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Winston Mok
Il governo dell'espansione urbana cinese
20 Marzo 2013
Secondo un economista liberale, per un modello di sviluppo territoriale valido, ai centri minori si devono accompagnare con qualche squilibrio sul breve termine le mega-città e le relative aree metropolitane.

South China Morning Post, 21 marzo 2013 (f.b.)

Titolo originale: Managing China's urban spread - Scelto e tradotto da Fabrizio Bottini

Nell'ultimo discorso da premier, Wen Jiabao ha ribadito l'intenzione del suo governo di governare la crescita delle grandi città, aggiungendo che esse devono svolgere un ruolo di indirizzo nella crescita dei territori circostanti. Condivido la seconda parte di questa intenzione, ma credo anche che il modo più efficace di far sviluppare centri di importanza medio piccola sia quello di allargare le aree metropolitane attorno alle città più grandi, così come già accaduto altrove. All'inizio del suo mandato, dieci anni fa, il governo di Wen aveva fissato come obiettivo questo sviluppo di città medie e piccole. E c'è stata un'impressionante trasformazione dei centri minori cinesi, che devono rappresentare parte integrante dei piani di urbanizzazione sul lungo termine del paese.

Da un punto di vista urbanistico e sociale, la Cina ha ottimi motivi per sostenere i centri minori più vicini alle popolazioni rurali. Ma il motore dell'urbanizzazione del paese sono state le grandi città, e le mega-città, che attirano popolazione in cerca di occasioni economiche. La rete urbana è dominata dalle aree metropolitane attorno ai centri maggiori. Vivono oltre 70 milioni di persone, nelle quattro mega-città di Shanghai, Pechino, Shenzhen e Guangzhou. Si tratta di concentrazioni che si auto alimentano e continueranno a crescere, di importanza come di dimensioni: un processo inevitabile, già accaduto altrove, che dipende dalle economie di scala.

Nel giro di vent'anni più di metà della popolazione urbana cinese si concentrerà nelle principali regioni urbane. Ma Pechino e Shanghai non possono certo essere lo sbocco delle aspirazioni delle popolazioni ora contadine: le loro infrastrutture e servizi sono già oggi sovraccarichi, e lo stesso vale per tante grandi città.

La Cina ha raggiunto un tasso di urbanizzazione del 51% nel 2011, che continua a crescere. Tra vent'anni sarà il 70% della popolazione ad abitare nelle città, 250 milioni di persone in più di oggi. Come sistemeremo questi 250 milioni di cittadini, l'equivalente di 50 volte l'intera Singapore? Si calcolano in 160 le città cinesi con oltre un milione di abitanti, un numero che supererà le 220 tra due decenni. Probabilmente non ha gran senso pensare di costruire ex novo 250 nuove città in grado ciascuna di contenere un milione di abitanti – o magari 500 nuove città da mezzo milione – a ospitare la crescita. Come avverte il professor Li Yining, importante economista cinese, investire in modo indiscriminato nell'urbanizzazione può rappresentare un notevole rischio fiscale, con ripercussioni finanziarie negative.

Anziché contenere la crescita delle mega-città, si deve sostenere quella delle aree metropolitane che le circondano, come modo più efficace per spingere nelle fasce regionali lo sviluppo di centri minori. Con le linee ferroviarie ad alta velocità esistenti e in progetto, ad esempio l'influenza del Delta del Fiume delle Perle potrà irraggiarsi verso città circostanti come Xiamen, Changsha o Nanning, che a loro volta spingeranno nelle proprie province altri centri minori. L'urbanizzazione cinese oggi redistribuisce dal centro e dall'ovest verso la costa, e non va contrastata. Ma il processo di urbanizzazione deve essere governato attraverso riforme sociali come la registrazione delle famiglie.

Guardiamo alla Corea del Sud con la sua economia spinta dall'area metropolitana di Seul: 25 milioni di persone, metà della popolazione nazionale. La popolazione di Seul città resta stabile, circa 10 milioni, mentre la circostante regione di Gyeonggi si sviluppa rapidamente. Bundang e Ilshan sono diventate notevoli centri satellite. Anche la Cina, invece di contrastare una crescita inevitabile delle mega-città, dovrebbe pianificarla e orientarla. La popolazione di Pechino può forse arrivare a 30 milioni, quelle di Shenzhen anche a 40 milioni. D aun punto di vista amministrativo Pechino è già una regione, e alcune circoscrizioni si possono già considerare delle città distinte. Con un'adeguata pianificazione, con la realizzazione di linee ferroviarie e metropolitane, anche le fasce esterne possono contenere crescita. Oltre alle zone di imbonimento come Qianhai, e all'espansione nelle fasce esterne, a Shenzhen una priorità è anche la completa ricostruzione di molte aree.

Come accaduto nella regione di Seul, anche la Cina deve far crescere centri sussidiari attorno alle mega-città. Relativamente piccoli se paragonati alla mega-città, possono avere dai cinque ai dieci milioni di abitanti, quindi per nulla minori in assoluto. Città sussidiarie che potranno essere nodi di in grado di irraggiare a loro volta altra crescita. Essenziale sarà lo sviluppo di reti ferroviarie ad alta velocità e stradali, come già sta facendo il governo cinese. Con questi orientamenti, sarà poi il mercato a decidere i modi della crescita. Sono già molte le imprese lungimiranti che si stanno concentrando sulle città minori, e saranno le forze del mercato a condizionare popolazione ed economia, spostandole dalle mega-città, ai centri di secondo rango, e poi di terzo, nel tempo. Il premier Wen Jiabao avvertiva dei rischi di un prolungato squilibrio nella crescita, che ci sarà necessariamente fin quando i processi economici spinti dal mercato sul lungo termine ritroveranno l'equilibrio.

(l'Autore è analista economico, formato al MIT, e ha lavorato per la McKinsey)

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