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Paolo Costa
Il crocierista non è turista
23 Febbraio 2015
Venezia e la Laguna
«L'equivoco sta nel fatto che la crociera è turismo, la forma oggi più dinamica di turismo i cui clienti crescono del 7% medio annuo da oltre un ventennio senza conoscere crisi, ma è un turismo che impiega sempre più il suo tempo libero in nave e, comunque, lontano da Venezia».
«L'equivoco sta nel fatto che la crociera è turismo, la forma oggi più dinamica di turismo i cui clienti crescono del 7% medio annuo da oltre un ventennio senza conoscere crisi, ma è un turismo che impiega sempre più il suo tempo libero in nave e, comunque, lontano da Venezia». Il Gazzettino, 22 febbraio 2015

Nell'immaginario di molti interlocutori, anche autorevoli per il ruolo ricoperto, è radicata la convinzione del tutto infondata che le navi da crociera siano uno dei tanti mezzi come treni, autobus, le automobili e aerei. (...) Mezzi che scaricano su Venezia quei volumi di visitatori che le hanno fatto perdere ogni connotato di "città o centro storico" per trasformarla in " quartiere storico" consegnato solo al turismo. L'equivoco - che si può perdonare a tutti, ma non a chi ha responsabilità decisionali in materia - sta nel fatto che la crociera è turismo, la forma oggi più dinamica di turismo i cui clienti crescono del 7% medio annuo da oltre un ventennio senza conoscere crisi, ma è un turismo che impiega sempre più il suo tempo libero in nave e, comunque, lontano da Venezia.

A Venezia il 91% dei crocieristi del 2015 si imbarcherà all'inizio della crociera e vi sbarcherà alla fine. Per la città e il suo porto il crocierista passa, come ogni altra "merce" in partenza o in arrivo. Con in più il fatto che a Venezia le navi caricano le provviste per l'intera crociera e vi acquistano i servizi e le manutenzioni. Se si ferma negli alberghi di Venezia il crocierista lo fa prima o dopo la crociera e a prescindere da questa. Nel 2015 resterà, è vero, un 9% di "crocieristi giornalieri" sbarcati da navi di passaggio, quelle partite dal Pireo o da altri porti del Mediterraneo orientale, ma si tratta di poco più di 150.000 visitatori anno: briciole nei confronti dei 24 (27?) milioni o più dei visitatori annui di Venezia e, queste sì, briciole alle quali si può facilmente rinunciare per concentrare tutto sulle funzioni di porto crociere capolinea. Un equivoco, quello che confonde i crocieristi con i turisti che visitano Venezia, che ha conseguenze perniciose se non drammatiche. I crocieristi, incolpevoli, fungono da capro espiatorio di chi, giustamente preoccupato per l'eccesso di pressione turistica su Venezia, sbaglia completamente obiettivo. Quand'anche eliminassimo l'intero comparto crocieristico a Venezia - con conseguenze drammatiche per l'economia della città e per l'intera crocieristica italiana ed adriatica - la pressione turistica su Venezia non diminuirebbe in nessuna misura apprezzabile.
Per contro mentre i salotti buoni e i sedicenti paladini della difesa di Venezia e delle sue tradizioni artistiche e culturali si lavano la coscienza urlando contro le grandi navi (e contro le soluzioni utili a contemperare salvaguardia paesistica di Venezia con la sua eccellenza portuale crocieristica) cresce il ticchettio delle case che gli "amanti di Venezia" trasformano in bed and breakfast, dei palazzi una volta grandi residenze o centri di servizi professionali o finanziari che i veneziani trasformano in alberghi, dei laboratori artigianali trasformati in ristoranti e delle latterie in negozi di maschere. Con un ritmo che ha superato ogni ragionevole sostenibilità e ucciso non solo la città che Venezia storica non è più da tempo, ma anche il quartiere centrale di una più grande città che poteva/doveva essere la chiave della salvaguardia culturale della Venezia che fu. Ma l'importante è che le navi da crociera non giungano in Marittima neanche dalla bocca di Malamocco. Porto e mare hanno, forse, avuto un ruolo nella storia veneziana?
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