"La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione"
(articolo 9 della Costituzione repubblicana del 1948)
Il nostro paesaggio è la nostra storia, la nostra identità, la nostra anima profonda. Ogni ferita al nostro territorio e alle nostre città è una ferita inferta a noi stessi, alla nostra memoria collettiva, a qualcosa di inestimabile che abbiamo creato nel tempo e con cui abbiamo convissuto di generazione in generazione, attraverso i secoli. Ferire a morte quest’eredità delicata e preziosa non è solo un “cruccio” culturale, ma anche un calcolo economico miope e dissennato. Il ritorno ciclico del condono edilizio non rappresenta solamente un eccellente viatico per ogni illecito ed abuso, non solo favorisce il ritorno della legge della giungla a scapito dello stato di diritto, non solo punisce i cittadini onesti e premia chi costruisce in spregio ai vincoli urbanistici, alle norme ambientali, alle regole antisismiche, ma dimostra soprattutto l’incapacità dei nostri governanti d’imparare dagli errori del passato, di comprendere fino in fondo che preservare il nostro paesaggio è di straordinario significato e valore anche per l’economia del paese.
Questo treno in corsa può ancora essere fermato. I danni creati dal nefasto “effetto annuncio”, protrattosi per più di un anno, sono già stati in parte quantificati. Se lo Stato intende veramente incamerare delle risorse allora la strada maestra non è quella del condono – per ogni euro incassato la collettività ne spenderà tre per l’urbanizzazione del manufatto sanato – ma è piuttosto quella di sanzionare i furbi e i disonesti dell’ultima ora con le multe già previste dalla legge. In attesa di tempi migliori, quando l’ipotesi di una legge ad hoc contro l’abusivismo sarà di nuovo presa seriamente in considerazione, noi esortiamo le autorità ad attivare tutti gli strumenti disponibili per via ordinaria: i Sindaci denuncino senza indugi gli abusi di ogni tipo e grandezza alle autorità giudiziarie (anche nelle more di un condono: i casi già oggetto di procedura giudiziaria non dovrebbero rientrarvi) e procedano con le demolizioni, non limitandosi a quelle simboliche e mediatiche; le Regioni e le Province escano dall’inerzia nella quale si trovano e diano un segnale che, per loro, la lotta all’abusivismo rappresenta una priorità assoluta; il ministero delle Infrastrutture utilizzi i provveditorati alle opere pubbliche per mettere al lavoro imprese esenti dal rischio d’intimidazione da parte del crimine organizzato; lo stesso ministero riprenda l’attività di monitoraggio, da tempo abbandonato, sul fenomeno dell’abusivismo e trasmetta al Parlamento dati e rilevazioni periodiche; il ministero degli Interni dia disposizioni a Prefetti e Forze dell’ordine per intervenire tempestivamente al fine d’impedire nuovi scempi; la magistratura acceleri le pratiche sui ricorsi che si sono accumulate sui loro tavoli; il ministro dell’Economia, con la previsione delle entrate provenienti dagli abusi edilizi di ultima generazione, accantoni sin dalla prossima Legge finanziaria, le risorse necessarie per dotare la lotta all’abusivismo di mezzi e strumenti per intervenire efficacemente.
Ricorrere ai condoni, soprattutto quello edilizio per le sue implicazioni fisiche irrimediabili oltre che morali, non è una “buona politica”. Non è neppure un’azione amministrativa improntata a criteri di efficienza e di efficacia, mentre perseguire obiettivi di bellezza non è in contrasto con il rigore, la funzionalità, il senso di responsabilità individuale. Le ragioni dell’economia non sono opposte a quelle della cultura e della tutela ambientale: per impedire che in Italia queste ragioni rimangano un sogno occorre intervenire con appassionata fermezza.
Il Consiglio di presidenza e il Comitato dei garanti