Veneto, a rischio, ci sono la Val Fiscalina, le Dolomiti Bellunesi e l’area di Cortina. In Friuli sono 40 i milioni di metri cubi della frana del Passo della Morte. In Liguria le montagne sono erose dalle correnti di aria calda e umida e dalle precipitazioni intense e concentrate, il fenomeno di frane con fango e detriti è frequentissimo. Nelle Cinque Terre tutti i sentieri di campagna sono a rischio frane. La frazione di Castagnola è di fatto un piccolo paese che cede e si muove su una sola frana.
In Emilia Romagna la frana di Corniglio «pesa» 150 milioni di metri cubi. In Toscana è ancora a rischio l’area di Cardoso, in Versilia (tredici anni fa una «bomba d’acqua» rovesciò due milioni di metri cubi di detriti uccidendo 13 persone). In Umbria è storica la grande frana di Orvieto, così come nelle Marche la frana di Ancona. Nel Lazio l’area del Viterbese (Civita di Bagnoregio, per esempio). In Abruzzo la zona appenninica è caratterizzata da frane velocissime e pericolose per le forti pendenze. In Campania c’è il problema dei materiali provocati dalle eruzioni passate, nell’area vesuviana e a Ischia: l’edificazione è selvaggia. Sulla costiera amalfitana sono frequenti le colate di fango.
In Basilicata molti paesi sono costruiti sul dorso delle frane, per esempio Craco. In Calabria è impressionante il numero di centri edificati su frane argillose, per esempio Cavallerizzo di Cerzeto, altro paese che «si muove». In Sicilia è a rischio frana il quartiere di Sant’Anna a Caltanissetta, la stessa cattedrale di Agrigento sorge su terreno franoso. Fenomeni simili esistono a Enna.
Infine la quieta Sardegna: l’unico pericolo è la frana sulla diga del Flumendosa. Ma rispetto ad altre frane che gravano su altre dighe (quella toscana di Vagli, in Garfagnana) rappresenta quasi una preoccupazione di routine.
L’Unità
L’isola delle frane dove grazie agli abusi si aspetta il peggio
di Pietro Greco
La collina è venuta giù all’improvviso. Gli alberi, sradicati e aggrovigliati, hanno fatto barriera, trattenendo le pietre più grosse. Ma nulla hanno potuto contro l’acqua e il fango, che sono piombati d’improvviso in cortile e sono giunti a lambire la porta di casa. La casa dove chi scrive ha abitato, fino a non molto tempo fa. Quella che sto raccontando è una delle cinque frane rilevanti che hanno ferito l’isola d’Ischia ieri mattina. Non è quella grossa e assassina, che alle8 del mattino è venuta giù pochi metri più in là e si è abbattuta sulla marina, trascinando con sé decine di auto e molte persone. Cinque frane rilevanti ci dicono quanto sia piovuto in quelle ore a Ischia. Ma ci raccontano soprattutto quanto sia fragile e a rischio il territorio sull’«isola verde».
Ma, se la fragilità è naturale – l’isola ha un’origine giovane e una forte dinamica vulcanica e sismica – il rischio a essa associato non lo è affatto. Quello ha, soprattutto, origine antropica. Ed è venuta aumentando, negli ultimi decenni, da quando l’isola a economia contadina si è trasformata in uno dei centri a più alta intensità turistica e a più alta intensità di ricchezza d’Europa. In quei 46 chilometri quadrati, per lo più ancora verdi, si concentra, infatti, una recettività alberghiera pari a quello dell’intero Friuli Venezia Giulia e a un terzo di quella dell’intera Campania. Tutto costruito, in diverse ondate, nel corso degli ultimi cinquant’anni. Ma più che i vani alberghieri sono le civili abitazioni che hanno coperto il territorio. In soli trent’anni, dal 1951 al 1981 i vani sull’isola sono aumentati di 50.000 unità, passando da 18.000 a 68.000. E dal 1981 a oggi Legambiente calcola che siano aumentati ancora di 100.000 unità. I conti non sono precisi, perché sull’isola di è prodotto uno dei più devastanti fenomeni di abusivismo edilizio dell’intera Italia.
Lo prova il fatto che giacciono inevase ben 10.000 domande di condono e che un magistrato, Aldo De Chiara, ha chiesto (inutilmente, finora) l’abbattimento di ben 600 abitazioni del tutto abusive. Non sappiamo la cause precise delle frane di ieri. Ma sappiamo che l’abusivismo diffuso moltiplica il rischio associato alla fragilità idrogeologica del territorio. Ma, probabilmente, il fattore di rischio maggiore ha una natura passiva. È la semplice l’incuria. La mancanza di cultura della prevenzione. E così sull’isola d’Ischia viene falsificato ogni giorno un teorema caro agli economisti ecologici: il teorema che prevede l’aumento lineare della domanda di qualità ambientale con il reddito. A Ischia – come in tante altre perle del turismo del Mezzogiorno d’Italia – questo teorema semplicemente non vale. Il reddito, ci dicono anche le più recenti indagini dello Svimez, continua ad aumentare più che nel resto del Sud. Ma sia la domanda di qualità ambientale sia la domanda di qualità sociale ristagnano. Così l’isola contempla il suo opulento declino.
l’Unità
La maledizione di Casamicciola
di Bruno Gravagnuolo
«È succiess Casamicciol». Oppure: «È succiess Pumpei». Ovvero in ambo i casi e con facile traduzione: «È stato uno sconquasso, un terremoto». In Campania per descrivere eventi caotici oppur calamitosi, si ricorre a queste due locuzioni, piuttosto che dire «è stato un Quarantotto ».Con Pompei più gettonata per dire caos, anche sociale, e Casamicciola con riferimento più tellurico e materiale. Pompei è metafora atavica, a datare dall'eruzione del 79 dc. E Casamicciola metafora recente, visto che si rifà a due sciagure molto più vicine: i terremoti nell’Isola di Ischia del 1881 e del 1883. Alla fine però Casamicciola battè sia Pompei che il 1848.PerchéquelliaIschia, di cui Casamicciola è comune, furono eventi celebri,che come il terremoto di Messina,commossero tutta l’Italia post-unitaria. Nel 1881, il 4 marzo, ci fu una scossa di sette secondi, che fece 124 morti. Mentre il 28 luglio di due anni dopo, la scossa fu lunghissima. Ottavo grado della scala Mercalli, con 2033mortie1784feriti.Fudurantequellascossacheil filosofo Benedetto Croce vide sparire tra pavimento e soffitto, padre, madre e sorella. E la solidarietà dell’Italia di allora raccolse la cifra astronomicadiben6milionidi lire! E oggi?Casamicciola è ancora lì, a rinverdire il suo primato. Per colpa dell’incuria idrogeologica e del taglio di fondi alla protezione civile. Dopo le frane del 2006 e la rottura di cavi del 2005, che inondò mare e falde di policromobifenili inquinanti. Perciò ieri e oggi è sempre Casamicciola. È la Campania infelix bellezza!
I geologi: in Campania 210 comuni a rischio. La procura indaga
«Forse si poteva evitare. Come al solito noi le cose le diciamo in tempi non sospetti, ma poi tutto viene disatteso. Le finanziarie degli ultimi anni invece che incrementare i fondi alla difesa del suolo li hanno dimezzati o azzerati. Il problema è uno: zero fondi per la sicurezza. E poi andiamo a fare i funerali di Stato». Così Francesco Russo, presidente dell'Ordine dei Geologi della Campania, commenta la frana che a Ischia ha provocato un morto e decine di feriti. La cattiva gestione del territorio, in condizioni ambientali già delicate, finisce ancora una volta sotto accusa ad Ischia: sono al vaglio della Procura di Napoli le circostanze che hanno provocato la frana a Casamicciola, uccidendo una ragazza e provocando il ferimento di diverse persone. Il pm Della Ragione arrivato sull'isola (l'altro è Antonio D'Alessio), parla di «cause naturali con risvolti di natura antropica che sono al vaglio della Procura». Intanto il comandante provinciale del corpo forestale dello Stato spiega: «Sull'isola si sono verificati diversi smottamenti. I più gravi e vistosi, fra sette e otto,sono confluiti nella frana di Casamicciola».