ROMA —Un atto d'indirizzo, per precisare i limiti che tivù pubbliche e privatedovranno rispettare prima della par condicio. Il presidente dell'Autorità per le comunicazioni Corrado Calabrò lo potrebbe firmare mercoledì, per porre fine alle polemiche sull'offensiva mediatica di Silvio Berlusconi e tradurre in concreto il suggerimento del capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi. Un semplice atto d'indirizzo. Ma che secondo il presidente dell'Authority imporrebbe regole certe a tutte le televisioni e servirebbe a mettere in chiaro un fatto: «Ci sono principi che si applicano tutto l'anno, anche prima della convocazione del comizi elettorali. Forse a qualcuno era sfuggito».
Qualcuno chi?
«Non posso anticipare cose che sono in corso di valutazione. Ma è certo che qualcuno ha pensato che in questo periodo ci fosse assenza di regole. Adesso, dopo il richiamo di Ciampi, con cui sono perfettamente d'accordo, è ancora più evidente che non può essere così».
Berlusconi insiste che la legge sulla par condicio non è ancora operativa. Lei che dice?
«È un abbaglio, quello che non ci fossero regole, nel quale sono caduti in molti. Faccio il magistrato da 45 anni e posso assicurare che la mia interpretazione è giusta, come hanno riconosciuto anche i rappresentanti delle televisioni pubbliche e private nell'incontro che abbiamo avuto con loro la scorsa settimana. Rai e Mediaset ci hanno addirittura consegnato un documento con le istruzioni date ai capistruttura».
Ma poi le hanno rispettate?
«Non c'è dubbio che sia opportuno un chiarimento. La legge prevede che la tutela del pluralismo è compito dell'Agcom. E la legge ci dà competenza a dettare disposizioni applicative».
Disposizioni applicative?
«Un atto d'indirizzo. Mercoledì valuteremo, alla luce del comportamento delle televisioni, se ci sarà o meno la necessità di emanarlo.»
Che cosa ci sarà scritto?
«Saranno precisati i comportamenti che tutte le televisioni dovranno tenere in base a principi sempre stati chiari, ma che in quanto principi, possono anche sfumare nell'indeterminatezza».
Quali sarebbero?
«La legge parla chiaro: obiettività, completezza dell'informazione, lealtà, apertura alle diverse opinioni e tendenze politiche».
E lei sostiene che vanno rispettati anche prima che scatti la par condicio.
«Non io. La legge. Tenga presente che il periodo precedente la campagna elettorale è ancora più delicato, perché l'apparizione del politico nei programmi non espressamente dedicati alla propaganda, come quelli di informazione e intrattenimento, può essere ancora più suggestiva».
Il premier è intervenuto anche a Isoradio. E c'è chi ipotizza la violazione del contratto di servizio fra Rai e Stato. Ipotesi corretta?
«Isoradio può trasmettere solo informazioni di pubblico interesse e repliche di programmi già andati in onda. Valuteremo se esistono presupposti per un'eventuale sanzione».
Ecco, le sanzioni. Che si rischia?
«Una multa da 10 mila a 258 mila euro. Mentre per la Rai, che è servizio pubblico, si arriva fino al 3% del fatturato. Tutte le volte che riscontreremo una violazione dei principi d'imparzialità scatteranno le sanzioni. A questo punto ognuno si dia una regolata».
Se è tutto qui, regolarsi è fin troppo facile...
«Sottolineo che è in corso un procedimento penale nel quale si è arrivati alla determinazione che chi non obbedisce alle decisioni dell'autorità rischia pure d'incorrere nel reato d'omissione d'atti d'ufficio».
Sa che spavento.
«Faccio presente che è un reato. Ma soprattutto confido che dopo l'intervento di Ciampi tutti staranno molto più attenti».
Sia sincero: le sanzioni non sono inadeguate?
«Per la Rai no. Per i privati sono troppo lievi».
A proposito, è vero che in questo periodo la Rai ha commesso più violazioni di Mediaset?
«No comment. Qui parlo solo di regole. I giudizi si discutono in sede sanzionatoria».
Dove al massimo si può dare uno scapaccione.
«Per questo stiamo facendo una segnalazione molto articolata al Parlamento. Nel complesso il sistema sanzionatorio è insoddisfacente».