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Andrea Tarquini
Il pollo transgenico di McDonald’s che fa litigare Usa e Germania
29 Aprile 2014
Articoli del 2014
««È questione di costi», afferma McDonald: non c’è abbastanza mangime non transgenico da garantire la produzione di carne di pollo a costi che si traducano in prezzi di vendita al fast-food abbastanza bassi per il consumatore».

««È questione di costi», afferma McDonald: non c’è abbastanza mangime non transgenico da garantire la produzione di carne di pollo a costi che si traducano in prezzi di vendita al fast-food abbastanza bassi per il consumatore».

La Repubblica, 29 aprile 2014 (m.p.r.)

Berlino. I rapporti tra Europa e Stati Uniti d’America sono spesso difficili. Non solo sulla crisi con Mosca o sui poteri della National Security Agency. Anche su argomenti ecologici, quali il cibo transgenico, la vecchia coppia litiga da punti di vista opposti. Sta accadendo tra la Germania, il più ricco e popoloso paese dell’Unione europea, e McDonald’s, il colosso del fast-food. Già, perché in una lettera inviata alla sezione tedesca di Greenpeace, McDonald’s informa l’associazione ecologista di aver deciso di permettere di nuovo, dopo tredici anni, l’uso di cibo transgenico per l’allevamento dei polli che vengono poi macellati per portare in ogni filiale i chickenburger e le chickenmcnuggets. Cibo transgenico, ritenuto normale dagli Usa ma temuto come tossico e pericoloso dagli europei.

La notizia è stata lanciata ieri mattina, con grande risalto, da Spiegel online, il sito del settimanale tedesco. Non è chiaro se sia stata Greenpeace a prendere l’iniziativa, chiedendo rassicurazioni negate nella risposta, o se invece tutto sia partito dal colosso-simbolo del fast food made in Usa. Comunque McDonald’s ha scritto nero su bianco, in una lettera all’associazione dei difensori della natura, che si ritira dall’impegno che aveva preso nel 2001. E cioè dal dovere deciso per scelta di rinunciare in tutto il territorio europeo a vendere prodotti contenenti elementi transgenici. Nel caso specifico, si tratta appunto dei chickenburger, quindi quel grosso, ipercalorico panino tondo pieno di salse, con un po’ di insalata e fette sottilissime di pomodoro, dove però l’hamburger è composto di chiara carne di pollo tritata, al posto del rosso manzo del “mcburger” normale. E poi anche delle chickenmcnuggets, insomma le polpettine panate che a prima vista sembrano strane cotolette alla milanese in miniatura. «È questione di costi», afferma McDonald: non c’è abbastanza mangime non transgenico da garantire la produzione di carne di pollo a costi che si traducano in prezzi di vendita al abbastanza bassi per il consumatore.
«Ma ciò non influirà sulla qualità del prodotto», assicura il gigante. Che con oltre 1500 filiali (destinate a salire presto 1700), e ben 2,8 milioni di clienti al giorno, ha in Germania un mercato chiave. Peccato che le associazioni ecologiche tedesche siano sensibili e attente. «Se continuassero a usare mangime non transgenico il prezzo aumenterebbe solamente di un cent a porzione: è vergognoso, pensano solo al denaro», protesta Stephanie Toewe-Rimkeit di Greenpeace, «e vi serviranno veleni e sostanze transgeniche cui la maggioranza dei consumatori è contraria ». Insomma, avvertono gli ambientalisti, la prossima volta che vi sfamerete da McDonald’s, in qualsiasi città del vecchio continente, potreste ingerire cibo con componenti transgeniche, senza saperlo. Magari senza neanche un avviso affisso all’ingresso del ristorante, o sul sito del gigante degli hamburger, o alla cassa dove i giovani dipendenti lavorano frenetici come manager giapponesi o sudcoreani ma per ben minori compensi retributivi. E la battaglia continua.

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