Nessun taglio, diversamente da quanto annunciato, ai cacciabombardieri F35 americani. Il governo italiano è intenzionato ad andare avanti, nonostante i costi e nonostante le denunce, da parte degli Usa, di numerosi problemi tecnici. Con la spesa in bilancio nel 2014 si potevano mettere in sicurezza 1500 scuole.
wwwSbilancialoci.info, newsletter, 14 marzo 2014
Matteo Renzi si è accorto che tra i tagli possibili ci sono i cacciabombardieri F35 americani. Ma l'annuncio, come nel suo stile, è durato lo spazio di una dichiarazione. Nessun pericolo per la Lockheed Martin e per i generali italiani. Eppure gli F35 sono la sintesi di tutti gli errori possibili, d'Italia e d'Europa. Con la spesa in bilancio nel 2014 si potevano mettere in sicurezza 1500 scuole. Hanno costi enormi e gli stessi vertici Usa ne denunciano i problemi tecnici non risolti. Sono già stati cancellati o ridimensionati da vari paesi, ma l'Italia è determinata ad andare avanti. Riflettono il monopolio militare americano e il fallimento dell'integrazione europea nella difesa. Mettono l'integrazione delle armi in ambito Nato davanti a quella europea.
L'Europa è sempre più "nano politico", ma le sue armi continuano a crescere, al servizio del potere americano, degli interessi geopolitici dei paesi più ambiziosi – Francia e Gran Bretagna innanzi tutto, le due potenze nucleari del continente – e degli apparati militari-industriali di ciascun paese.
Il "nano politico" si è visto all'opera in Ucraina: subalterno alle ambizioni della Nato, con una politica estera ridotta agli accordi commerciali, ma trascinato poi – era già avvenuto nell'ex-Jugoslavia – nei conflitti innescati da frammentazione politica, declino economico e nazionalismi. Ancora peggio è andata in Siria o in Libia: divisioni europee, pressioni sbagliate per interventi militari, nessuna soluzione politica capace di costruire stabilità e democrazia.
Manca – in Europa come in Italia – la politica: l'idea che la sicurezza possa essere assicurata non dalle armi ma dalle relazioni politiche, economiche e sociali tra diversi – tra stati e all'interno degli stati.
Incapace di accrescere la sua statura politica, il "nano" si arma: l'industria militare ha risentito meno di altre della crisi, le esportazioni verso i conflitti del sud del mondo continuano a crescere, nel suo momento più drammatico la Grecia, che stava tagliando tutto, ha confermato l'acquisto dalla Germania di inutili sottomarini militari. Così vediamo una spesa militare che quasi ovunque non è stata fermata dall'austerità: in Italia si stabilizza mentre cadono le spese sociali, le missioni militari all'estero – nuova vocazione nazionale – si moltiplicano, alla ricerca di ruolo internazionale e nuovi affari. Intanto, nei paesi emergenti la tentazione delle armi si diffonde, il sistema militare si rafforza e con esso instabilità e conflitti.
Un'alternativa all'impotenza della politica e al potere del complesso militare-indistriale c'è: una politica più disarmata e più capace di affrontare i conflitti. Al posto degli F35 ci vogliono corpi di pace e servizio civile europeo. Al posto della liberalizzazione commerciale, accordi per sostenere uno sviluppo sostenibile nei paesi vicini all'Europa, all'est come nel Mediterraneo e in Africa. Al posto del cortocircuito mediatico tra poteri autoritari e conflitti violenti, la pratica di più democrazia.