Corriere della Sera e il Sole 24 Ore, 19 febbraio 2016 (m.p.r.)
Corriere della Sera
IL MONITO ALLE DEMOCRAZIE
CHE COSTRUISCONO I MURI
di Massimo Franco
Si sarebbe tentati di dire che il Papa ha scomunicato Trump. Non è così, naturalmente. Semmai, è stato il miliardario statunitense, uno dei candidati repubblicani alla Casa Bianca, a usare parole rozzamente provocatorie nei confronti di Bergoglio.
Dargli dell’agente del governo messicano perché difende i migranti significa non capire né voler capire il ruolo che il Pontefice si assegna. E farlo poche ore dopo che il Papa aveva visitato il muro di separazione tra Usa e Messico a Ciudad Juárez, città-simbolo di sfruttamento e femminicidi, ma anche di economie e di umanità che si incontrano, non poteva non avere effetto.
Ieri, nel volo di ritorno in Italia, Francesco ha replicato dicendo che Trump «non è cristiano» perché vuole costruire barriere e non ponti. Parole ruvide, in linea con la tempra argentina del pontefice. La campagna presidenziale negli Usa non c’entra nulla, però. Anche se il candidato ha già cominciato a sfruttare l’attacco a proprio favore. Sa che tra i conservatori Usa circola l’accusa di criptocomunismo verso un Papa latinoamericano che, in realtà, nella sua Argentina era accusato dai teologi della liberazione di essere antimarxista. E gli si attribuisce una vena «antiyankee», che qualcuno avrà intravisto nella storica riconciliazione tra Vaticano e Patriarcato ortodosso a Cuba.
Eppure, Francesco non ha abbracciato i vecchi regimi castristi del Sud America. Semmai, ha preso atto della loro capitolazione e della loro subalternità alla «pax bergogliana» che si diffonde in tutto il loro continente australe. Il suo giudizio sferzante è rivolto incidentalmente a Trump. In realtà, suona come monito all’Occidente americano e europeo nel loro complesso. La volontà del Papa è di ribadire la pericolosità di una cultura dei muri che denuncia la debolezza, non la forza delle grandi democrazie. Magari fa prendere qualche voto in più, ma sulle macerie della solidarietà. E distrugge le radici di una società sempre più bisognosa di meticciato.
L’insofferenza verso un atteggiamento così inclusivo non si registra soltanto nel candidato repubblicano. Trump è il capofila di un populismo in ascesa: una filiera culturale che ha epigoni in molti Paesi dell’Europa orientale, soprattutto; ma anche in Francia, Italia, Danimarca, Scandinavia. Ed esprime un risentimento e un odio verso lo «straniero» che nascono dalla paura e dall’insicurezza economica; che piegano o almeno ipotecano in senso xenofobo le priorità dei governi; e seminano veleni nelle stesse Chiese, alimentando la deriva verso un «cristianesimo etnico» che usa la religione per discriminare i migranti.
Senza analizzare questo sfondo, le parole papali sono condannate al fraintendimento, a sospetti di ingerenza abbastanza surreali. Rischia di far rumore anche il suo accenno poco bellicoso alle polemiche sulle unioni civili. Francesco ieri si è limitato a sostenere che «il Papa non si immischia nella politica italiana». Ha riferito di avere detto ai vescovi: «Arrangiatevi voi». Sul tema delle unioni omosessuali non ha glissato e nemmeno infierito: «Io penso quello che la Chiesa ha sempre detto». Le sue risposte confermano un atteggiamento che può dispiacere, eppure denota una forte coerenza. Bergoglio ha cambiato il punto d’osservazione della Chiesa cattolica, non la sua dottrina.
Ponendo l’accento su alcuni temi invece che su altri, spiazza in primo luogo l’episcopato e l’opinione pubblica occidentali: in particolare in un’Italia abituata per decenni a papi interventisti anche nelle vicende politiche. Oggi, almeno da parte del pontefice, questo non c’è più. L’attenzione si concentra su questioni sociali filtrate con lenti «sudiste» e sensibili alle ragioni degli esclusi. L’impressione è che per Francesco l’Occidente sia quasi da rieducare: una ricca terra di missione. E Trump diventa la metafora di un cristianesimo egoista e razzista che per il Papa rappresenta un ossimoro inaccettabile.
Corriere della Sera
IL PAPA: TRUMP NON È CRISTIANO
di Gian Guido Vecchi
Dal volo papale. Sono passate poche ore da quando Francesco, a Ciudad Juárez, ha salutato e benedetto i migranti oltre il Rio Grande e la rete metallica che divide Messico e Stati Uniti. Si torna a Roma, il Papa raggiunge in fondo all’aereo i giornalisti che lo hanno seguito fino al confine e per un’ora risponde a tutte le domande, anche le più scomode, come quando elogia il coraggio di Ratzinger nella lotta alla pedofilia con parole che fanno capire le resistenze che subì in Curia. Anzitutto, però, c’è il tema che ha segnato il viaggio.
Santità, a Ciudad Juárez ha parlato di immigrazione. Uno dei candidati alla Casa Bianca, Donald Trump, ha detto che lei è un uomo politico e forse una pedina del governo messicano. Dice di voler costruire 2.500 chilometri di muro e deportare 11 milioni di immigrati illegali. Cosa ne pensa di queste accuse? E un cattolico americano può votarlo?
«Grazie a Dio, ha detto che sono politico: Aristotele ha definito la persona umana come “animale politico”, almeno sono una persona umana! Pedina? Mah, forse, non so, lo lascio al giudizio della gente. E poi una persona che pensa soltanto a fare muri e non ponti, non è cristiana. Questo non è nel Vangelo. Quanto a votare o non votare, non m’immischio. Dico solo: quest’uomo non è cristiano, se dice così. Bisogna vedere se ha detto così, perciò do il beneficio del dubbio».
In Italia si discute di unioni civili. Qual è il suo pensiero, in particolare sulle adozioni?
«Prima di tutto, non so come stanno le cose nel Parlamento italiano. Il Papa non si immischia nella politica italiana. Nella prima riunione coi vescovi italiani, a maggio del 2013, una delle cose che ho detto è stata: col governo italiano arrangiatevi voi, perché il Papa è per tutti e non può mettersi nella politica interna di un Paese. Questo non è il ruolo del Papa. L’Italia non è il primo Paese che fa questo, sono tanti. Io penso ciò che la Chiesa ha sempre detto».
Un documento dell’Ex Sant’Uffizio del 2003 dice che i parlamentari cattolici non devono votare queste leggi. Ha ancora valore?
«Io non ricordo bene quel documento, ma un parlamentare cattolico deve votare secondo la propria coscienza ben formata. Direi solo questo, credo sia sufficiente. E dico “ben formata”, perché non è la coscienza del “quello che mi pare”. Quando a Buenos Aires è stato votato il matrimonio delle persone dello stesso sesso, e c’era il pareggio di voti, un parlamentare disse: “Preferisco dare il voto alla Kirchner e non a Bergoglio!”. Questa non è coscienza ben formata. Sulle persone dello stesso sesso, ripeto ciò che ho detto al ritorno da Rio de Janeiro e che è nel Catechismo della Chiesa Cattolica».
Il carteggio fra Giovanni Paolo II e la filosofa Anna Tymieniecka: un Papa può avere una relazione così intima con una donna?
«Di questo rapporto di amicizia si sapeva, i libri di lei sono conosciuti, lui era un uomo inquieto… A un uomo che non riesce ad avere un buon rapporto di amicizia con una donna, manca qualcosa. Un rapporto amoroso con una donna che non sia tua moglie è peccato. Un’amicizia con una donna non è peccato. Il Papa è un uomo, e ha bisogno anche del pensiero delle donne. Anche il Papa ha un cuore che può avere una amicizia sana e santa con una donna. Ci sono santi amici, come Francesco e Chiara… Ma le donne non sono ben considerate, non abbiamo capito il bene che una donna può fare alla vita di un prete e della Chiesa, nel senso di consiglio, aiuto, sana amicizia».
Per il virus Zika, alcune autorità hanno proposto alle donne di abortire o evitare la gravidanza. Per la Chiesa in questi casi c’è un male minore?
«L’aborto non è un male minore, è un crimine. È far fuori, come fa la mafia. Un male assoluto. Riguardo al “male minore”, evitare la gravidanza è un caso. Il grande Paolo VI, in una situazione difficile in Africa, ha permesso alle suore di usare contraccettivi per i casi di violenza. L’aborto non è un problema teologico ma umano, medico, un male in se stesso, si uccide contro il giuramento di Ippocrate. Invece evitare la gravidanza non è un male assoluto e in certi casi, come quello del beato Paolo VI, era chiaro. Io esorterei i medici a trovare vaccini, cure».
Sembra che l’unità europea vada in pezzi, la crisi, i rifugiati…
«Non so chi la approvi o no, ma ho sentito una parola che mi è piaciuta: la “rifondazione” dell’Europa. E ho pensato ai grandi padri. Oggi dov’è uno Schumann? Un Adenauer? I grandi che nel dopoguerra hanno fondato l’Ue? Mi piace questa idea della rifondazione, magari si potesse fare. Perché l’Europa ha una forza, una cultura, una storia che non si può sprecare».
In Messico il caso di padre Maciel (fondatore pedofilo dei Legionari di Cristo) ha lasciato eredità pesanti. Le vittime della pedofilia non si sentono protette, si cambia di parrocchia i sacerdoti coinvolti. Che ne pensa?
«Un vescovo che per questo cambia di parrocchia un prete è un incosciente e la cosa migliore che possa fare è dimettersi, presentare la rinuncia. Nel caso Maciel, bisogna rendere omaggio a chi si è opposto a tutto questo, il cardinale Joseph Ratzinger - un applauso per lui! - che ha raccolto la documentazione sul caso e come cardinale prefetto (dell’ex Sant’Uffizio, ndr ) ha fatto le indagini, ed è andato avanti ma non ha potuto andare oltre nell’esecuzione. Però dieci giorni prima della morte di San Giovanni Paolo II, durante la Via Crucis, Ratzinger disse che bisognava pulire la sporcizia della Chiesa. E lo stesso nella messa Pro eligendo Pontifice: non è uno sciocco, sapeva di essere un candidato, ma non gli importò di mascherare la sua posizione. È stato l’uomo coraggioso che ha aiutato tanti ad aprire la porta. Rendo grazie a Dio perché questa pentola è stata scoperchiata, bisogna continuare. Gli abusi sono una mostruosità, perché un sacerdote è consacrato per portare un bimbo a Dio e invece se lo mangia in un sacrificio diabolico, lo distrugge».
Come può la Chiesa perdonare più facilmente un assassino di chi divorzia e si risposa?
«Mi piace la domanda! Nel documento post-sinodale, che uscirà forse prima di Pasqua, si riprende ciò che il Sinodo ha detto sulle famiglie ferite. La parola chiave che riprenderò è “integrare” nella vita delle Chiesa le famiglie ferite».
Potranno fare la comunione?
«Questa è l’ultima cosa. È un lavoro di integrazione, tutte le porte sono aperte, ma non si può dire “d’ora in poi possono fare la comunione”. Sarebbe una ferita anche ai coniugi, perché non fa compiere loro quella strada di integrazione. Se c’è qualcosa di più, il Signore lo dirà loro, ma è un cammino, una strada».
Il Patriarca Kirill l’ha invitata a Mosca?
«Ciò che abbiamo detto in pubblico è quello che si può dire del colloquio privato. Ma posso dirle che io ne sono uscito felice, e anche lui».
Incontrerà il «papa sunnita» di Al Azhar?
«Io voglio e so che a lui piacerebbe, stiamo cercando il modo. Quella è la strada, ce la faremo».
Quali viaggi sogna?
«La Cina. Mi piacerebbe tanto andare là!».
Ha pregato a lungo davanti alla Madonna di Guadalupe, che cosa le ha chiesto?
«Ho pregato per la pace, per tante cose... La poverina ha finito con una testa così! Ho chiesto perdono, che la Chiesa cresca sana, ho pregato per il popolo messicano... Ma poi, le cose che un figlio dice alla mamma sono segrete».
Il Sole 24 Ore
«UNIONI CIVILI? NON MI IMMISCHIO. SE TRUMP ALZA MURI NON è CRISTIANO»
di Carlo Marroni
Sul volo Ciudad Juarez.Roma. Il volo da Ciudad Juarez a Roma chiude il viaggio in Messico. Ma Francesco, nella conferenza stampa che tiene al termine di ogni missione, apre altri “fronti”, come il giudizio sulle posizioni espresse dal magnate Usa e candidato repubblicano Donald Trump («fare muri non è cristiano»). E, sulle vicende italiane, chiarisce qual è la sua posizione sulle unioni civili: «Non mi immischio, si voti secondo coscienza».
Parla più di un’ora il Pontefice al termine di una settimana tra Cuba e Messico destinata a lasciare una traccia profonda.Cosa pensa delle regolamentazione delle unioni civili e del capitolo più controverso delle adozioni? «Prima di tutto io non so come stanno le cose nel Parlamento italiano, il Papa non s’immischia nella politica italiana. - dice Bergoglio - Nella prima riunione che ho avuto con i vescovi nel maggio 2013 ho detto loro: con il Governo italiano arrangiatevi voi. Il Papa non si mette nella politica concreta di un Paese. L’Italia non è il primo paese che fa questa esperienza. Quanto al mio pensiero, io penso quello che la Chiesa sempre ha detto su questo tema». E la Chiesa ha sempre detto che il matrimonio è tra un uomo e una donna, anche se da tempo si è aperto un dibattitto sul riconoscimento progressivo dei diritti per altre forme di unione.
Ma la questione è complessa, e già nel 2003 un documento della Congregazione per la dottrina della Fede disse che di fronte a scelte come questa i parlamentari cattolici devono votare contro. «Non ricordo bene quel documento – risponde il Papa - ma un parlamentare cattolico deve votare secondo la propria coscienza ben formata, questo direi, soltanto questo, è sufficiente, e parlo di coscienza ben formata, cioè non quello che mi sembra o che mi pare». Papa Francesco ricorda una storia argentina quando fu votato il matrimonio fra persone dello stesso sesso: «I voti erano pari allora un parlamentare ha consigliato all'altro: “Tu ci vedi chiaro?”. “No”. “Neanch'io, pero così perdiamo. Se non andiamo a votare non si raggiunge il quorum, ma se raggiungiamo il quorum diamo i voto a Kirchner (l’ex presidenta della Repubblica, ndr). Preferisco darlo a Kirchner e non a Bergoglio, e andiamo!”. Questa non è una coscienza ben formata».
Poi il capitolo Trump, che in un’intervista ha detto che il Papa è un politico, peggio, una «pedina» del governo messicano per le politiche migratorie, e ha aggiunto di voler costruire un muro di 2.500 chilometri e voler deportare 11 milioni di illegali. Un cattolico americano - è stato chiesto – può votarlo? «Grazie a Dio ha detto che io sono politico, perché Aristotele definisce la persona umana come “animale politico”, e questo significa che almeno io sono una persona umana. Io una pedina? Mah, lo lascio al vostro giudizio e al giudizio della gente. Una persona che pensa solo a fare muri e non ponti, non è cristiana. Questo non è nel Vangelo. Votarlo o non votarlo? Non mi immischio, soltanto dico che quest'uomo non è cristiano, se ha parlato così».
Le parole del Papa, trasmesse poco dopo l’atterraggio, sono arrivate subito a Trump, che ha replicato: «Per un leader religioso mettere in dubbio la fede di una persona è vergognoso. Io sono orgoglioso di essere cristiano e come presidente non permetterò alla cristianità di essere continuamente attaccata e indebolita, proprio come sta avvenendo adesso, con l'attuale presidente» americano. E ancora: «Stanno usando il Papa come una pedina, e dovrebbero vergognarsi di farlo. Tutti sanno che l’obiettivo ultimo dell’Isis è attaccare il Vaticano. E il Papa dovrebbe pregare che Donald Trump diventi presidente, perché così questo non accadrà».
Ma la conferenza stampa di ieri ha nei fatti aperto altri “varchi”, quantomeno di riflessione. Come sull’aborto: alla domanda se per evitare gli effetti del virus Zika si possa ricorrere ad aborto o contraccezione per le donne in gravidanza, il Papa ha detto che l’aborto è un «crimine, è fare quello che fa la mafia» ma «evitare la gravidanza non è un male assoluto in certi casi». Ricorda come Paolo VI in una situazione difficile in Africa, ha permesso alle suore di usare gli anticoncezionali per i casi di violenza. «Non si deve confondere il male di evitare la gravidanza con l'aborto».
Molti altri gli argomenti toccati, dalla Cina («Sogno di andarci») al rapporto con gli ortodossi, dal Messico alle lettere di Giovanni Paolo II a una sua amica filosofa («un'amicizia non è peccato»). E poi torna sulla piaga della pedofilia nella Chiesa e al caso di Macial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo che commise abusi. «Innanzitutto, un vescovo che cambia di parrocchia un prete che ha commesso abusi sui minori è un incosciente, è meglio che rinunci. Chiaro!» dice con forza e aggiunge: «Nel caso Maciel bisogna fare un omaggio a colui che si è opposto a tutto questo, il cardinale Ratzinger, un uomo che ha presentato tutta la documentazione sul caso Maciel e come Prefetto ha fatto l’indagine, ha raccolto tutta la documentazione e poi non ha potuto andare oltre nella sua messa in pratica».