Ilmanifesto, 17 dicembre 2015, con postilla
La politica in democrazia si affida a due funzioni fondamentali: l’esercizio di un potere legittimo (fondato sul consenso della maggioranza) e la produzione di narrazioni pubbliche. Il rapporto tra queste due funzioni costituisce un buon criterio di giudizio sulla qualità di un governo.
Quanto maggiore è la distanza tra l’una e l’altra (quanto meno attendibili sono le informazioni diffuse dal governo in merito ai propri obiettivi e alla situazione reale del paese), tanto minore è la legittimità sostanziale di un governo. Il quale si pone fuori dal quadro democratico se, nel perseguire i propri disegni, si affida alla menzogna politica, deformando per questa via l’esercizio della sovranità popolare. Stando così le cose, si può sostenere che il governo in carica è un esempio di violazione dei principi democratici, benché i critici che si ostinano ad affermarlo siano sempre meno numerosi (e sempre più rassegnati).
Naturalmente il governo Renzi è un paradigma di potere antidemocratico in primo luogo per i suoi obiettivi. Renzi e i suoi sodali non fanno altro, da quasi due anni, che attaccare diritti e condizioni materiali del lavoro dipendente, smantellando tutele giuridiche e contrattuali e conquiste salariali strappate in decenni di lotte. Non fanno altro che bombardare lo Stato sociale (la sanità; il sistema pensionistico, ormai tra i più iniqui d’Europa; i meccanismi di salvaguardia del diritto allo studio) e le condizioni di vita dei meno abbienti, circuìti con l’uso circense del denaro pubblico in funzione di mancia elettorale. Non fanno altro che spostare ricchezza verso l’alto a forza di privatizzazioni, misure fiscali anticostituzionali e regalìe varie, come quelle varate dal decreto salvabanche, che, con tutti i disastri che sta provocando, ha già fatto la fortuna dei nuovi vertici bancari e alla fine vedrà, come di consueto, l’intervento salvifico della Cassa depositi e prestiti. Non fanno altro, infine, che colpire le istituzioni fondamentali della democrazia rappresentativa dando corpo a un disegno autoritario che conferisce ogni potere all’esecutivo, cioè alla cricca dirigente del partito di maggioranza relativa (vale a dire al 15, 20 per cento al massimo del corpo elettorale).
Ma il governo Renzi è un caso estremo di violazione dei principi democratici anche per la distanza tra pratica e narrazione propagandistica. Qui sta forse la più grande differenza rispetto ai governi Berlusconi e alla destra in generale, che se non altro non ha mai nascosto di voler difendere sopra ogni altra cosa la «libertà» dei privati, cioè proprietà, patrimoni e privilegi. Anche Renzi capeggia un governo di destra; realizza politiche di destra; trasforma il paese in base a un disegno schiettamente di destra. Ma – come a suo tempo Tony Blair – fa tutto questo da uomo «di sinistra». Agisce come capo di un partito che, per storia e ragione sociale, rappresenta, in linea di principio, la prima forza dello schieramento progressista. Ma mente sistematicamente, raccontando storie cucite su misura per quella parte della società, sempre più disorientata e depressa, che, continuando a pensarsi di sinistra, tende a prendere sul serio la fanfara propagandistica di questo governo.
Il mantra ossessivo del paese che finalmente «riparte» è la menzogna più odiosa, mentre le nuove povertà dilagano, soprattutto al Sud e tra i più giovani, di pari passo con la disoccupazione e la precarietà. È una bugia che fa il paio con lo slogan del capitalismo compassionevole di George Bush jr., con quel «nessuno sarà lasciato indietro» spudoratamente sbandierato mentre le ineguaglianze esplodevano nel cuore della metropoli capitalistica e la miseria si abbatteva su milioni di proletari.
Nulla di nuovo, si dirà. Salvo che la menzogna politica è una tossina che trasforma in profondità un paese, alimentando disorientamento e cinismo. Non è vero che, siccome l’uso mendace della comunicazione è da sempre un classico di questo governo (si può dire che è, insieme alla manutenzione delle lobbies, la principale occupazione di chi lo guida), allora in quest’ultimo biennio non è cambiato nulla. Siamo un paese sempre più confuso e sfiduciato, oltre che malandato e depresso. E la fiducia è un bene fragile oltre che prezioso: facile a disperdersi, difficilissimo a ricostruirsi. Solo che, senza fiducia nella politica e nei propri rappresentanti, è la democrazia stessa che rischia di andare in malora.
postilla
«Dire ciò che è, rimane l'atto più rivoluzionario», ha scritto Rosa Luxemburg. Fare il contrario è l'atto è più reazionario. Eppure tra l'Ottobre rosso e la Vandea c'è stata l'affermazione della borghesia e l'invenzione della democrazia liberale: avremmo almeno potuto fermarci lì, e invece anche quella hanno distrutto, dai Chicago boys e Pinochet e poi giù giù fino a Renzi.