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Il parere di Italia Nostra sul testo unificato 21.1.2004
7 Giugno 2006
La legge Lupi
Il testo del documento consegnato nel corso dell’audizione alla audizione della Commissione Territorio e ambiente della Camera dei deputati il 23 febbraio 2004, con l’allegato “Ipotesi di principi fondamentali in materia di governo del territorio”. Il testo anche in formato .pdf

Proposte di legge in materia di “governo del territorio”. Valutazioni in merito alla “Proposta di testo unificato

1. Secondo Italia Nostra, il comma 3 dell’articolo 4 reca la filosofia essenziale della proposta in esame, e cioè la sostituzione degli “atti autoritativi”, cioè dell’attività di pianificazione territoriale e urbanistica di esclusiva competenza di pubbliche autorità portatrici di interessi collettivi, con “atti negoziali” tra i soggetti istituzionali e i “soggetti interessati" (che finiscono per coincidere con i proprietari degli immobili). Come è stato detto in altra sede, l’attività di governo del territorio dovrebbe quindi ridursi a un “continuo confronto tra ragioni”, nel quale quella del complesso delle istituzioni pubbliche non sarebbe altro che “una voce tra le voci”. Questa concezione trova le sue più immediate traduzioni precettive nei commi 3 e 6 dell’articolo 7 della proposta in esame.

Una siffatta impostazione è pienamente coerente con l’assunto della piena e totale mercificazione del territorio e degli immobili che lo compongono. Vale a dire, con un assunto che è stato respinto dai massimi teorici dell’economia liberale classica dei secoli trascorsi, in considerazione del fatto che il territorio, e gli immobili che lo compongono, non possiedono per nulla, o scarsissimamente, quei requisiti di divisibilità, riproducibilità e fungibilità che costituiscono i presupposti essenziali e irrinunciabili dell’efficiente funzionamento del libero mercato quale ottimale regolatore della produzione e distribuzione dei beni.

2. Un secondo elemento cardine della proposta in esame è quello (enunciato al comma 1 dell’articolo 5) per cui è data piena discrezionalità alle regioni di individuare “gli ambiti territoriali da pianificare” (implicandosi, per converso, che possano sussistere ambiti territoriali non sottoposti a pianificazione) e “l’ente competente alla pianificazione”. Se ne deduce che una regione potrebbe, a esempio, attribuire le competenze pianificatorie soltanto alle province, escludendo sé medesima e i comuni, mentre un’altra regione potrebbe attribuire le medesime competenze a speciali “agenzie”, e limitare la pianificazione solamente agli ambiti di trasformazione morfologica urbana (nuovo impianto o ristrutturazione urbanistica). E così via ipotizzando.

La proposta in esame rifiuta perciò l’assunto, che pareva ormai irreversibilmente fatto proprio dall’ordinamento (si pensi soltanto, e innanzitutto, alla legislazione, di rango immediatamente sub-costituzionale, sulle funzioni degli enti locali), per cui l’attività pianificatoria ordinaria compete a tutti gli enti territoriali dotati di organi elettivi di primo grado (stato, regioni, province o città metropolitane, comuni), potendo la legislazione attribuire competenze pianificatorie specialistiche o settoriali ad altre autorità pubbliche che si configurino come “organi misti” (autorità di bacino, enti di gestione dei parchi naturali, e simili).

Tale interpretazione appare peraltro contraddetta da numerosi riferimenti, presenti nel testo in esame, a “atti [...] di pianificazione sovraordinati”, o a oggetti equipollenti (articolo 5, comma 3; articolo 7, commi 4 e 5; articolo 8, comma 8), che fanno invece pensare a una sostanziale adesione all’assunto, appena sopra sunteggiato, consolidatosi nell’ordinamento.

Sotto questo profilo, la proposta in esame presenta livelli di incoerenza tali da configurare un’inaccettabile incomprensibilità.

3. Nessun accenno si rinviene nella proposta in esame alla tematica, messa a punto dalla giurisprudenza costituzionale a far data dal 1968, dei vincoli, apponibili da qualsiasi soggetto, anche (o soprattutto) in sede di attività pianificatoria, che “riconoscono” l’intrinseco interesse pubblico di determinati beni immobili per ragioni di tutela dell’integrità fisica o dell’identità culturale del territorio, per cui vigono a tempo indeterminato non comportando (anche se implicanti totale immodificabilità degli immobili interessati) obbligo di indennizzo.

Tale carenza, oltretutto, rende assolutamente incomprensibile l’attuabilità di una previsione del testo: quella di considerare il territorio aperto, naturale e coltivato, proprio in forza della sua ormai raggiunta “scarsità relativa”, sostanzialmente vincolato ope legis al mantenimento della sua caratteristica identificativa e identitaria. In proposito, piuttosto, v’è da osservare che, nell’articolato in esame, si aggiunge alle due fondamentali componenti del territorio aperto, le “aree destinate all’agricoltura” e le “aree di pregio ambientale”, una terza componente, le “aree extraurbane a destinazione agricola di riserva urbanistica” (art. 5, comma 5), della quale è arduo intendere i presupposti culturali e tecnici, e facile invece prevedere le ricadute pratico-operative: costituire una componente territoriale fisicamente in stato di abbandono e degrado fino al momento della sua “valorizzazione” insediativa e al contempo finanziariamente oggetto di vertiginose crescite delle rendite posizionali.

Per converso, con riferimento al problema dei vincoli cosiddetti “funzionali” o “additivi” (che attribuiscono interesse pubblico a determinati immobili sulla base delle scelte discrezionali del pianificatore) la proposta in esame non è capace (articolo 6, comma 3) di trovare soluzione più innovativa di quella escogitata (in via transitoria!) dal legislatore del 1969: la durata quinquennale (aggiungendovi – con il comma 7 dell’articolo 8 – le alternative all’esproprio suggerite dalla più recente giurisprudenza costituzionale). Riteniamo invece che proprio la possibilità di ridurre a un novero limitato i casi di irrinunciabile ricorso all’espropriazione per pubblica utilità, consenta di prevedere, secondo una tesi impostata già negli anni ’80 dal sen. Achille Cutrera, che al decorrere di un ragionevole periodo di tempo, in assenza di esecuzione dei procedimenti di esproprio, gli immobili entrino a far parte ope legis del patrimonio del soggetto pubblico interessato, acquisendo il proprietario il diritto al controvalore monetario (per maggiori precisazioni si veda il punto 13 del documento allegato alla presente memoria).

4. Relativamente all’attuazione delle previsioni della pianificazione urbanistica, da un lato si reputa incongruo che il ricorso a tecniche di “perequazione” tra i proprietari immobiliari coinvolti sia (come apparirebbe dalla formulazione letterale del comma 2 dell’articolo 8 dell’articolato in esame) una mera possibilità, posta alla pari di altre, anche nei casi di rilevanti trasformazioni (di nuovo impianto urbanizzativo ed edificatorio, o di ristrutturazione urbana) unitariamente riguardanti interi ambiti territoriali. Dall’altro lato, riteniamo inammissibile che (come invece previsto dal comma 4 del succitato articolo 8) i “diritti edificatori” (termine in merito al quale si nutrono le più ampie riserve) siano, in quanto “liberamente commerciabili”, trasferibili da uno a tutt’altro degli ambiti individuati e definiti dalla pianificazione urbanistica generale: con il risultato di vedere alterati (o quantomeno illimitatamente alterabili), da imperscrutabili giochi “di mercato”, i pesi edificatori e insediativi attribuiti ai diversi ambiti, cioè distribuiti nelle diverse parti del territorio, dalla medesima pianificazione urbanistica generale.

5. Accanto alle osservazioni di merito fin qui esposte, ci si permette ancora di osservare che il testo in esame, più che essere un’organica e compiuta legge quadro statale nella complessa materia denominata governo del territorio – inserita tra quelle enumerate dal comma terzo del novellato articolo 117 della Costituzione tra quelle a competenza legislativa concorrente – costituisce soltanto l’enunciazione di opzioni culturali e politiche essenziali al fine di aprire un confronto nel merito.

Per essere un’effettiva legge-quadro, la proposta in esame dovrebbe recare:

- tutti i principi fondamentali direttamente inerenti alla materia governo del territorio che si ritengano appartenenti alla competenza decisionale quantomeno dello stato nazionale, in applicazione del principio di sussidiarietà rettamente inteso, cioè espresso secondo la lettera e lo spirito degli atti costitutivi dell’Unione europea;

- gli omologhi principi fondamentali nelle materie parimenti a competenza legislativa concorrente e aventi indissolubili e irrinunciabili rapporti con il governo del territorio o, quantomeno, la chiarificazione del coordinamento con tali ulteriori principi fondamentali;

- le disposizioni direttamente precettive attinenti alle materie, o agli argomenti, di competenza legislativa esclusiva dello Stato, aventi altrettanto indissolubili e irrinunciabili rapporti con il governo del territorio”, o quantomeno la chiarificazione del coordinamento con tali disposizioni.

6. Malauguratamente, il trentennio (circa) di applicazione del previgente titolo V della Costituzione repubblicana, ha fornito scarsissimi esempi in merito alla produzione di leggi statali conformi al modello costituzionale nelle materie a competenza legislativa ripartita. Ciò presumibilmente in conseguenza del precetto, dettato in via generale alle Regioni, per cui queste ultime avrebbero dovuto sceverare i principi fondamentali dal complesso delle disposizioni, spesso di estremo dettaglio, e comunque di tipo direttamente operativo, dettate dalle leggi statali sia già vigenti che successivamente prodotte dal Parlamento nazionale senza alcuna variazione della tecnica espositiva consolidata.

Nel momento in cui si intende mutare realmente il modello di produzione legislativa nelle materie a competenza ripartita, parrebbe necessario disporre di una raccolta unificata e coordinata di tutte le disposizioni aventi forza di legge presenti nella legislazione statale e riconducibili sia, in senso stretto, al governo del territorio, sia, più latamente, alle altre materie aventi, come s’è detto, indissolubili e irrinunciabili rapporti con detto governo del territorio. Tale necessità non è sostenuta per configurare la legge quadro statale nella materia governo del territorio come un tipico “testo unico”, con il svantaggio, anche a prescindere dalla dubbia legittimità di una tale operazione alla luce della nuova stesura del titolo V, di perpetuare le distorsioni del modello di produzione legislativa ripartita sinora realizzatosi. La raccolta delle disposizioni vigenti avrebbe invece l’obiettivo di contribuire a evitare che la nuova legge quadro possa presentare consistenti lacune, o vistose smagliature, nella griglia delle norme che si potrebbe, viceversa, convenire essere di pertinenza statale, alla luce degli interessi unitari nazionali da salvaguardare e del vincolo costituzionale di assicurare un’essenziale uguaglianza di condizioni di vita nell’intero territorio della Repubblica. Ed è parimenti sostenuta in relazione all’opportunità di procedere, quale risultato finale di un processo quale quello configurato, in concomitanza con il varo di un’autentica legge quadro, all’abrogazione esplicita di decine di provvedimenti legislativi statali, ovvero di centinaia di loro specifiche disposizioni, con effetti d’indubitabile chiarificazione dell’ordinamento.

7. Molte altre osservazioni potremmo muovere alla proposta in esame, ma riteniamo preferibile affidarne l’evidenziazione al confronto con i contenuti del già citato documento allegato che le associazioni Italia Nostra e Polis hanno redatto e presentato in numerose occasioni, e consegnano oggi a questa Commissione parlamentare. Un testo, come si può immediatamente riscontrare, che presenta un’irriducibile diversità di impostazione, di irrisolvibile alterità delle opzioni, di non mediabilità dei contenuti rispetto alla proposta in esame.

Roma, 23 febbraio 2003

AllegatoItalia nostra - Associazione PolisIpotesi di principi fondamentali in materia di governo del territorio

0. La materia del governo del territorio, oggetto di legislazione concorrente ai sensi dei commi terzo e quarto dell’articolo 117 della Costituzione, concerne la disciplina delle tutele, degli assetti, delle trasformazioni e delle utilizzazioni del territorio e degli immobili che lo compongono.

Con i principi fondamentali determinati dalla legislazione dello Stato in materia di governo del territorio sono coordinati quelli nelle materie di protezione civile, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, ordinamento della comunicazione, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, valorizzazione dei beni culturali e ambientali, parimenti oggetto di legislazione concorrente ai sensi dei commi terzo e quarto dell’articolo 117 della Costituzione.

L’esercizio della potestà legislativa delle Regioni nella materia del governo del territorio si svolge nel rispetto, oltreché della Costituzione e dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, dei principi fondamentali suindicati, nonché delle disposizioni della legislazione dello Stato nelle materie in cui quest’ultimo ha competenza esclusiva, con particolare riferimento:

- alle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;

- alla tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

- all’ordinamento civile e penale;

- alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

- alla tutela della concorrenza e alla perequazione delle risorse finanziarie.

1. Al governo del territorio si provvede, oltre che con norme legislative e regolamentari, esclusivamente con strumenti di pianificazione, formati ai sensi delle leggi.

Gli strumenti di pianificazione sono rivolti a regolare tutte le trasformazioni, fisiche o funzionali, del territorio e degli immobili che lo compongono, nonché le azioni suscettibili, singolarmente o nei loro effetti cumulativi, di indurre tali trasformazioni, e a conferire a tali trasformazioni e azioni coerenza, in relazione sia alla loro collocazione nello spazio che alla loro successione nel tempo.

Gli atti delle pubbliche amministrazioni concernenti le trasformazioni e le azioni suindicate devono essere conformi a strumenti di pianificazione, ovvero inseriti in essi secondo procedimenti che ne preservino le coerenze, e che rispettino gli elementi essenziali di quelli ordinari di formazione e variazione dei medesimi strumenti di pianificazione. Fanno eccezione unicamente gli atti assunti nei casi di straordinaria necessità di provvedere, con interventi urgenti, alla difesa militare o alla sicurezza della Nazione, ovvero a prevenire il verificarsi di calamità naturali, di catastrofi e di altri eventi calamitosi, o di rimediare ai suddetti eventi, e comunque nel rispetto delle specifiche norme legislative.

2. Il governo del territorio compete esclusivamente a pubbliche autorità.

La formazione degli strumenti di pianificazione spetta ordinariamente agli enti territoriali: Stato, Regioni, Province o Città metropolitane, Comuni.

Il riconoscimento delle competenze pianificatorie delle Province, delle Città metropolitane, dei Comuni, è operato dalla legislazione dello Stato anche con riferimento alla sua competenza esclusiva di definizione delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane.

La legislazione dello Stato e quella regionale possono attribuire competenze nel campo della formazione di strumenti di pianificazione specialistica o settoriale, attinenti la difesa del suolo, le aree naturali protette, l’erogazione di servizi di interesse collettivo, e simili, ad altre autorità pubbliche, che si configurino come organi misti, con la concorrenza di diversi enti territoriali, fermo restando che anche in tali casi la competenza decisionale finale deve spettare all’ente territoriale nella cui circoscrizione rientri l’intero ambito oggetto dello specifico strumento di pianificazione.

La legislazione dello Stato e quella regionale, nell’ambito delle rispettive competenze, specificano i casi di prevalenza dei suddetti strumenti di pianificazione specialistica o settoriale sugli ordinari strumenti di pianificazione e le modalità di adeguamento di questi ultimi alle disposizioni dei primi. Sono altresì specificati i casi in cui il raggiungimento di intese con le autorità pubbliche competenti conferisca agli ordinari strumenti di pianificazione delle Regioni, delle Province o Città metropolitane, dei Comuni, le valenze e le efficacie dei suddetti strumenti di pianificazione specialistica o settoriale.

La legislazione dello Stato e quella regionale, nell’ambito delle rispettive competenze, definiscono comunque i procedimenti tecnici e decisionali di formazione di tutti gli strumenti di pianificazione così da conferire a tali procedimenti la massima unitarietà, attraverso il concorso, in termini di leale collaborazione, di tutte le pubbliche autorità cui siano riconosciuti ruoli, anche differenziati, in relazione agli oggetti degli specifici strumenti di pianificazione considerati.

In ogni caso la definitiva approvazione degli strumenti di pianificazione, da parte del soggetto pubblico pianificatore, è subordinata solamente alla condizione sospensiva della verifica della loro conformità agli strumenti di pianificazione cui è conferita dalle leggi efficacia prevalente. Tale conformità è, di norma, verificata mediante conferenze di amministrazioni.

3. Le attività di governo del territorio hanno per obiettivi prioritari le tutele dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio stesso, da assumere quali condizioni di ogni ammissibile scelta di trasformazione, fisica o funzionale, nonché il conferimento al medesimo territorio, e in particolare al sistema insediativo antropico, di più elevati caratteri di qualità, formale e funzionale, al fine di perseguire uno sviluppo sostenibile, nonché la massima coesione sociale e un sempre maggiore benessere individuale e collettivo.

4. La legislazione regionale può disporre che la pianificazione si esprima attraverso strumenti, o componenti dei medesimi strumenti, aventi efficacia conformativa delle facoltà di operare trasformazioni, fisiche e funzionali, degli immobili, connesse al diritto di proprietà sui medesimi, e strumenti, o componenti dei medesimi strumenti, non aventi tale efficacia, ma soltanto valenza di direttive vincolanti rivolte a successivi atti pianificatori aventi la predetta efficacia conformativa.

5. Le regole conformative delle facoltà di operare trasformazioni, fisiche e funzionali, degli immobili, dettate dagli strumenti di pianificazione, con riferimento alle articolazioni del territorio, o alle categorie di elementi territoriali, definite dai medesimi strumenti, possono essere variate discrezionalmente, seppure motivatamente, dagli strumenti stessi, secondo i procedimenti stabiliti dalle leggi.

Le predette facoltà non possono essere soppresse o modificate dalle variazioni degli strumenti urbanistici soltanto ove sia stato ottenuto il provvedimento abilitativo a operare le trasformazioni, e i relativi lavori abbiano inizio entro un periodo di tempo predeterminato dalle leggi.

6. Le trasformazioni, fisiche e funzionali, degli immobili, sono effettuabili, di norma, previo ottenimento, anche tacito, di un titolo abilitativo comunale.

L’ottenimento dei titoli abilitativi relativi alle trasformazioni, fisiche e funzionali, suscettibili di variare il carico urbanistico puntuale e le necessità di dotazioni di opere di urbanizzazione e di spazi per servizi pubblici e per la fruizione collettiva, è subordinato al versamento di un corrispettivo commisurato ai costi effettivi di realizzazione delle suddette dotazioni.

7. Trasformazioni del territorio non urbanizzato, sia a prevalenza di naturalità che oggetto di attività colturali, al fine di realizzare nuovi insediamenti di tipo urbano, o ampliamenti di insediamenti esistenti, ovvero nuovi elementi infrastrutturali, possono essere definite ammissibili o prescritte dagli strumenti di pianificazione soltanto ove non sussistano alternative consistenti in trasformazioni volte al riuso degli insediamenti ovvero delle infrastrutture esistenti.

Il territorio non urbanizzato, sia a prevalenza di naturalità che oggetto di attività colturali, individuato dagli strumenti di pianificazione come non interessabile da nuovi insediamenti di tipo urbano, o da ampliamenti di insediamenti esistenti, è qualificato bene ambientale in forza di legge, conseguendone ogni relativo effetto. In tale territorio la legislazione regionale, le norme regolamentari, gli strumenti di pianificazione, non possono ammettere nuove edificazioni, demolizioni e ricostruzioni, consistenti ampliamenti di manufatti edilizi esistenti, se non con esclusivo riferimento ai manufatti edilizi strettamente funzionali all’esercizio delle attività agro-silvo-pastorali ed eventualmente delle attività escursionistiche, nonché alle opere di difesa del suolo e di tutela dell’ambiente e alle infrastrutture alle condizioni suindicate.

8. I provvedimenti abilitativi comunali relativi a trasformazioni, fisiche o funzionali, di beni ambientali, ove siano conformi a disposizioni immediatamente precettive e operative della pianificazione comunale che, anche in adeguamento a strumenti di pianificazione provinciale e regionale, siano state definite d’intesa con la competente Soprintendenza, costituiscono provvedimenti definitivi. In tali casi non trovano applicazione i poteri di controllo e di annullamento riconosciuti all’amministrazione statale per i beni culturali.

9. In forza della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dei beni culturali, sono qualificati come tali, per effetto dell’essere individuati dagli strumenti di pianificazione delle Regioni, delle Province o Città metropolitane, dei Comuni, nell’ambito delle rispettive competenze, d’intesa con la competente Soprintendenza:

- gli insediamenti urbani storici e le strutture insediative storiche non urbane, le addizioni urbane aventi un impianto urbanistico significativo, le strutture insediative, anche minori o isolate, che presentino, singolarmente o come complesso, valore di testimonianza di civiltà, nonché le rispettive zone di integrazione ambientale;

- le unità edilizie, e gli spazi scoperti, siti in qualsiasi altra parte del territorio, aventi riconoscibili e significative caratteristiche strutturali, tipologiche e formali, ovvero, comunque, costituenti esemplari significativi, sotto il profilo del valore artistico o anche soltanto dell’interesse testimoniale, della cultura architettonica.

Resta ferma la competenza della Soprintendenza di integrare le predette individuazioni con propri provvedimenti amministrativi.

Le trasformazioni ammissibili e le utilizzazioni compatibili degli immobili suindicati sono disciplinate dagli strumenti di pianificazione delle Regioni, delle Province o Città metropolitane, dei Comuni, nell’ambito delle rispettive competenze, come definite dalla legislazione regionale. Laddove e nella misura in cui siano oggetto di disposizioni immediatamente precettive e operative definite d’intesa con la competente Soprintendenza, i provvedimenti abilitativi comunali conformi a tali disposizioni tengono luogo delle speciali autorizzazioni dell’amministrazione statale dei beni culturali richiesti dalle vigenti norme di legge.

10. Non danno luogo a obbligo di corrispondere indennizzi le limitazioni alle trasformazioni fisiche ammissibili e alle utilizzazioni compatibili degli immobili, anche comportanti totale immodificabilità, disposte dagli strumenti di pianificazione, ovvero da altri atti amministrativi producenti effetti nel governo del territorio, dello Stato, delle Regioni, delle Province o Città metropolitane, dei Comuni, nell’ambito delle rispettive competenze, per finalità di tutela dell’identità culturale e dell’integrità fisica del territorio, nonché in conseguenza del riconoscimento delle caratteristiche intrinseche degli immobili considerati, sotto il profilo dell’interesse culturale, oppure sotto il profilo delle condizioni di fragilità o di pericolosità.

11. Non danno parimenti luogo a obbligo di corrispondere indennizzi le limitazioni alle trasformazioni fisiche ammissibili e alle utilizzazioni compatibili degli immobili, anche comportanti totale immodificabilità, disposte dagli strumenti di pianificazione, ovvero da altri atti amministrativi producenti effetti nel governo del territorio, dello Stato, delle Regioni, delle Province o Città metropolitane, dei Comuni, nell’ambito delle rispettive competenze, con riferimento a intere categorie di immobili che si trovino in predefinite relazioni con altri immobili, ovvero con interessi pubblici preminenti (come nel caso delle fasce di rispetto delle strade, delle ferrovie, degli aeroporti, e simili).

12. Non danno infine luogo a obbligo di corrispondere indennizzi le regole conformative delle trasformazioni fisiche ammissibili e delle utilizzazioni compatibili degli immobili, pure se fortemente differenziate nelle diverse articolazioni del territorio riconosciute o definite dalla pianificazione, disposte dagli strumenti di pianificazione, ovvero da altri atti amministrativi producenti effetti nel governo del territorio, dello Stato, delle Regioni, delle Province o Città metropolitane, dei Comuni, nell’ambito delle rispettive competenze, nell'esercizio del potere di disciplinare il godimento della proprietà privata per assicurarne la funzione sociale, e comunque al fine di perseguire assetti del territorio, e in particolare del sistema insediativo antropico, dotato delle volute qualità, formali e funzionali.

13. Gli immobili esattamente individuati dagli strumenti di pianificazione che siano dagli stessi assoggettati a disposizioni immediatamente precettive e operative che comportino la loro utilizzazione solamente per funzioni pubbliche o collettive, attivabili e gestibili soltanto dal soggetto pubblico competente, devono essere acquisite dal predetto soggetto pubblico entro il termine perentorio di dieci anni dalla data di entrata in vigore delle suindicate disposizioni.

Decorso inutilmente il suddetto termine, gli immobili sono acquisiti in forza di legge al patrimonio del soggetto pubblico competente. I proprietari di tali immobili hanno diritto a una somma pari all’indennità di espropriazione determinata ai sensi delle leggi con riferimento al momento del perfezionamento del loro acquisto da parte del soggetto pubblico. Tale diritto si estingue a norma dell’articolo 2946 del codice civile. La somma suindicata è rivalutata di anno in anno con riferimento alla data della sua liquidazione, in base alle intervenute variazioni dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati accertate dall’ISTAT. Sulla somma rivalutata di anno in anno sono dovuti gli interessi, in misura pari a quella del tasso di sconto, fino alla data della liquidazione.

Gli strumenti di pianificazione possono stabilire che non abbia applicazione quanto sopra sancito, laddove l’attivazione delle destinazioni d’uso imposte agli immobili, anche se per funzioni pubbliche o collettive, non comporti necessariamente la loro preventiva acquisizione, e la loro gestione, da parte del soggetto pubblico competente, trattandosi di utilizzazioni per loro natura attivabili e gestibili nell’ambito dell’ordinaria iniziativa economica privata, pur se regolata da convenzioni che garantiscano gli obiettivi di interesse generale.

Può essere prevista, dalla legislazione regionale e dagli strumenti di pianificazione, la permuta degli immobili destinati a funzioni pubbliche o collettive con immobili di proprietà del soggetto pubblico competente suscettibili, secondo gli strumenti di pianificazione, di trasformazioni e utilizzazioni nell’ambito dell’ordinaria iniziativa economica privata, e di valore equivalente a quello che sarebbe stato conferito agli immobili destinati a funzioni pubbliche o collettive dall’entità e dalla qualità delle utilizzazioni definite ammissibili dagli strumenti di pianificazione nell’articolazione del territorio nella quale ricadono questi ultimi immobili.

Può altresì essere previsto, dalla legislazione regionale e dagli strumenti di pianificazione, il trasferimento, ad altri immobili di proprietà del medesimo soggetto, dell’effettuabilità di trasformazioni di entità e qualità equivalenti a quelle definite ammissibili dagli strumenti di pianificazione nell’articolazione del territorio nella quale ricadono gli immobili destinati a funzioni pubbliche o collettive, quale compensazione della cessione gratuita di questi ultimi immobili al soggetto pubblico competente alla loro utilizzazione e gestione.

14. In forza della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, la legislazione dello Stato determina i requisiti quantitativi, qualitativi e relazionali inderogabili delle dotazioni di opere di urbanizzazione e di spazi per servizi pubblici e per la fruizione collettiva che devono essere assicurate negli strumenti di pianificazione delle Regioni, delle Province o Città metropolitane, dei Comuni, nell’ambito delle rispettive competenze.

15. Gli strumenti di pianificazione dello Stato individuano, tra l’altro, l’insieme delle grandi opere di rilevanza sovraregionale di competenza dello Stato medesimo. La definizione della localizzazione, o del tracciato, nonché delle caratteristiche, di tali opere, è effettuata mediante conferenze di amministrazioni.

16. Le trasformazioni degli assetti morfologici del sistema insediativo, quali i nuovi impianti urbanizzativi ed edificatori, le ristrutturazioni urbane con demolizione e ricostruzione di ingenti quantità di manufatti edilizi esistenti e modificazione della maglia insediativa, e simili, devono essere disciplinate da strumenti di pianificazione specificamente e unitariamente riferiti agli ambiti territoriali interessati dalle predette trasformazioni.

Tali strumenti di pianificazione garantiscono la massima perequazione tra gli eventuali diversi proprietari degli immobili compresi negli ambiti ai quali si riferiscono. La partecipazione ai benefici e ai gravami conferiti ai predetti immobili dagli strumenti di pianificazione è definita in misura proporzionale alle superfici dei suoli, e a quelle degli edifici eventualmente esistenti, appartenenti ai diversi proprietari.

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