GIORNATA nerissima quella di venerdì per Berlusconi e per tutta la Casa delle Libertà. Cominciata a metà mattina con le dimissioni di Storace e finita alle 2 dopo mezzanotte con la conclusione del "match" con Diliberto, aggiudicato per unanime verdetto al segretario dei Comunisti italiani per 3-0 se non addirittura per ko. Una gradevole sorpresa per quanti temevano pericolose intemperanze verbali e politiche da parte dello sfidante (io tra questi e me ne pento) e si sono invece trovati davanti un roccioso e calmo rappresentante di tutta l’Unione che colpiva con precisa regolarità un Berlusconi sfasato e inutilmente ripetitivo di lunghe filastrocche anticomuniste e anti-magistratura.
Un match rovinoso e pieno di insegnamenti per successive disfide e in particolare per l’atteso duello con Romano Prodi. Si è visto infatti che il campione del centrodestra non ha una sola idea né uno straccio di programma per la prossima legislatura. Segue lo schema che i suoi consulenti gli hanno preparato: descrivere l’Italia come un paese al colmo del benessere, plagiato dal potere diffuso dei comunisti annidati in tutti i gangli del potere e dedito alla menzogna; raccontare la bravura e i miracoli compiuti dalla sua squadra di governo e soprattutto da lui stesso, che è riuscito a superare l’avversa congiuntura, le diavolerie messe in campo dai comunisti nonché la pochezza e la malizia dei suoi alleati; infine presentarsi come una vittima della cattiveria altrui, un agnello nelle grinfie d’un branco allupato di magistrati faziosi e di politici sciagurati. Con in tasca tuttavia la vittoria e il trionfo finale, novello San Giorgio in lotta contro il drago che lui e lui soltanto riuscirà a trafiggere mortalmente in quelle che saranno le radiose giornate del 9 e 10 aprile.
Portato fuori da questo schema che ormai recita a memoria tanto l’ha ripetuto in due mesi di invasioni barbariche di tutte le televisioni nazionali e locali, il "premier" si smarrisce, perde il controllo di sé, sfugge le risposte, si rivela incapace di incalzare l’avversario con domande ficcanti e risposte pertinenti. Hai la sensazione che il mattatore indiscusso e temuto sia diventato un robot programmato per recitare una parte che non prevede varianti e dà l’impressione d’un disco rotto più che d’un discorso compiuto. Il più sofferente durante il match con Diliberto sembrava Enrico Mentana che ad un certo punto è arrivato ad apostrofarlo e quasi a redarguirlo per la sua assenza mentale.
«Presidente, si sta forse annoiando?» gli ha chiesto mentre Diliberto continuava a colpire con pacata durezza. «No», ha risposto il premier scuotendosi con fatica evidente «No, stavo riflettendo».
Mai riflettere troppo a lungo quando sei sotto l’occhio implacabile della macchina da presa, ce l’ha insegnato lui. Mai fuggire, mai indugiare in "melina", per far passare il tempo e salvarsi almeno con uno stentato pareggio.
Ma Mentana era preoccupato anche per un’altra ragione: il match di venerdì sera condanna infatti la formula fin qui seguita di incontri senza regole chiare e nette. Consente di evitare il dibattito sui temi di fondo, favorisce la rissa anziché il confronto su programmi e su valori. Ha quindi ragione Prodi a voler stabilire regole precise perché con competitor come Berlusconi non si esce dal "trash" della tv-immondizia. Di quella ce n’è già tanta in circolazione ed è inutile propinarne una dose aggiuntiva.
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Sul caso Storace ha già scritto ieri Ezio Mauro delineando compiutamente la natura scandalosa di quanto è avvenuto e il gravissimo "vulnus" inferto al funzionamento delle istituzioni democratiche. Alla sua diagnosi giustamente impietosa non c’è molto da aggiungere se non ricordare che la guerra per bande di cui il caso Storace rappresenta l’esempio più recente, è un connotato ricorrente nella storia italiana tutte le volte che lo Stato e le istituzioni cadono nelle mani di gruppi di avventura, privi di cultura politica e avidi di potere senza altro scopo che il potere e il gusto di esercitarlo.
Dalle trame del Sifar negli anni ‘60 allo stragismo degli anni ‘70, agli "opposti estremismi", alla P2, agli anni di piombo delle Br, c’è una storia parallela che incrocia gli apparati deviati, la manovalanza terrorista nera e rossa, la criminalità mafiosa e camorristica in un intreccio perverso che ha comunque avuto come obiettivo fisso e comune quello di inquinare e infine sopprimere il funzionamento della democrazia, dello stato di diritto e della legalità.
La magistratura accerterà, speriamo con rapida chiarezza, se l’ex ministro della Sanità sia direttamente e consapevolmente coinvolto nello spionaggio politico organizzato in suo favore dai suoi più intimi collaboratori. Ma resta il fatto che una banda di investigatori privati, ufficiali e sottufficiali della Guardia di finanza, nonché dell’ "intelligence" e di operatori della Telecom ha violato la vita privata e pubblica di persone che contrastavano i progetti di Storace, ha manomesso e invalidato documenti pubblici nell’intento di alterare gli esiti di elezioni democratiche per procacciarsi denaro e potere.
Queste metastasi attecchiscono quando un corpo sano è invaso da cellule degenerate mentre gli anticorpi che dovrebbero eliminarle sono stati prostrati e resi inoperanti. Per fortuna questo processo degenerativo ha trovato ostacoli, per fortuna il sistema immunitario è ancora largamente operante, per fortuna la magistratura è ancora in grado di esercitare il controllo di legalità che la Costituzione le assegna.
Il caso Storace è un campanello di allarme ma anche la prova che le difese democratiche funzionano. Per merito di gran parte della società civile, dei partiti democratici, della libera stampa e della giurisdizione.
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Non starò ad analizzare gli altri eventi che hanno reso nerissima per il centrodestra la giornata di venerdì. Mi basterà elencarli: la richiesta di rinvio a giudizio per corruzione in atti giudiziari inoltrata dalla Procura di Milano al giudice dell’udienza preliminare nelle persone di Berlusconi e dell’avvocato inglese Mills; l’intervento dell’industriale Della Valle di aspra critica della politica economica del governo; la dichiarazione di Bossi che, in caso di sconfitta nelle prossime elezioni, la Lega uscirà dall’alleanza di centrodestra.
Prodi, alla fine di quella giornata, ne ha sintetizzato il senso con quattro parole: la legislatura finisce con una catastrofe del governo. La nostra bravissima Ellekappa non è stata da meno sul piano della satira: «Schizzi di fango su Storace? Tranquillo, si confondono con tutto il resto». A volte anche una vignetta ha la forza d’un articolo di fondo.
Ma resta il problema dei programmi e della loro fattibilità. Alla resa dei conti s’è visto che il centrodestra un programma non ce l’ha. O meglio, il suo è quello di portare a compimento il programma del 2001 a conferma, semmai ce ne fosse bisogno, che il famoso contratto con gli italiani è stato onorato in piccola parte o per nulla.
Il fatto è che - a parte la sua mancata realizzazione - quel programma nelle sue linee maestre era profondamente sbagliato. Presupponeva una crescita del reddito nazionale in una fase di ristagno della congiuntura mondiale; si basava sulla drastica riduzione della pressione fiscale attraverso il taglio delle aliquote dell’Irpef e dell’Irpeg allo scopo di rilanciare la domanda languente; tendeva a favorire i ceti più abbienti sperando che reinvestissero i profitti nelle attività produttive.
Queste erano le linee maestre del programma 2001, realizzate minimalmente e per di più sbagliate nella scelta degli strumenti poiché per far crescere l’economia bisognava puntare sul rilancio dell’offerta piuttosto che sulla domanda e quindi sul taglio del cuneo fiscale invece che su quello delle imposte sul reddito.
Per nulla ammaestrato dall’esperienza negativa, Berlusconi propone per la legislatura 2006-2011 il completamento di quanto non fatto nel 2001-2005. Che dire?
Sbagliare è umano, perseverare nell’errore è diabolico. Per di più in una fase in cui il nostro paese non riesce a intercettare la ripresa europea già in atto mentre la politica dei bassi tassi di interesse si è interrotta, sostituita in Europa, in Usa, in Asia da un «trend» di tassi al rialzo e di prosciugamento della liquidità internazionale.
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Il programma del centrosinistra c’è ed è ben chiaro nonostante le geremiadi sul numero delle pagine e sui compromessi necessari a tenere unita la "lunga coalizione".
C’è il taglio di 5 punti del cuneo fiscale nel primo anno e di altri 5 nei restanti della legislatura, programma condiviso sia dai sindacati sia dalla Confindustria.
C’è l’indicazione delle coperture: abolizione degli altri incentivi alle imprese, destinazione d’una parte del taglio alla fascia dei bassi salari, stretti rapporti tra benefici al potere d’acquisto e incremento della produttività.
Tassazione delle rendite e delle plusvalenze speculative, allineandola allo standard europeo. Emersione del lavoro nero e dell’economia sommersa attraverso un piano di recupero graduale e opportunamente incentivato.
Revisione degli studi di settore per il lavoro autonomo e le partite Iva al di sopra di una certa dimensione.
Crescita degli stanziamenti per la ricerca pubblica.
Investimenti nell’alta velocità, nei porti, nella rete viaria e autostradale, completamento delle reti ferroviarie europee. Politica energetica di risparmi, energie alternative, partecipazione a produzioni estere.
Lotta al precariato, revisione della legge Biagi, incentivazione fiscale alla trasformazione delle flessibilità d’ingresso in contratti a tempo indeterminato.
Queste cose stanno nel programma di Prodi. Queste cose dirà nel duello televisivo con Berlusconi se il premier accetterà di misurarsi sui programmi del futuro anziché sulle battute e sul comunismo staliniano di due generazioni fa.
Mancano un po’ meno di quattro settimane al 9 aprile.
Vale la pena di cominciare il conto alla rovescia.