Città del Vaticano. «Non ci sono due partiti nella Chiesa, come sostengono i mezzi di informazione», dicono i vescovi appena riuniti in Vaticano nella prima giornata di lavori del Sinodo sulla famiglia. Ma nessuno crede a questa affermazione. E difatti, appena in conferenza stampa parte l’attacco dei cardinali conservatori, si alzano subito i progressisti a rintuzzarlo. Materializzando così, davanti a centinaia di giornalisti accorsi da tutto il mondo, lo scontro in atto tra chi si oppone a Francesco e chi invece vuole le sue riforme.
Comincia il cardinale Peter Erdo, ungherese, relatore generale del Sinodo, bocciando la possibilità di concedere la comunione ai divorziati risposati nella relazione introduttiva letta accanto al Papa: «Riguardo ai divorziati e risposati civilmente è doveroso un accompagnamento pastorale misericordioso, il quale però non lascia dubbi circa la verità dell’indissolubilità del matrimonio insegnata da Gesù Cristo stesso. Non è quindi il naufragio del primo matrimonio, ma la convivenza nel secondo rapporto che impedisce l’accesso all’Eucarestia». È una chiusura totale, già nella prima giornata. Dalla sua parte si schiera, a sorpresa per alcuni, l’arcivescovo di Parigi, André Vingt-Trois. «Se vi attendete un cambiamento spettacolare della dottrina della Chiesa rimarrete delusi». E riferendosi al tema del sacramento da concedere ai divorziati risposati, il cardinale francese sottolinea: «Se pensate che la teoria del cardinale Walter Kasper sia aprire indifferentemente l’accesso della comunione avete sbagliato».
È un due a zero per il fronte dei duri. È a questo punto che chiede la parola il segretario speciale del Sinodo, l’arcivescovo Bruno Forte, uomo vicino a Jorge Bergoglio. Con un ragionamento di grande raffinatezza, senza urtare nessuno, ma con efficacia, Forte rimette la discussione sui binari del confronto aperto. «Fermo restando che non ci si devono aspettare modifiche alla dottrina - premette - bisogna dire con grande chiarezza che questo Sinodo non si riunisce per non dire nulla. Non è però un Sinodo dottrinale, ma pastorale, come lo fu il Concilio Vaticano II», ricorda. «Le sfide pastorali ci sono e noi vogliamo affrontarle con parresia, ovvero con estrema franchezza». Aggiunge inoltre l’arcivescovo di Chieti e teologo: «Affrontare le questioni pastorali e cercare nuove strade per nuovi approcci rende la Chiesa più vicina agli uomini e alle donne del nostro tempo. La Chiesa non può restare insensibile alle sfide: questa è la vera posta in gioco».
Al mattino, inaugurando i lavori, il Papa aveva detto parole chiare sul desiderio di dialogo, senza chiusure: «Il Sinodo non è un parlamento dove per raggiungere il consenso si fa un accordo comune, un negoziato, un patteggiamento o dei compromessi: unico metodo è quello di aprirsi allo Spirito santo con coraggio apostolico e umiltà evangelica». E ancora: «La vita cristiana non è un museo da guardare o da salvaguardare, ma il deposito di fede è fonte viva dalla quale la Chiesa si disseta».
NON POSSIAMO GUARDARE INDIETRO
BERGOGLIO CI CHIEDE COSE NUOVE
di Marco Ansaldo
C. Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco di Baviera, presidente della Conferenza episcopale tedesca, e capo del gruppo di porporati incaricati delle riforme economiche in Vaticano, quale impressione ha avuto dalla prima giornata di Sinodo e della relazione apparsa un po’ di chiusura del segretario generale dell’assemblea, il cardinale Peter Erdo?
«Oggi c’è stata una prima ampia discussione, ma il Sinodo durerà tre settimane, avremo modo di discutere di tutto e alla fine il Papa farà quello che riterrà giusto per il suo pontificato».
Ma lei che opinione si è fatto?
«Il Sinodo è un cammino, dobbiamo fare dei passi avanti, ma non può essere una ripetizione, non possiamo guardare indietro».
E quali sono gli scopi che lei persegue, quale la sua visione?
«La discussione va avanti da oltre un anno. Il Papa vi ha dedicato una gran parte della sua catechesi. E qui ci sono discorsi importanti sul tema della famiglia. Poi, fra i due Sinodi, quello ordinario dello scorso anno e quello appena cominciato sono accadute tante altre cose. Non dobbiamo tornare indietro nelle questioni, questo dice la Chiesa e questa è la prospettiva pastorale secondo cui ci muoviamo».
Ma su quali punti avete discusso?
«Abbiamo parlato molto della questione dei profughi. Abbiamo parlato della famiglia in questo mondo globalizzato, e di quanto sia difficile mantenere una famiglia unita quando si fugge dal proprio Paese».
Ma non c’è una polarizzazione all’interno del Sinodo?
«Chi dice questo? Dove è che viene descritta così la situazione del Sinodo? Questo è quello che qualcuno vorrebbe».
Questa non è l’atmosfera all’interno dell’assemblea?
«Questa è la posizione dei media. Io ho una mia idea, ma la base della discussione non è poi così controversa. In un contesto come questo è normale che ci siano opinioni diverse, ma non solo necessariamente contrasti».
E sul tema dell’omosessualità come si pone circa le aperture del cardinale Walter Kasper?
«L’omosessualità sarà al centro di una discussione specifica, che comprende anche pareri scientifici. È un tema importante di cui lo scorso anno abbiamo già parlato».
E come affrontate i diversi temi?
«Discuteremo dell’Instrumentum laboris. Personalmente ne ho parlato anche con amici. Ma trovo che nel Sinodo occorra formulare anche cose nuove. Soprattutto è importante che non si vada sotto il livello di discussione posto dal Papa. Credo che dovremmo adeguarci a quello che ci chiede il Papa. E dobbiamo essere concreti».
Cardinale, c’è stato questo caso del teologo della Congregazione per la Dottrina della fede che ha dichiarato la propria omosessualità. Giocherà un ruolo nella discussione?
«Non credo che possa determinare la discussione. Se ne è parlato molto, ma il caso non riguarda affatto il Sinodo».
Ci si aspetta un documento importante?
«Le aspettative sono alte. Il Sinodo ha risvegliato interesse. Penso che questo sia anche il desiderio del Papa. Alla fine lui deciderà, con il suo discernimento. Come è stato alla fine del Sinodo dello scorso anno. Ma fino ad allora dobbiamo discutere. Di quello che viene discusso all’inizio, toccherà al Papa decidere che cosa resterà alla fine».
Torniamo sulla polarizzazione dei vescovi. Si dice che fra i cardinali manchi la comunicazione. Lei parla e discute con i cardinali Mueller, Pell, Sarah (i cosiddetti conservatori, n.d.r. )?
«Con il cardinale Mueller per esempio ho discusso. Noi parliamo ma non necessariamente esce tutto. Poi, durante la giornata di studio qualche mese fa a Roma, all’Università Gregoriana, con le conferenze episcopali tedesca, francese e svizzera abbiamo discusso apertamente. Anche oggi c’è stato un dialogo aperto, capisco che escano dei libri che facciano discutere, e ci siano posizioni diverse. Ma la mancanza di comunicazione fra i cardinali deve trasformarsi in una discussione organizzata».