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Massimo L. Salvadori
Il nodo irrisolto della questione morale
14 Febbraio 2007
Articoli del 2006
Un pericoloso filo rosso attraversa la storia italiana, un cancro che mina le basi della nostra democrazia. Da la Repubblica, 27 giugno 2006 (m.p.g.)

In un passo della Storia d´Italia dal 1871 al 1915 Croce - a commento delle clamorose vicende a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90 dell´Ottocento legate allo scandalo della Banca Romana e ai suoi molteplici sviluppi politici e giudiziari che avevano profondamente turbato l´opinione pubblica, rivelando una vasta trama corruttiva la quale, una volta messo in luce il coinvolgimento di ambienti finanziari, uomini di governo, parlamentari, funzionari, giornalisti, si era conclusa con la riforma del disordinato sistema bancario grazie alla creazione della Banca d´Italia nel 1893 - scriveva quanto segue. Che i fenomeni corruttivi sono «cose di tutti i tempi e di tutti i paesi», che «in certi tempi e in certi paesi si addensano e scoppiano in modo grave», e che «il male vero si ha» quando essi «non danno luogo alla reazione della coscienza onesta, e al castigo e alla correzione». Croce riteneva che lo scandalo romano si fosse chiuso infine positivamente con la riforma bancaria, senza però mostrare sensibilità per il fatto che la magistratura, soggiacendo alle pressioni politiche, avesse ridotto l´opera della giustizia a un colabrodo. Il che aveva invece ben colto, proprio nel corso di quegli eventi, Giolitti, trascinato anch´egli nel ciclone. Il quale in un lettera rivolta al re Umberto I usò parole di amara lucidità, che sembrano davvero valere oggi come ieri, e che avrebbero potuto e dovuto essere riscritte pressoché ad ogni tornata degli scandali che hanno segnato la storia d´Italia: «L´assolutoria scandalosa di ladri di milioni ha fatto pur troppo una triste reputazione al nostro paese, e ha dimostrato alle classi povere che le leggi penali non raggiungono in Italia i grossi delinquenti. Ora si aggiungerà la prova che i grossi delinquenti in Italia, oltre ad essere assolti, possono con i milioni rubati far processare coloro che li avevano scoperti, denunciati e messi in carcere». Dal canto suo Cavallotti con la Lettera agli onesti di tutti i partiti del giugno 1895, denunciando quella che definiva l´apertura di una vera e propria "questione morale", apriva il primo capitolo di un libro destinato a non chiudersi più. Non poteva egli allora immaginare con il suo appello al fascio degli onesti di essere il precursore di un altro grande bardo della questione morale ovvero di Berlinguer, il quale quasi un secolo dopo, reagendo agli inizi degli anni ‘80 a quelle ondate devastanti e maleodoranti costituite dall´"affare Sindona", dalla bancarotta dei Caltagirone, dalla faccenda dell´Italcasse, dalle truffe dei petrolieri, dal bubbone della P2, avrebbe preso a invocare il governo degli "uomini capaci e onesti dei vari partiti e anche al di fuori di essi".

Ora a dichiarare che ci troviamo di fronte per l´ennesima volta alla questione morale è in prima linea il Presidente della Camera. Ciò che sta alle spalle di questa ultima denuncia è la fitta serie di scandali aventi per oggetto negli ultimi anni, per nominare solo le punte dell´iceberg, le vicende della Cirio, della Parmalat, del gruppo Previti, degli assalti alle banche da parte della compagnia dei "furbetti" con relative complicità in Banca d´Italia, delle società di calcio, della Rai, per arrivare alla tragicommedia degli ultimi Savoia. Tutto ciò avvenuto dopo i grandi atti di corruzione che Tangentopoli aveva portato alla luce: quella Tangentopoli che aveva rotto la tradizionale subalternità della maggior parte della magistratura al mondo dei mali affari, aveva fatto sperare in un profondo risanamento il quale è risultato nulla più se non una breve tregua prima che, dissipatasi l´illusione e superata la paura degli affaristi nel favorevole clima politico del centrodestra al governo, il fiume melmoso riprendesse il suo corso. Unico elemento controcorrente, bisogna dire, è stato il dato di grande significato che i giudici non hanno piegato la schiena, affrontando una lotta frontale con i potenti pronti sempre a seminare la corruzione e a pescare nel torbido.

Dunque, la "questione morale" si presenta come il filo rosso di un´irrisolta questione nazionale. Le scene del teatro cambiano con lo scorrere del tempo, si aggiornano, ma lo sfondo, la sostanza è sempre la stessa. È l´intreccio tra affari e politica, tra dilagante mancanza del senso della legalità e disprezzo dell´etica pubblica, tra l´inesausta e patologica avidità di danaro comunque acquisito e l´uso di qualunque mezzo per ottenerlo. Ma alle spalle di tutto ciò sta, proprio come affermava Giolitti, la convinzione dei delinquenti di poter contare su una diffusa rete di complicità, di essere in grado di far valere gli opportuni ricatti in forza di grandi complicità e chiamate di correo, di riuscire a sfuggire alle giuste pene o comunque, quando inevitabile, di sottostare a pene modeste, lanciando il perverso messaggio che esiste una giustizia per i ricchi e una per i poveri. Così stando le cose, si vede bene che la questione morale è nella sua essenza una questione politica, che l´appello agli onesti è tanto necessario quanto insufficiente, che la piaga della corruzione la si può combattere unicamente per mezzo delle leggi, che le leggi non bastano se non vengono applicate con la forza capace di costituire davvero un deterrente.

Il rinvigorirsi dell´etica privata e pubblica non sarà mai perseguibile senza gli esempi di giustizia che danno credibilità ai buoni propositi. E per questo ci pare di dover dire, in relazione ai progetti di amnistia, che un´amnistia a larghe intese che comprendesse anche i reati di corruzione, di saccheggio delle risorse comuni, rappresenterebbe un messaggio ulteriormente inquinante. Ci pensi il nuovo Guardasigilli, e ci pensi con lui la nuova maggioranza di governo.

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