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Anfredo Franchini
Il Tar: «I sardi potranno votare sul Ppr»
28 Novembre 2007
Sardegna
Nuovi rischi per le coste della Sardegna: oltre alla legge salvacoste si vuole bocciare il piano paesaggistico. Dala Nuova Sardegna, 27 novembre 2007

CAGLIARI. Ieri è arrivato il «raddoppio» dei referendum sulle questioni urbanistiche: il Tar della Sardegna, infatti, ha accolto il ricorso contro la decisione dell’Ufficio regionale del referendum che non aveva ammesso nel marzo scorso la consultazione popolare sul Ppr. In pratica i sardi saranno chiamati ad esprimersi su tutto il piano paesaggistico quando è già stato fissato per il 29 giugno il referendum «solo» sulla cosiddetta legge salvacoste che stabilisce i vincoli sulle zone costiere. Per l’abrogazione dell’intero piano paesaggistico regionale erano state raccolte 24 mila firme.

A questo punto non c’è ancora una decisione ufficiale, ma i sardi dovrebbero essere chiamati a esprimersi il 29 giugno; in sostanza i due referendum dovrebbero essere accorpati sempre che la decisione del Tar venga confermata, perché ora sarà la la Regione a ricorrere al Consiglio di Stato.

Il ricorso della giunta Soru è stato preannunciato ieri sera dall’assessore dell’Urbanistica, Gian Valerio Sanna, che non ha voluto commentare e si è limitato ad osservare che non cambia niente: «C’è già un referendum fissato per il 29 giugno», ha affermato l’assessore Sanna.

Il promotore della raccolta di firme era stato Mauro Pili che ieri era raggiante per la decisione del Tar: «È una vittoria della democrazia, i sardi potranno decidere il proprio futuro e diventare protagonisti del proprio ambiente».

Sulla bocciatura del referendum da parte dell’Ufficio regionale c’erano state forti polemiche e lo stesso Pili, nel marzo di quest’anno, come massima forma di protesta, s’era autorecluso nel carcere di Buoncammino per tre giorni: «Era stata una decisione di stampo golpista», ricorda, «il Piano paesaggistico regionale ha messo in ginocchio la Sardegna, ha causato ventimila disoccupati, favorisce gli speculatori immobiliari, gli stessi che sul famoso volo in elicottero hanno sorvelato le coste della Sardegna in compagnia del presidente della giunta e dell’assessore all’Urbanistica».

Il nuovo referendum si aggiunge a quello sulla legge 8: «Blocca sviluppo», al deginisce Pili, «ma con i referendum la parola ritorna ai cittadini». Il programma è ambizioso: «Costituiremo un comitato in ogni comune, in ogni angolo della Sardegna, per restituire dignità e orgoglio a un popolo che si vede tagliato fuori dalle scelte del proprio ambiente».

La decisione di dichiarare inammissibile la richiesta di consultazione popolare per abrogare il Piano Paesaggistico della Sardegna era stata resa nota dall’Ufficio regionale del Referendum il 15 marzo scorso perché - a giudizio della Regione - «i quesiti proposti sono eterogenei, un aspetto che la Corte Costituzionale aveva già contestato in passato richiamando la «lesione della libertà di determinazione del cittadino» chiamato ad esprimersi su «molteplici complessi di questioni, insuscettibili di essere ridotte ad unità». A rafforzare, si spiegava nel rigetto della proposta di consultazione popolare, l’aspetto dell’inammissibilità del referendum era anche la richiesta di abrogazione della deliberazione sul Ppr nella sua totalità «fatta attraverso un quesito unitario nonostante la pluralità e la non omogeneità della materia in discussione». «Tale quesito» - aveva argomentato l’Ufficio del Referendum - comporta l’impossibilità per il cittadino di esprimere liberamente la sua determinazione del voto su argomenti e disposizioni del tutto diversi».

Il Centrodestra non ha mai condiviso quella motivazione, «ora che volessero tutelare i sardi impedendogli di votare»... dice Pili che ricorda l’impegno dei sindaci nella raccolta delle firme. Il centro destra, con il capogruppo di Forza Italia Giorgio La Spisa, ha precisato da subito che non vuole «l’anarchia legislativa», ma intende «cancellare il Piano» per ritornare al Codice Urbani, «che sancisce regole e codici che valgono in tutta Italia, senza atteggiamenti vessatori».

Trattandosi di un referendum abrogativo, perché la consultazione sia valida, occorre un quorum del 33% che, a giudizio del centrodestra si potrà raggiungere facilmente se si considera che su una legge davvero ostica, come la Statutaria, s’è recato alle urne il 16%.

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