«Quel «livello politico» evocato in questi mesi ora pare realtà. Trasmesso un fascicolo stralciato da quelli su Mose e Consorzio al tribunale dei ministri, l'organo «filtro» per le indagini su ministri o ex per reati commessi nell'esercizio di funzioni governative». Corriere del Veneto
, 28 maggio 2014 (m.p.r.)
Una cosa è certa: nel mirino della procura di Venezia è finito un ministro, o più probabilmente un ex ministro. A ormai 15 mesi dagli arresti di Piergiorgio Baita, Claudia Minutillo, Nicolò Buson e William Colombelli per le false fatture Mantovani e a una decina di mesi dalla retata di arresti per turbativa d'asta che hanno coinvolto l'ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati, la complessa indagine della Guardia di Finanza, coordinata dai pm Stefano Ancilotto, Paola Tonini e Stefano Buccini, è a una prima svolta. E quel «livello politico» tanto evocato in questi mesi, ora pare una realtà. Nei giorni scorsi la procura ha infatti trasmesso un fascicolo stralciato da quelli su Mose e Consorzio al tribunale dei ministri, l'organo che secondo una legge costituzionale del 1989 fa da «filtro» per le indagini relative a ministri o ex ministri qualora i reati siano stati commessi nell'esercizio delle proprie funzioni governative.
Questo significa che — come prescrive la legge — nel corso delle verifiche successive ai numerosi interrogatori effettuati dalla procura, sarebbero emerse notizie di reato relative a una persona che ha avuto incarichi ministeriali. I pm hanno dunque subito inoltrato il fascicolo, compresi anche tutti gli altri indagati, al tribunale dei ministri, che avrà tre mesi di tempo per eseguire delle proprie indagini preliminari. Nei giorni scorsi, oltre al ministro, il cui nome per ora è top secret (ma non sarebbe veneto), sono arrivati degli avvisi anche ad altri indagati, in particolare a Baita e Buson, rispettivamente l'ex presidente e l'ex direttore amministrativo della Mantovani. Avvisi scarnissimi, in cui si dice solo che è stata avviata la procedura, ma in cui non c'è né un'ipotesi di reato (toccherà al tribunale stabilirla), né i nomi degli altri indagati.
Quello che si può capire è che Baita e Buson avrebbero partecipato in concorso con il ministro nella consumazione del reato. Per esempio — ma è solo un esempio visto che il reato è ancora coperto dal segreto — se all'ex ministro fosse stata contestata una corruzione, Baita e Buson potrebbero essere stati identificati come i corruttori. In realtà da quel poco che trapela, visto che gli interrogatori sono stati praticamente tutti secretati, sia Baita che Mazzacurati avrebbero parlato del coinvolgimento di un ex ministro, a cui sarebbero stati versati dei fondi non direttamente ma attraverso un giro di società da lui indicate.
Dichiarazioni che nel corso di questi mesi sono state verificate dalle fiamme gialle del Nucleo di polizia tributaria. E probabilmente proprio da una recente informativa sarebbe scattata la trasmissione al tribunale dei ministri, che deve avvenire entro 15 giorni. Saranno ora i tre giudici designati a stabilire se disporre l'archiviazione (qualora ritengano che il reato non ci sia o che sia stato commesso al di fuori delle funzioni di ministro) oppure ritrasmettere gli atti al procuratore per poter chiedere l'autorizzazione a procedere al Parlamento. Il collegio sarà composto dalla presidente Monica Sarti (gip a Verona), da Priscilla Valgimigli (tribunale del riesame di Venezia) e da Alessandro Girardi (sezione fallimentare di Venezia), estratti a sorte tra tutti i magistrati del distretto. Da tempo inoltre si attendono gli sviluppi anche dell'inchiesta «madre», dopo che appunto molti degli arrestati del primo «giro» avrebbero fatto numerose rivelazioni ai pm, anche su finanziamenti ai politici.