La televendita. E' ormai un metodo di comunicazione dell'intero governo. I beni culturali non sfuggono a questa logica. Anzi ne sono al centro. Le Domus restaurate e riaperte nei giorni scorsi a Pompei? Tutto merito di Renzi e Franceschini. Non è vero, il merito risale al governo Letta e al ministro Bray. Ma lo sanno e lo dicono in pochi. Non sto a continuare. Nei giorni scorsi il ministro Franceschini ha divulgato la lieta novella: nel 2016 le risorse per i Beni culturali aumenteranno del 27% e saliremo oltre i 2 miliardi. Vero, ma nel 2015, già col governo Renzi-Franceschini, il settore aveva avuto in assoluto una delle cifre più basse della storia: soltanto 1 miliardo e 521 milioni. Aveva fatto peggio di così soltanto Berlusconi nel 2011.
Coi governi Berlusconi, dal 2001 al 2006, ci fu un primo calo che fece scendere di qualche punto - e questo è il dato più significativo - l'incidenza percentuale della spesa per i Beni culturali sul bilancio dello Stato, dallo 0,39 del 2000 allo 0,29 del 2006. Il crollo vero e proprio tuttavia lo si registrava col nuovo governo Berlusconi (quello del 2008, dopo la burrascosa parentesi Prodi/Ulivo, durato sino al 2011) con tagli pesantissimi che portarono il bilancio annuo del MiBAC ad appena 1,4 miliardi di euro e ad un miserevole 0,19 per cento del bilancio dello Stato, meno della metà dell'incidenza del 2000.
Un autentico dissanguamento che ha portato, volutamente, questo Ministero allo stremo: a dover mendicare sussidi e interventi privati, a non avere personale tecnico-scientifico sufficiente per le incombenze quotidiane della tutela e della conservazione, a non poter indire concorsi, ad avere funzionari di età mediamente elevata (circa 52 anni). Con un personale di custodia pure inadeguato. Tutti poi sottopagati, naturalmente: dal soprintendente al custode. Coi governi Monti e Letta si è registrata una leggera ripresa dei finanziamenti per la cultura. Del tutto insufficiente però per le esigenze della rete della tutela.
Ps: tanto per memoria, la Francia destina alla Cultura lo 0,75 % del bilancio dello Stato, cioè 2-3 volte tanto l'Italia, la Spagna lo 0,67 e altrettanto l'Austria. Per farla breve soltanto Grecia, ma non sempre, e Romania vi destinano meno di noi che risultiamo al 22° posto in Europa.