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Roberto Ciccarelli
Il compromesso impossibile che si è banalizzato nel Pd
14 Febbraio 2008
Recensioni e segnalazioni
Dal "compromesso storico" di Enrico Berlnguer al PD di Veltroni: discussione a proposito di un libro di Giuseppe Chiarante. Il manifesto, 14 febberaio 2008

Presentato a Roma il libro di Giuseppe Chiarante, «Con Togliatti e con Berlinguer. Dal tramonto del centrismo al compromesso storico»

«Ma il Partito Democratico, non sarà forse un nuovo compromesso storico degli sconfitti?» ha esordito così provocatoriamente Valentino Parlato, introducendo martedì scorso il dibattito sul volume di Giuseppe Chiarante Con Togliatti e con Berlinguer. Dal tramonto del centrismo al compromesso storico (1958-1975) (Carocci, pp.261, Euro 22,50) nel piccolo anfiteatro gremito della libreria dell'Auditorium di Roma. Aldo Tortorella, che ha firmato l'introduzione al libro dell'ex deputato del Pci, ha ripreso il filo degli eventi di una stagione della quale Enrico Berlinguer aveva intuito l'inizio della fine. «Il suo progetto - ha detto - era quello di un'alleanza storica tra due soggetti distinti, e non una fusione come quella del Pd. Voleva un nuovo compromesso per riformare lo Stato sociale sul modello della socialdemocrazia europea». Per Tortorella, gli eredi politici del Pci hanno provato a cancellare questa intuizione, denunciando i presunti «errori» di Berlinguer, il suo «conservatorismo» contrapposto alla «modernità» di Craxi, arrivando oggi a cedere al moderatismo e al liberismo.

Formula politica controversa, in questa campagna elettorale il compromesso storico sembra avere ritrovato un'attualità insospettabile, ma non le originarie ragioni politiche dei suoi protagonisti. Giovanni Galloni, che seguì quella stagione accanto ad Aldo Moro, ha spiegato come nelle intenzioni del leader democristiano «il compromesso storico non voleva essere un governo insieme ai comunisti. In quel momento di crisi, volevamo ricreare l'unità costituzionale del 1947, a condizione che il Pci prendesse le distanze dall'Unione Sovietica». L'obiettivo era, in fondo, garantire al paese un'alternanza di governo. «Non avevamo alcuna voglia di fare delle liste comuni» ha ribadito Galloni.

«A me il compromesso storico non è mai piaciuto» ha attaccato Stefano Rodotà, rievocando l'episodio di un incontro con Eugenio Scalfari, quando il fondatore di Repubblica gli confessò con un certo disarmo che erano rimasti in pochi, in quel momento, a opporsi al «governo dell'astensione», poi «governo di solidarietà nazionale». Per Rodotà, il libro di Giuseppe Chiarante dimostra come nel sottile, ma quantomai sostanziale, slittamento semantico da «compromesso storico» a «solidarietà nazionale» quello che è stato perso è il senso di una «riforma intellettuale e morale di questo paese». Con questa espressione gramsciana, Chiarante ha dimostrato che il Pci di Berlinguer aveva intuito l'urgenza di una svolta, anche se aveva ormai perso il polso del Paese: «Il Pci fu il maggior beneficiario della stagione del disgelo costituzionale - ha concluso Rodotà - ma non capì il recupero delle libertà individuali auspicato dal referendum sul divorzio. L'intervento del segretario della Cgil Luciano Lama alla Sapienza nel 1977 ne fu la dimostrazione».

Chiarante è il «testimone privilegiato» dell'incontro tra mondi lontani. Ha animato con Galloni la stagione del dossettismo nella Base, la corrente del cattolicesimo di sinistra, per poi lasciare la Dc nel 1958, agli esordi del centro-sinistra. Rossana Rossanda ne ha ripercorso la vicenda, precisando che «Berlinguer è stato un uomo di rara statura morale, ma non penso abbia avuto una grande statura politica. Chiarante lo salva, ma il suo progetto è fallito. Per il Pci sarebbe stato difficile staccarsi in quegli anni dall'Urss, anche se escludo che il 'partito nuovo' di Togliatti sia mai stato ispirato dal sovietismo». «Il principale errore di Berlinguer - ha continuato Rossanda - fu quello di sopravvalutare il pericolo dell'avanzata delle destre in Italia, mentre ha sottovalutato la capacità di classe di riorganizzare la società». Il compromesso storico è stato per Rossanda l'esito di una visione politicistica della società italiana, dove i vertici dei partiti hanno perso contatto con le sue trasformazioni e l'esigenza di una critica del capitalismo non ha risposto a quella di una riforma morale e intellettuale della politica. Un'analisi che dovrebbe essere fatta anche nelle sedi politiche del Pd e della sinistra attuale, ha concluso Chiarante.

Qui le recensioni di Michele Prospero (l'Unità ) e Valentino Parlato (il manifesto )

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