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Pavlos Nerantzis
Il trionfo di Alexis Tsipras apre la strada alla costruzione dell'Altra Europa
26 Gennaio 2015
Articoli del 2015
Dai numerosi articoli pubblicati dal quotidiano comunista , quando ancora non sono noti i risultati definitivi delle elezioni in Grecia,
ne presentiamo tre: di Norma Rangeri, Pavlos Nerantzis e Jacopo Rosatelli. Il manifesto, 26 gennaio 2015
MISSIONE POSSIBILE
di Norma Rangeri

Per cam­biare il voca­bo­la­rio poli­tico dell’Europa dell’era neo­li­be­ri­sta, per tagliare il ramo secco dell’austerity e tor­nare alle radici euro­pee ori­gi­na­rie, fonte della demo­cra­zia, dob­biamo tor­nare alla scuola di Atene che oggi vive la sto­rica vit­to­ria della sini­stra nuova di Syriza e del suo gio­vane lea­der Ale­xis Tsipras.

Le cro­na­che rac­con­tano che nella piazza Omo­nia di Atene, dove Tsi­pras ha tenuto l’ultimo grande comi­zio della vigi­lia, c’era tanta gente comune, lon­tana dalla poli­tica attiva, senza ban­diere né slo­gan. Era il segnale tan­gi­bile che qual­cosa si era mosso nelle pro­fon­dità della società greca. Del resto i son­daggi delle ultime ore indi­ca­vano che la vit­to­ria di Tsi­pras sarebbe stata ali­men­tata da un voto che arri­vava a Syriza da tutta la popo­la­zione, anche da quei greci che alle ultime ele­zioni del 2012 ave­vano votato per la destra spe­rando di tro­vare così una via d’uscita alle loro sof­fe­renze. C’era chi pre­ve­deva che un 10 per cento dei con­sensi sareb­bero venuti da quella parte di Nuova Demo­cra­zia ostile all’estremismo libe­ri­sta del pre­mier uscente Sama­ras. Gente per nulla di sini­stra, ma che, que­sta volta, voleva punire un governo col­pe­vole di avere decur­tato pen­sioni e sti­pendi por­tan­doli a livelli di sussidi.

D’altra parte quando superi il 35 per cento dei con­sensi vuol dire che i voti ti arri­vano un po’ da tutti i ceti sociali, almeno da tutti quelli che la crisi ha messo con le spalle al muro, da quel 30 per cento di fami­glie ridotte in povertà, da quei cit­ta­dini che in massa fanno la fila per rime­diare medi­ci­nali e cibo. Se la nostra media della disoc­cu­pa­zione è al 12 per cento e ci fa paura, quella greca ha sfon­dato il 26 per cento, più del dop­pio, e si cal­cola che un milione e mezzo di occu­pati abbia sulle spalle otto milioni e mezzo di con­na­zio­nali ridotti alla sussistenza.

Ormai si orga­niz­zano viaggi di stu­dio per vedere e capire come Syriza sia riu­scita a orga­niz­zare 400 cen­tri di ero­ga­zione di ser­vizi sociali in tutto il paese. Si resta incre­duli a sen­tire che si può com­prare un appar­ta­mento per 5.000 euro, che il cata­sto è inser­vi­bile, ma che gli arma­tori sono ancora i poten­tis­simi padroni di Atene.

Que­sto paese distrutto dalla guerra eco­no­mica e gover­nato dalla Troika oggi trova la forza di riac­ciuf­fare la speranza. Dando fidu­cia a una forza di sini­stra nuova, impe­gnata in tutto il ter­ri­to­rio nazio­nale a fianco dei più deboli, con un pro­gramma poli­tico che fa della rine­go­zia­zione del debito e la can­cel­la­zione dei Memo­ran­dun la leva a cui aggan­ciare un’agenda di prov­ve­di­menti molto pre­cisi: tetto minimo di 700 euro agli sti­pendi, tre­di­ce­sima per le pen­sioni minime, can­cel­la­zione di tasse sulla casa e blocco delle aste giu­di­zia­rie, ban­che con­trol­late dallo stato, patri­mo­niale sulle grandi ric­chezze cre­sciute all’ombra della crisi.

Una pro­po­sta di governo ormai cono­sciuta come il “pro­gramma di Salo­nicco” che Tsi­pras ha pro­messo di per­se­guire a pre­scin­dere da come andrà la trat­ta­tiva con le isti­tu­zioni europee. Di fronte allo sfa­scio di un paese che nella sua sto­ria recente ha cono­sciuto pagine dram­ma­ti­che fino al colpo di stato dei colon­nelli negli anni ’70, il fatto che Syriza abbia sbar­rato la strada alla destra ever­siva è un risul­tato che sarebbe imper­do­na­bile sot­to­va­lu­tare anche solo sem­pli­ce­mente sotto il pro­filo della difesa democratica.

Una destra sem­pre pre­sente (con i neo­na­zi­sti di Alba Dorata che con­ten­dono il terzo posto al rag­grup­pa­mento di cen­tro­si­ni­stra To Potami), per­ché se Tsi­pras dovesse fal­lire, in Gre­cia arri­verà l’estrema destra. Lo sanno bene le can­cel­le­rie inter­na­zio­nali che si spin­gono a pur caute aper­ture verso una trat­ta­tiva, come dimo­stra la linea aper­tu­ri­sta del Finan­cial Times.

Perché quello che sta vivendo oggi l’Europa, dalla Fran­cia all’Ucraina, con la natura vio­lenta, iso­la­zio­ni­sta, xeno­foba, nazio­na­li­sta delle destre che si stanno rior­ga­niz­zando, potrà essere fer­mato solo da un rapido, bene­fico con­ta­gio del vento greco, da una cosmo­po­lita sini­stra euro­pea di nuova gene­ra­zione (fis­sata nell’immagine, a piazza Omo­nia, dell’abbraccio tra Tsi­pras e Igle­sias, lea­der di Podemos).

Una sini­stra che cita molto Gram­sci, che ha solide radici a sini­stra ma che intende lasciarsi alle spalle le zavorre nove­cen­te­sche, capace di rin­no­vare radi­cal­mente modelli par­ti­tici, lea­der­ship e cul­ture politiche. La vit­to­ria di Syriza è solo l’inizio di un per­corso pieno di trap­pole, osta­coli, con­trad­di­zioni. Pren­dersi la respon­sa­bi­lità di gover­nare un paese distrutto sem­bra quasi una mis­sione impossibile.

Nel libro di Teo­doro Andrea­dis Syn­ghel­la­kis, “Ale­xis Tsi­pras, la mia sini­stra”, il lea­der di Syriza spiega molto bene che si tratta «di una scom­messa enorme, simile a quella del Bra­sile di Lula» e avverte che «non pos­siamo per­met­terci il lusso di igno­rare che gran parte della società greca, e anche una per­cen­tuale dei nostri soste­ni­tori, abbia assor­bito idee con­ser­va­trici». Dun­que con­sa­pe­vo­lezza della prova che l’attende e deter­mi­na­zione nel per­se­guire l’obiettivo «che oggi non è il socia­li­smo ma la fine dell’austerità».

Ma que­sti sono i momenti della festa, della svolta, della vit­to­ria con­tro­mano, della bel­lis­sima rivin­cita che la Gre­cia si prende dopo sei anni vis­suti come una pic­cola cavia nel grande labo­ra­to­rio tede­sco. Un paese da punire in modo esem­plare per edu­care tutti gli altri: se non volete finire come la Gre­cia ingo­iate l’amara medi­cina dei tagli a salari e pen­sioni (anche noi abbiamo assag­giato que­sta fru­sta e ingo­iato que­sta pil­lola). Il debito vis­suto come colpa (avete voluto vivere al di sopra delle vostre pos­si­bi­lità) con tutto l’armamentario dei luo­ghi comuni che ancora oggi sen­tiamo ripe­tere in tv e leg­giamo sui giornali.

Ora dob­biamo atten­derci un ampio fuoco di sbar­ra­mento con­tro la svolta sociale di Syriza che appunto ribalta la pro­spet­tiva e rimette la realtà con i piedi per terra.

Quando nel feb­braio dello scorso anno Tsi­pras venne in Ita­lia in vista delle ele­zioni euro­pee, come prima tappa fece visita alla reda­zione del mani­fe­sto (Renzi non trovò il tempo di rice­verlo). Ci parlò a lungo del cam­mino verso una sini­stra unita e di quello che poi sarebbe diven­tato il pro­gramma di governo. Ci regalò una pic­cola barca di por­cel­lana della col­le­zione del museo Benaki, quasi un auspi­cio, un pro­no­stico. Due colo­ra­tis­sime vele gonfie. Un anno fa il vento in poppa era un auspi­cio e forse un pro­no­stico. Ora è una realtà sulla quale la sini­stra ita­liana dovrebbe riflet­tere molto. E anche in fretta.

NIKISSAME! È UNAVITTORIA NETTA

di Pavlos Nerantzis

«Nikis­same! Nikis­same!», «Abbiamo vinto! Abbiamo vinto», festeg­gia­vano ieri i greci radu­nati nei vari cen­tri elet­to­rali di Syriza ad Atene, a Salo­nicco, dal nord al sud del paese. Una svolta radi­cale, un vento pro­gres­si­sta in Gre­cia, un mes­sag­gio per un’altra Europa da riflet­tere al resto del vec­chio continente.

Alle 7 di dome­nica sera, subito dopo la chiu­sura delle urne, la buona noti­zia: Syriza appa­riva chia­ra­mente come il par­tito vin­cente, secondo i primi exit-poll. La sini­stra radi­cale ha otte­nuto una vit­to­ria di dimen­sioni sto­ri­che in Gre­cia, in Europa, rac­co­gliendo tra il 35,5% e il 39,5% con 146–158 seggi, senza avere la cer­tezza di poter for­mare un governo monocolore. Scon­fitta la Nea Dimo­kra­tia che rac­co­glieva, sem­pre secondo gli exit-pool, tra il 23% e il 27% con 65–75 seggi.

Nelle ele­zioni più impor­tanti degli ultimi decenni, ha vinto la spe­ranza nel cam­bia­mento e con essa la dignità, l’ orgo­glio per il giorno dopo di un popolo che ha subito tanti sacri­fici negli ultimi anni. Hanno vinto la demo­cra­zia, la giu­sti­zia sociale, la solidarietà.

Hanno perso la paura pro­mossa dai con­ser­va­tori, dai cre­di­tori inter­na­zio­nali, da chi vede nelle sini­stre il dia­volo rosso; hanno perso tutti coloro che nel nome di un risa­na­mento eco­no­mico del Paese hanno pro­vo­cato que­sta crisi uma­ni­ta­ria senza pre­ce­denti, la reces­sione, la depres­sione col­let­tiva, la vio­la­zione di leggi e di vite umane.

Verso le 10 di sera i risul­tati non erano ancora defi­ni­tivi. 36,5% per il Syriza con 150 seggi, 27,7% per i con­ser­va­tori della Nea Dimo­kra­tia con 76 seggi. Al terzo posto i nazi­sti di Alba dorata (Chrysi Avghi) con 6,3% e 17 seggi, il Fiume (To Potami) con 5,9% e 16 seggi, i comu­ni­sti del Kke con 5,6% e 15 seggi, il Pasok con 4,8% e 13 seggi e i Greci indi­pen­denti (Anel) con 4,7% e 13 seggi.

Non sono riu­sciti a supe­rare la soglia del 3% e riman­gono fuori dal par­la­mento il Movi­mento dei socia­li­sti demo­cra­tici, fon­dato dall’ ex pre­mier Yor­gos Papan­dreou (2,5%, la Sini­stra demo­cra­tica, gia com­po­nente del Syriza e ex part­ner del governo di coa­li­zione di Anto­nis Sama­ras (0,5%) e Antar­sya, for­ma­zione della sini­stra (0,6%).

Oltre alla pre­oc­cu­pa­zione che ha pro­vo­cato a tutti il man­te­ni­mento della forza elet­to­rale dei nazi­sti, la domanda che si poneva fino a tarda serata era se Syriza sarebbe riu­scita a for­mare un governo mono­co­lore e in secondo luogo se Ale­xis Tsi­pras avrebbe pre­fe­rito una mag­gio­ranza debole (150–151 seggi sui 300) e la dimi­nu­zione della sua forza di trat­tat­tiva nei con­fronti dei cre­di­tori inter­na­zio­nali, oppure una col­la­bo­ra­zione con un’ altra forza poli­tica che di fatto avrebbe limi­tato la sua forza poli­tica nell’applicazione del suo programma. «Faremo un altro invito al Kke» ha detto Dimi­tris Stra­tou­lis, diri­gente del Syriza, «ma se con­ti­nuano a rispon­dere nega­ti­va­mente, trat­te­remo con altre forze politiche».

Secondo fonti di Syriza, la sini­stra radi­cale esclude ogni col­la­bo­ra­zione con le forze pro-memorandum (Nea Dimo­kra­tia, Pasok, To Potami), lasciando aperta l’ even­tua­lità di una coo­pe­ra­zione con i Greci indi­pen­denti, il par­tito di destra nazio­na­li­stico, l’ unico ad essere chia­ra­mente anti-memorandum.

A parte le even­tuali alleanze post-elettorali, a sen­tire i diri­genti di spicco del Syriza ai talk-show tele­vi­sivi «i greci, e non solo quei che hanno votato per la sini­stra radi­cale, hanno preso una grande boc­cata di ossi­geno». Non certo tutti, ma almeno una parte sono con­sa­pe­voli delle dif­fi­coltà, che il nuovo governo dovrà affron­tare; ma a sen­tire que­sta gente che ieri gri­dava vit­to­ria per le strade di Atene, «Tsi­pras durante i nego­ziati con la troika avra un ottimo alleato».

Piena sod­di­sfa­zione tra gli atti­vi­sti della «Bri­gata kali­mera» radu­nata in piazza Kla­th­mo­nos nel pieno cen­tro di Atene. Smen­tita la tele­fo­nata di Mat­teo Renzi a Tsi­pras, men­tre la prima rea­zione da Ber­lino è arri­vata da Jens Weid­mann, pre­si­dente della Bun­de­sbank, la Banca cen­trale tede­sca, da sem­pre custode del rigore del bilan­cio e avver­sa­rio di Mario Dra­ghi, il quale ha detto con toni minac­ciosi che «gli aiuti eco­no­mici verso Atene con­ti­nue­ranno sol­tanto se la Gre­cia rispetta i patti». La rispo­sta di Syriza è stata imme­diata. «Par­le­remo e trat­te­remo a livello poli­tico con la lea­der­ship euro­pea, non con i suoi rap­pre­sen­tanti» ha detto ieri il vice-presidente dell’ euro­par­la­mento, Dimi­tris Papa­di­mou­lis, anti­ci­pando l’ atteg­gia­mento del nuovo governo di Atene nei con­fronti della troika (Fmi, Ue, Bce).

Il risul­tato otte­nuto dalla Nea Dimo­kra­tia dif­fi­cil­mente sarà gestito dal pre­mier uscente Anto­nis Sama­ras. Sama­ras ha usato un lin­guag­gio nazio­na­li­stico adot­tato pure da Alba dorata, come per esem­pio lo slo­gan della cam­pa­gna elet­to­rale «patria, reli­gione, fami­glia» che ha fatto allon­ta­nare molti elet­tori di destra. Pro­blemi e lamen­tele si sono sen­tite ieri anche nel quar­tier gene­rale dei socia­li­sti del Pasok. Il vice-presidente del governo di coa­li­zione e lea­der del Pasok, Evan­ghe­los Veni­ze­los pro­ba­bil­mente si allon­ta­nerà, ma «non come scon­fitto» secondo i suoi stretti collaborattori.
ESPLODE LA GIOIA DELL’ALTRA EUROPA
di Jacopo Rosatelli

L’Unione euro­pea è quella del ten­done di piazza Klaf­th­mo­nos, dove Syriza ha chia­mato a rac­colta i suoi soste­ni­tori. Pieno all’inverosimile, caldo quasi insop­por­ta­bile, pochi istanti prima delle 7 ore locale la ten­sione si taglia con il col­tello: facce con­cen­trate, cenni di inco­rag­gia­mento reci­proco. Poi l’annuncio degli exit polls, e ci si scio­glie in un abbrac­cio collettivo.

Greci, tede­schi, spa­gnoli, fran­cesi, inglesi, ita­liani, e chissà da quante altre parti del Vec­chio con­ti­nente: un enorme, corale urlo di gioia can­cella l’ansia e la fatica. Ora si può festeg­giare. Esi­ste un’altra Europa, è quella che si è data appun­ta­mento qui, nel cen­tro di Atene.

«Que­sto è uno di quei momenti in cui si dimo­stra che anche i pic­coli pos­sono fare la sto­ria, pos­sono cam­biare il mondo» ci dice subito, tra lacrime di gioia, Raf­faella Bolini, l’infaticabile orga­niz­za­trice della Bri­gata Kali­mera e di mille altre avven­ture poli­ti­che inter­na­zio­nali. «C’è chi ha iro­niz­zato sul nostro viag­gio per cri­ti­carci, ma noi siamo venuti a immer­gerci nella realtà greca: non tor­ne­remo in Ita­lia uguali a come era­vamo alla par­tenza, per­ché que­sta espe­rienza ci ha dav­vero arric­chiti», afferma una rag­giante Rosa Rinaldi, tra le prin­ci­pali arte­fici del «mira­colo» della fon­da­men­tale rac­colta firme in Valle d’Aosta per la lista delle euro­pee. «Ora la spe­ranza si mate­ria­lizza: vale per i greci, ma vale anche per noi, per­ché Syriza al governo ad Atene signi­fica una rivo­lu­zione demo­cra­tica per l’intera Europa. Per­sino il nostro pusil­la­nime pre­mier Mat­teo Renzi potrà ora avere più mar­gini di mano­vra nei con­fronti dei part­ner con­ti­nen­tali, e a noi a sini­stra spetta il com­pito di costruire una vera alter­na­tiva di società: senza copiare modelli di altri Paesi, ma cogliendo la straor­di­na­ria occa­sione di que­sto momento», con­clude Rinaldi.

«Il mes­sag­gio di dome­nica sera – riflette Maso Nota­rianni, anima dell’Altra Europa a Milano – è che nella sini­stra ita­liana dob­biamo final­mente abban­do­nare un atteg­gia­mento mino­ri­ta­rio ancora troppo dif­fuso: qui in Gre­cia ci dimo­strano che si può fare. Biso­gna essere con­vinti che un’utopia può diven­tare realtà».

La sod­di­sfa­zione in piazza Klaf­th­mo­nos è ovvia­mente di tutti, indi­pen­den­te­mente dalla nazionalità. Cia­scuno ha però un com­pito diverso nel pro­prio Paese.

In Spa­gna lo sce­na­rio poli­tico più simile a quello greco: «La svolta nella poli­tica euro­pea è pos­si­bile. La sfida per noi è pren­dere ad esem­pio Syriza e met­tere da parte per­so­na­li­smi o divi­sioni infon­date, con­cen­tran­doci nella cosa più impor­tante, che è unire le forze», ragiona Alberto Gar­zón, il nuovo (e gio­vane) lea­der di Izquierda unida. Il mes­sag­gio che invia dal ten­done ate­niese è diretto a Pode­mos, che finora nic­chia sulla pos­si­bi­lità di costruire un car­tello uni­ta­rio alle ele­zioni di autunno.

Parole simili da Enest Urta­sun, bril­lante euro­de­pu­tato della sini­stra eco­lo­gi­sta cata­lana, «pon­tiere» fra i Verdi e il gruppo del Gue (Sini­stra uni­ta­ria euro­pea) nel par­la­mento di Stra­sburgo: «La scelta giu­sta è quella fatta a Bar­cel­lona per le pros­sime muni­ci­pali: lista uni­ta­ria di tutti quelli che si bat­tono con­tro l’austerità». Di diverso avviso è l’attivista di Pode­mos Ramón Arana: «non voglio alleanze con i par­titi del ‘vec­chio sistema’, ma parlo a titolo per­so­nale». Pen­sio­nato 64enne, Ramón è venuto ad Atene da Madrid «per assi­stere alla presa della Basti­glia del ven­tu­ne­simo secolo».

I tede­schi della Linke – muniti di car­telli ine­qui­vo­ca­bili: «La nuova Europa comin­cia in Gre­cia» – usano toni meno enfa­tici, ma la sostanza è la stessa: niente potrà essere più come prima. «La can­cel­liera Angela Mer­kel dice sem­pre che non ci sono alter­na­tive alle attuali poli­ti­che, ma la vit­to­ria di Syriza mostra che è falso» ci dice Katha­rina Dahme della dire­zione nazio­nale del par­tito. «Il nostro com­pito sarà mostrare ai cit­ta­dini del nostro Paese che la poli­tica del nuovo governo di Atene non sarà solo nell’interesse dei greci, ma anche dei lavo­ra­tori in Ger­ma­nia, che hanno biso­gno di salari più alti e di una poli­tica sociale dif­fe­rente», con­clude la diri­gente del prin­ci­pale par­tito dell’opposizione tedesca.

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