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Lodo Meneghetti
Il territorio, uno stupido deposito
4 Agosto 2005
Lodovico (Lodo) Meneghetti
Il nuovo Moloch denominato Saoc ...

Il nuovo Moloch denominato Saoc – Sviluppo a ogni costo (vedi Energia, città, paesaggio, 22 giugno) – non demorde, anche in condizioni di recessione economica, riguardo a iniziative che richiedono immediatamente di depositare cose sul territorio senza ascoltare il suo parere, inoltre perforandolo, scavandolo, incidendolo, solcandolo, livellandolo, povero sordomuto disprezzato, odiato e vilipeso se nudo (arborato o no che sia) come la storia materna l’ha lasciato. Il caso dei cavallettoni con palettoni conformi, per catturare energia eolica procede sostenuto dai risoluti privi di dubbi, tanto più dopo la firma di quella specie di protocollo parolaio firmato dagli industriali del settore e da una parte degli ambientalisti. Parolaio: sicuro, parole, le solite che ormai ci fanno innervosire tanto sono insignificanti, …nel rispetto del paesaggio… valutazione di impatto… (la peggiore di tutte)… attenuazione… mitigazione… (dei danni, o bella). Nessuno parla di risparmio energetico, priorità assoluta, per noi, di un impegno da portare subito ad attuazione con provvedimenti mirati e poco costosi, antecedenti a qualsiasi decisione circa le fonti energetiche alternative al petrolio e al carbone: nessuno, intendo, di quelli seduti comodamente ai gradi alti della politica e dell’economia che detengano l’effettivo potere di orientamento e decisione.

La questione dello spreco energetico, sollevata qui dalla Carla Ravaioli come connaturato al modello di sviluppo capitalistico, e da me secondariamente raccontato a partire da esempi locali, pare non interessare minimamente i cultori delle discipline relative al territorio: è da questo punto di vista che oggi propongo la questione. Il territorio è lì, crinali di colline e montagne, pianura ventose (più o meno), coste, dove è, appunto, nudo all’aperto o nudo dentro il bosco, e aspetta. Lo preoccupano, certamente, i profondissimi fori e scassi, lo preoccupano lo schieramento bellico dei giganti a gambe aperte con la chioma turbinante, l’uomo un Grildrig come Gulliver a Lobrulgrud. Teme l’andirivieni dei mezzi, le strade per farli muovere, i condotti dei fili, il rumore, insomma lo sconvolgimento di sé. Ma, cari potenti nazionali e locali, volete ascoltarci? Possiamo andare avanti senza un piano energetico nazionale che la dica tutta sulle fonti, sul calcolo del fabbisogno, a partire dal progetto e attuazione accelerata del risparmio? Oppure è vero che, nonostante spreco significhi consumo inutile, la prospettiva di ridurre un qualsiasi consumo fosse anche il più cretino vi terrorizza, infatti perorate più consumi più consumi più consumi per risolvere (illusi) la crisi produttiva? Non accettiamo la tessera di contrari all’eolico tout court, vogliamo solo che si esprimano ragionamenti, si indichino strategie, attitudine perduta dai tempi della miglior politica dei progetti e dei confronti: oppure si dica chiaro che dobbiamo lasciar tutto in mano al caso, anzi, poiché il caso corrisponde al dominio dei padroni della rendita fondiaria ed edilizia, del profitto legittimo e no, del lucro esoso commerciale, proprio a questi lasciamo tutto in mano.

Analogo al tema dell’energia il tema dei rifiuti e scarti urbani, anzi collegabile direttamente giacché sappiamo che da certo trattamento dei secondi può ricavarsi la prima. Ma il punto, per ora, non è questo. Ancora una volta è in causa il territorio, l’urbanistica, il piano e il progetto dei luoghi. Lascio da canto il problema dello smaltimento in determinate regioni del Mezzogiorno, uno scandalo conosciuto. Anche in quest’ambito, come nella priorità da assegnare al risparmio energetico di contro a pesanti interventi lesivi del territorio e della società, non si deve procederesecondo decisioni non discusse e confrontate, attraverso imposizioni politiche sia della tecnica sia della localizzazione: come giustificati dal colpevole ritardo nel trattamento del problema complessivo a partire dalla diminuzione del consumo giornaliero.

Ho letto cosa sta succedendo in Toscana (pagine regionali dell’Unità). Sorprendente (fino a un certo punto) scontro dentro la sinistra. Firenze e circondario, lì “siamo avanti”, si direbbe. Infatti si tratta di termovalorizzatori invece che di inceneritori dei rifiuti, quasi che il roboante termine composto potesse nascondere che bruciare si deve in ogni modo. Ecco, se il calore non lo si butta via è una buona cosa. Ma nella famosa Piana pratese-fiorentina un nuovo impianto è un altro colpo al nostro personaggio-territorio che già ne ha subiti non pochi. Impianti di questo tipo costituiscono veri e propri insediamenti industriali complessi e massivi, imponenti, senz’altro inquinanti un diversi sensi. Il povero territorio deve tacere. Ma non ha taciuto il sindaco di Campi Bisenzio, mentre una pesante diatriba all’interno del partito dei Ds toscano non poteva essere completamente coperta dall’autorevolezza delle voci del presidente Martini e del potente sindaco di Firenze Domenici. Sarebbe pronto un “protocollo” di intesa fra i Comuni di Firenze, Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio per la costruzione del termoecc. localizzato fra Campi e Sesto, già sacrificati in passato per discariche e primo impianto moderno. Ma il sindaco di Campi, Fiorella Alunni, una donna dei Ds battagliera e ragionante col proprio cervello, sostenuta da quasi tutti i consiglieri della maggioranza di sinistra, ha negato finora la propria firma sul punitivo accordo. Non è convinta di una scelta fatta senza alcun riguardo all’enorme peso territoriale dell’impianto in sé e di tutte le violente infrastrutture che con sé trascinerà, senza la definizione democratica di una strategia almeno a scala regionale, tanto più necessaria quando si voglia essere moderni nella scelta di tecnologie d’incidenza territoriale e sociale assai pesante. Gli altri due sindaci contraenti – Gianni Gianessi il sestese – minacciosi, vogliono firmare da soli e isolare così la troppo cocciuta signora; un po’ di femminilità nel partito va bene, ma deve essere dolce, elegante, un sindaco donna può ben accontentarsi di una tale carica, cos’altro vuol pretendere? Che il termoecc. costituisca uno sconvolgimento territoriale è dimostrato dal mucchio di regalie e di promesse di risarcimento ai comuni di Campi e Sesto. Una pioggia di soldi, titolava un articolo nei giorni scorsi. E il punto nodale della riduzione dei consumi, dello spreco consumistico? Il partito zitto, qualche trafiletto di esterni, come Manconi. Eppure questo dello spreco nei consumi parrebbe un argomento più che mai attuale. Non c’è contraddizione con la pretesa, enunciata da ogni parte, di sostenere e rilanciare la spesa delle famiglie in una fase difficile dell’economia. Infatti non è con il consumismo, vale a dire coi consumi inutili, che l’economia e la società potranno ritrovare l’equilibro fra durevole vitalità dell’industria e benessere ragionevole delle popolazioni. I peggiori prodotti insensati, i peggiori fra i beni di scambio – così le parole ai vecchi tempi – non possono rappresentare la base produttiva sicura e indiscutibile di un paese i cui cittadini aspirino ai più alti livelli di civiltà e modernità. Modernità significa ricupero e rafforzamento dei valori storici sui quali la popolazione ha costruito i propri caratteri migliori, e negazione dei retaggi ignobili (esempio il servilismo, l’opportunismo, il trasformismo). De Lucia scrive che nell’urbanistica serve un’analisi di classe, in senso marxiano (14 luglio). Ugualmente la questione di una produzione e un consumo dai quali possa derivare un’effettiva riduzione dell’usa e getta, alla fine una forte riduzione dei rifiuti e degli avanzi che risparmierà anche al territorio un po’ delle sue pene. Ritorniamo saggiamente a privilegiare i necessari beni d’uso, di per sé quantitativamente limitati soprattutto se di buona qualità; esercitiamo giorno dopo giorno la cultura del disprezzo dei puri beni di scambio, e di coloro che ce li vogliono imporre: a cominciare dagli oggetti materiali e immateriali smaccatamente offensivi delle persone dotate di buonsenso.

Milano, 18 luglio 2005

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