Grazie all’iniziativa di Indiana Jones e alla tenaciadella lotta della popolazione locale restituite al popolo le foreste commercializzate dallo stato e trasformate da foreste tropicali disetanee in fabbriche d'olio di palma, con pesanti ricadute sul clima globale. LaRepubblica, 30 settembre 2013
Quando la Gazzetta ufficiale della Repubblica indonesiana ha pubblicato la sentenza della Corte costituzionale sui diritti degli indigeni delle foreste, Harrison Ford ha letto il testo con la curiosità tipica del suo Indiana Jones.E ha scoperto che nel grande arcipelago islamico il governo di Giakarta aveva sfruttato illegalmente per 40 anni milioni di ettari di terre delle popolazioni autoctone che non gli appartenevano.
Durante l’intervista per un documentario della tv americana, il ministro delle Foreste indonesiano Zulkifli Hasan si è trovato così incalzato dalle domande dell’attore sugli abusi di cui Ford era stato testimone a Sumatra, e ha reagito con una tale stizza da farlo minacciare di deportazione immediata. Il risultato è che da quel giorno la sentenza, passata nel silenzio quasi generale, è oggi sulle labbra di tutti.
In pratica l’Alta Corte ha accolto gli esposti di diverse tribù raccolte dall’Associazione nazionale del Popolo indigeno, che rivendicavano per gli abitanti originari e le comunità tradizionalmente legate alla vita della foresta il dirittodel suo utilizzo e sfruttamento. Milioni di ettari di giungla, poco meno di un terzo del totale, hanno perso d’un colpo lo status di “foresta dello Stato” per diventare “giungla ancestrale”, quindi non più soggetta alle leggi demaniali e ai profitti delle vendite e delle concessioni da parte del governo centrale e di quelli regionali o provinciali, bensì a quelle di capi tribù e dei consigli di villaggio. È un affare colossale, considerando che le sole tasse per l’esportazione dell’olio delle palme — piantate al posto delle foreste pluviali — porta alle casse dello Stato oltre 6 miliardi di dollari l’anno, l’11 per cento dell’intero ricavo dell’export. Se troverà applicazione pratica, la sentenza può costituire un precedente storico anche per Paesi come l’India, la Malesia e molti altri, e assesta un colpo micidiale all’intero castello di interessi costruito in 40 anni dal governo di Giakarta che domina da Giava le risorse naturali di tutte le altre 18000 isole dell’arcipelago. In particolare diventa automaticamente incostituzionale la famigerata “Legge delle Foreste” implementata dieci anni fa dal governo e «usata come strumento — si legge negli esposti accolti dalla Corte — per espropriare i diritti delle genti indigene sulle loro terre», ovvero i luoghi “ereditari in natura” dove hanno vissuto gli antenati degli attuali residenti secondo i principi etici, culturali e religiosi della tribù.
Non a caso i giudici hanno sottolineato il fatto che «le popolazioni indigene esistevano ben prima della nascita della Repubblica indonesiana», come testimoniano antichi cimiteri, sorgenti dai nomi di antiche lingue, totem degli antenati e perfino templi induisti e buddhisti sopravvissuti all’islamizzazione.
Uno degli effetti più macroscopici dello sfruttamento statale su terre spesso considerate sacre e inviolabili, dove vivono specie animali rare come gli oranghi del Borneo e le tigri di Sumatra, sono stati i tagli sistematici degli alberi e l’incendio del sottobosco e delle torbiere. Ogni anno se ne vanno in fumo infatti giganteschi pezzi di polmone verde di questa delicata Amazzonia dell’Est. Al loro posto sono sorte distese a perdita d’occhio di palme da olio che portano una certa ricchezza ma provocano un aumento dei gas letali per l’effetto serra, a causa del mancato rilascio di ossigeno dovuto al taglio degli originari alberi della pioggia. Senza contare il surriscaldamento dovuto agli incendi per “ripulire” dalla giungla primordiale il terreno destinato alle nuove piantagioni, con dense colonne di fumo e spesse coltri di nubi miste a cenere che raggiungono in certe stagioni la Malesia, Singapore e il Sud della Thailandia. Secondo Greenpeace,tra il 2009 e il 2011 le palme da olio sono state la principale causa della deforestazione, piazzando l’Indonesia al primo posto nel mondo con metà della produzione globale.