Dopo i precedenti interventi di Italia Nostra che denunciavano le gravi alterazioni in atto alla Punta della Dogana, in uno dei luoghi veneziani più prestigiosi e ricchi di storia, il commento pessimistico di molti è stato che la triste vicenda forse non era ancora finita e che “il peggio non è mai morto”. Italia Nostra riteneva che quanto già al momento noto, con alterazioni e interventi di grande pesantezza, fosse un limite impossibile da superare. Purtroppo dobbiamo ricrederci.
Le ultime notizie parlano, fra l’altro, di due obelischi di cemento alti ben dieci metri da erigere a pochi passi dall’ingresso dell’edificio. In riferimento al vago carattere cimiteriale che gli obelischi spesso richiamano, qualcuno ha commentato che potrebbero valere come simbolo funerario dedicato ad un luogo di eccezionale valore oltraggiato in quei suoi antichi caratteri che avevano resistito per secoli.
Italia Nostra ama anche l’ironia, ma non è disposta ad apprezzare più di tanto le battute che irridono a scelte comunque di grave pesantezza. Rimane invece fermissima nel condannare tutta un’operazione che negli anni ha fatto della Punta della Dogana ciò che sta diventando. La faccenda – lo si ricordi – inizia quando gli organi dello Stato decidono di spostare dalla Dogana in Terraferma uffici con funzioni d’interesse pubblico che lì si svolgevano da secoli. Non sapendo progettare il futuro una volta di più si colpiva il passato. E posti di lavoro venivano tolti ad una Venezia già pericolosamente proiettata verso una miope monocultura di mero sfruttamento turistico.
Si ricorda altresì come le autorità amministrative centrali e locali e gli stessi organi di controllo che dovrebbero tutelare Venezia (in particolare la Commissione di Salvaguardia e le Soprintendenze), non abbiano saputo impedire alterazioni fortissime delle strutture monumentali. Con scarsa fantasia l’unica destinazione che si è saputo trovare per un manufatto di tale valore culturale è stata quella di sede espositiva: un’altra! nella città che ne ha la massima quantità in proporzione al suo tessuto urbano e che intanto continua ad espellere gli abitanti senza risolvere il problema vitale della residenza.
Con scarsa fantasia ci si è pure impegnati a “nobilitare” l’operazione in atto con il richiamo del grande architetto (senza che il ponte di Calatrava abbia insegnato qualcosa)! E si è scelto un operatore (Tadao Ando) che non ha nulla veramente a che fare con la cultura della grande edilizia veneziana e che è noto ovunque per l’uso del cemento!
Non a caso, dunque, dieci metri per due di obelischi di cemento rischiano di essere il segno di un ulteriore gravissimo sfregio alla qualità civile di Venezia. Se un monumento dovranno essere, gli obelischi lo saranno non in lode a un architetto che ha deciso di collaborare a un progetto che viola la cultura veneziana; non lo saranno nemmeno a lode di un ricco signore che può comprarsi palazzi e beni per metterci quello che desidera; non lo saranno nemmeno alle autorità pubbliche che hanno approvato queste scelte. Saranno il monumento alla memoria di una ulteriore offesa al patrimonio culturale di una città straordinaria ma sempre più indifesa.