Il manifesto, 6 luglio 2016 (p.d.)
Nomi Bergoglio non ne fa, ma sul banco degli imputati siedono i principali governi occidentali e i Paesi della Nato, che per anni hanno venduto armi alla Siria e da un po’ di tempo le vendono agli oppositori di Assad (fra cui si annidano anche gli jhiadisti dell’Isis e di Al Qaeda), ma anche la Russia di Putin. E qualche giorno fa il New York Times ha rivelato che una grande quantità di armi che la Cia – in collaborazione con i sauditi – aveva destinato ai ribelli siriani contro il regime di Assad è stata rubata dai servizi segreti giordani e collocata sul mercato nero.
Si tratta di una guerra, ricorda il papa nel videomessaggio, «oramai entrata nel suo quinto anno. È una situazione di indicibile sofferenza di cui è vittima il popolo siriano, costretto a sopravvivere sotto le bombe o a trovare vie di fuga verso altri Paesi». E a questo proposito la Rete italiana per il disarmo rilancia il rapporto della ong olandese Stop Wapenhandel («Border wars») che denuncia come «le principali aziende europee di armamenti coinvolte nella vendita di sistemi militari al Medio Oriente sono le stesse aziende che stanno traendo profitti dalla crescente militarizzazione delle frontiere dell’Unione europea». Insomma un affare doppio.
Non è la prima volta che papa Francesco denuncia il commercio internazionale delle armi come causa prima delle guerre. E non è la prima volta che interviene sulla Siria, da quando, nel settembre 2013, alla vigilia di quello che sembrava un imminente attacco occidentale alla Siria di Assad, scrisse a Putin (contrario all’azione militare) che presiedeva un G20 a San Pietroburgo per chiedere ai capi di Stato e di governo di abbandonare «ogni vana pretesa di una soluzione militare» contro Damasco; e pochi giorni dopo promosse una giornata di digiuno e una grande veglia per la pace in piazza San Pietro che contribuì a fermare l’intervento armato.
«Appelli puntualmente inascoltati – spiega Giorgio Beretta (Rete disarmo) – le responsabilità sono tutte dei governi occidentali che continuano a vendere armi nonostante siano ben coscienti delle continue violazioni dei diritti umani in Medio Oriente. Se vogliamo fermare le guerre, il primo passo è la trasparenza e un controllo rigoroso sull’export di armamenti, che invece è in aumento, come confermano i recenti contratti firmati da Finmeccanica e Fincantieri» Ancora papa Francesco: «Non c’è una soluzione militare per la Siria, ma solo una politica. La comunità internazionale deve sostenere i colloqui di pace verso la costruzione dì un governo di unità nazionale. La pace in Siria è possibile!».