L'audizione del presidente dell'Autorità Portuale avanti le Commissioni consiliari, tenutasi nella giornata di giovedì, ha confermato quanto vado dicendo da tempo: chi rappresenta interessi economici forti non riesce a percepire (forse anche perché male consigliato) l'importanza di riconoscere i limiti entro cui può sviluppare la sua azione. Mi riferisco evidentemente, a quei soggetti (privati e non) che agiscono nell'economia in situazioni monopolistiche o, comunque, perché investiti di competenze pubblicistiche settoriali. Oggi (ieri, ndr) la stampa riporta un’affermazione del Presidente per nulla condivisibile e frutto di un palese fraintendimento delle competenze portuali.
A suo avviso «il Pat contiene soltanto dei desideri del Comune» giacchè esso, per essere operativo, deve ottenere l'intesa dell'Autorità portuale. Come se l'Autorità portuale fosse soggetto di pianificazione generale alla stessa stregua degli enti locali territoriali. Il Porto non ha poteri di pianificazione urbanistica, ma esclusivamente, come recita l'art. 5 della L. 84/94, il potere di approvare un piano del porto il quale deve disciplinare le funzioni e gli usi dei terreni all'interno dell'ambito portuale. Tale piano, come dice la legge, è subordinato alle scelte della pianificazione generale comunale. In altri termini il Piano portuale deve considerarsi alla stregua di un qualsiasi piano attuativo, limitato ad un ambito definito e soggetto alle scelte di pianificazione generale, e comunque all'approvazione comunale. Fin quando non si fa chiarezza su tale inequivocabile presupposto si finisce con il danneggiare il complesso sistema di pianificazione del territorio della città.
Infatti, l’errata prospettiva in cui si sta ponendo il Porto ha di recente determinato l'impugnazione avanti il Tar del Pat, solo perché non sono state recepite sue richieste di logistica al di fuori dell'ambito portuale ed in contrasto con lo stesso Piano regionale! Il che genera gravi difficoltà alla soluzione di importanti problemi di organizzazione del nostro territorio, che avrebbe invece necessità di collaborazione da parte di tutti i soggetti coinvolti ed alla stregua del rispettivo ruolo e secondo le gerarchie istituzionali stabilite dalla legge ed i compiti che essa attribuisce a ciascuno. In questa prospettiva è corretto che il Porto si preoccupi, come gli impone la legge, di proporre soluzioni per evitare i passaggi delle "grandi navi" davanti a San Marco.
Ma la preoccupazione non può diventare ingerenza nei poteri che sono attribuiti agli enti territoriali. Il porto nella sua interezza sta all'interno della programmazione generale del territorio come parte di esso e ad esso subordinato. Con grande disponibilità ed umiltà il Comune di Venezia ritiene di valutare tutte le proposte che fossero avanzate, purché conformi alle proprie scelte pianificatorie. Ciò al solo fine di individuare quelle più rispettose degli interessi della Città e della sua Laguna.