VENEZIA - Là dove il mare va sposo alla laguna, al centro di un deserto che prima era solo d’acqua, sta spuntando un’isola di pietre e sassi. Un’isola nuova, anzi «Novissima», come si chiamerà, lunga quasi mezzo chilometro e alta tre metri e mezzo dalla parte del mare. Una gru, che galleggia su una chiatta, ammucchia, proprio nel mezzo della «bocca di porto» dell’isola del Lido, grandi massi di pietra d’Istria. Un’altra gru, poco lontano, sulla sponda di Treporti, sta costruendo un porto-rifugio per le barche. Un altro porto sta nascendo sulla «bocca» di Chioggia, e su quella di Malamocco ha preso forma una conca di navigazione lunga 370 metri per le grandi navi. Davanti a Malamocco e a Chioggia sono spuntate dal mare due nuove scogliere a forma di mezzaluna, la prima è lunga più di un chilometro, la seconda mezzo. I lavori del Mose, il sistema di paratoie mobili contro l’acqua alta, stanno cambiando volto alla laguna. «L’hanno stravolta - protestano gli ambientalisti - creando danni immensi, irreversibili».
Dopo decenni di polemiche furiose, tiraemolla, marce avanti e indietro, a partire dall’alluvione del 4 novembre 1966, pochi si aspettavano di veder davvero cominciare i lavori della più grande opera idraulica mai progettata al mondo: un sistema di 78 paratoie mobili, larghe ciascuna venti metri, sulle tre «bocche di porto», che staranno a dormire sul fondo per alzarsi quando arriva l’acqua alta e proteggere Venezia da una marea alta fino a due metri.
Un’opera ciclopica, che costerà 3,7 miliardi di euro e sarà finita, se non vi saranno intoppi, nel 2011. I lavori, per un po’ a rilento, hanno avuto una vigorosa accelerata negli ultimi tempi, con 11 cantieri aperti che adesso lavorano a pieno ritmo, a dispetto dei dubbi, delle denunce, delle richieste di moratoria. I veneziani in questi giorni si stanno accorgendo, stupiti, delle isole artificiali, delle scogliere, dei porticcioli e delle conche che stanno spuntando dal nulla, e come sempre è successo la città si divide tra chi dice «finalmente» e chi teme guasti e profetizza sciagure.
Gli ambientalisti parlano di 8 milioni di metri cubi di cemento e di 12 mila pali di ferro, infilati a sostenere i fondali, che «distruggeranno la laguna». Lamentano il taglio della diga ottocentesca di Malamocco, lo «scippo» di un pezzo dell’oasi naturalistica di Cà Roman e gli accessi sbarrati ai bagnanti per le dighe. Per l’ambientalista Andreina Zitelli «è inconcepibile che i lavori vadano avanti in mancanza del progetto esecutivo e della valutazione di impatto ambientale». Anche il Sindaco Massimo Cacciari, che parla di «inadeguatezza» del progetto, non è entusiasta: «Le opere di regolazione delle maree sono subordinate a un adeguato avanzamento degli altri interventi di risanamento, che è ben lungi dall’essere conseguito. Inoltre la totalità delle risorse statali viene riversata sull’intervento alle bocche, penalizzando l’opera di salvaguardia fisica e morfologica». Di qui la necessità di «ripristinare una visione unitaria e sistemica delle opere di salvaguardia sulla base di un unico programma degli interventi».
Il Magistrato alle Acque, braccio operativo del Ministero delle infrastrutture, che è il responsabile dei lavori affidati al consorzio di imprese «Venezia Nuova», è invece ottimista. «Non c’è progetto al mondo che sia stato più studiato e più discusso di questo» dice l’ingegner Giampietro Mayerle del Magistrato, certo che l’opera, «ad altissima tecnologia», sarà «assolutamente sicura», non provocherà alcun danno ed avrà un impatto visivo e ambientale «praticamente nullo». «Non si vedrà niente a pelo d’acqua - racconta - anche le dighe rimarranno basse, così come sono, e ridisegneremo la laguna fortificandola e migliorandola.
Spunteranno nuove spiaggette e nuovi porticcioli, e attorno alle nuove scogliere si potranno pescare anche le aragoste. Non solo.
Stiamo facendo tutti i lavori con i metodi tradizionali, pietra d’Istria che facciamo venire apposta dall’ex Jugoslavia, e solo pali, come si faceva una volta, per consolidare i fondali. Non asfalteremo proprio nulla».
Sarà tutto bello, tutto sicuro, tutto piacevole, assicurano i tecnici. Come la nuova spiaggia che sorgerà dal lato laguna dell’isoletta «Novissima», sulla bocca di porto del Lido, proprio davanti al «bacàn», la spiaggetta dei veneziani della domenica che, assicurano, «non verrà toccata». La nuova isola sarà strategica su questa che, con un’ampiezza di 800 metri, è la più grande delle tre bocche. Perché qui verrà attaccata la maggior parte delle paratoie mobili, 21 dal lato di Treporti, 20 da quello di San Nicolò, incernierate a dei cassoni sistemati sul fondo, e qui verrà installato il «cervello» del Mose, quello che deciderà quando alzarle in previsione di una marea superiore al metro e dieci centimetri. Le paratoie si alzeranno dal fondo per la spinta dell’aria compressa che le svuoterà dell’acqua di cui sono riempite quando stanno a riposo, e si solleveranno fino a emergere e a bloccare il flusso delle marea in ingresso nella laguna. Si prevede, stando ai livelli attuali della marea, che verranno utilizzate da 3 a 5 volte l’anno, e per non più di 4-5 ore alla volta. Su questa bocca, dal lato di Treporti, si sta realizzando anche un porticciolo, piuttosto grande, dove le barche potranno andare a ripararsi mentre le paratoie saranno in funzione.
Saranno 19 invece le paratoie schierate a difesa della città sull’altra bocca di porto, quella di Malamocco (400 metri di larghezza), dove è nata in mare aperto la nuova scogliera di 1280 metri, e dove si sta realizzando la conca di navigazione che consentirà, a paratoie chiuse, il passaggio delle grandi navi, lunghe fino a 280 metri. Per questo hanno installato, in un ufficio a terra, un simulatore della navigazione, un gioiellino virtuale da due milioni di euro comprato dai danesi, che si chiama «Simflex navigator», dove il capo dei piloti del porto, Lauro Celentano, ha cominciato a insegnare ai suoi colleghi a destreggiarsi nelle manovre. Sul ponte di comando, a grandezza naturale, dove si sente persino il rollio della nave, sembra di stare dentro un videogioco. Ma qui, a Malamocco, hanno rischiato di sospendere i lavori, perché accanto alla «diga lunata», come chiamano la nuova scogliera, hanno trovato un relitto importante, quello di una nave dell’800, sembra francese, con tanto di cannoni, e la sovrintendenza ha subito circondato la zona. Così hanno dovuto lasciare la scogliera interrotta in due punti.
L’ultima bocca, la più lontana dal centro storico, è quella di Chioggia (380 metri), dove verranno installate le ultime 18 paratoie. Anche qui i lavori procedono spediti, la nuova scogliera da mezzo chilometro è quasi ultimata e il porto-rifugio in costruzione. «Finora abbiamo realizzato il 18 per cento delle opere previste - dice l’architetto Flavia Faccioli del Consorzio Venezia Nuova - e se continueremo di questo ritmo penso che rispetteremo i tempi». Non sarà tanto il 18 per cento, ma quello che si vede oggi sulla laguna, dopo 39 anni di chiacchiere, è molto. Dighe, scogliere, isole artificiali, porticcioli, conche di navigazione. E navi, bettoline, chiatte e gru che vanno e vengono sull’acqua, camion che corrono a terra. Tra mare e laguna, il paesaggio è cambiato. Mica dighe giganti da Vajont, per carità. Ma quanto basta per mettere paura agli uni e far gridare «evviva» agli altri. Poco ma sicuro che il Mose, prima di salvare dalle acque, farà ancora litigare.
Andrea Zanzotto: "Una grande opera
ma temo che sia già vecchia"
MILANO - Andrea Zanzotto, come vive l’inizio dei lavori per il Mose?
«Per principio, non sono contrario alle innovazioni, ma come altri provo molta apprensione».
Perché?
«L’idea di gettare in mare dodicimila pali di cemento mi lascia perplesso. In passato, ci sono stati altri interventi, che hanno persino reso più fantastica l’immagine della nostra laguna. Hanno persino cambiato il corso di diversi fiumi. Ancora oggi sui Murazzi, che sono stati costruiti del Settecento si legge questa scritta: ausu romano aere veneto, ovvero volontà romana, soldi veneti. Ma il mio timore è un altro».
Quale?
«Che questa grande opera nasca già vecchia. E alla fine si dimostri insufficiente per affrontare un problema, che secondo gli esperti potrebbe rivelarsi più grave del previsto».
In che senso?
«Il Mose è stato progettato per salvare Venezia dall’alta marea. Ma resta una domanda senza risposta: se il livello del mare continuerà ad alzarsi per lo scioglimento dei ghiacciai cosa succederà alla laguna?»
Cambierà il fascino di Venezia?
«Certo la laguna non sarà più la stessa. Con quelle immagini indimenticabili che ho raccontato non solo nelle poesie, ma anche nel libro Laguna, che contiene anche uno scritto di Herman Hesse».
Ha un ricordo particolare?
«Tanti. Dagli interventi del passato sono scaturite persino delle imprevedibili bellezze, che hanno minimizzato le manomissioni fatte. Ma ora succederà la stessa cosa? Io non sono un tecnico, ho più semplicemente paura delle conseguenze estetiche sul paesaggio».
(andrea montanari)