Il manifesto, 26 aprile 2015
E così il problema sarebbe Yanis Varoufakis. Il quale si sarebbe dimostrato nell’eurogruppo di Riga un «incompetente», un «dilettante», un «giocatore d’azzardo». Strano però per un professore di economia tra i più brillanti attualmente a livello internazionale, che ha insegnato nelle migliori università anglosassoni, compresa Cambridge, stimato e sostenuto dal nobel Joseph Stiglitz e da James Galbraith.
Certo, se le critiche provengono dall’agronomo (dal curriculum falsificato) Jeroen Dijsselbloem e dal laureato in legge Wolfgang Schäuble, qualcosa di vero ci deve essere.
Convince in particolare l’accusa di «dogmatismo» lanciata contro il greco dall’accomodante ministro delle Finanze tedesco, lo stesso che da cinque anni ha imposto con pugno di ferro all’eurozona una brillante politica economica, che assicura alti tassi di crescita economica e – soprattutto – sociale. Lo sanno tutti, gli spagnoli, i portoghesi, i greci e anche gli italiani, che nuotano nell’abbondanza.
No, non è Schäuble il dogmatico del neoliberismo. E’ Varoufakis quello inflessibile, poiché si rifiuta ostinatamente di regalare alle banche le prime case, di abbassare le pensioni ai 350 euro, di licenziare migliaia di statali e di svendere proprietà pubbliche.
Una fermezza che assicura al suo governo altissimi tassi di consenso tra la popolazione greca, come dimostra l’ultimo sondaggio reso pubblico appena ieri. Nello stesso tempo però in cui plaude alla fermezza contro l’austerità, la stragrande maggioranza degli intervistati chiede a Varoufakis e a Tsipras di non rompere con l’eurozona. Una posizione saggia, pienamente in linea con il programma di Syriza. Un compromesso onorevole, ma per ottenerlo bisogna essere in due.
Ora però le cose si complicano. Il giorno prima dell’eurogruppo che ha tentato di linciare Varoufakis, Tsipras si era incontrato con la Merkel in tutt’altro clima. La cancelliera aveva anche assicurato che la Grecia non avrebbe dovuto rimanere senza liquidità.
Cosa è successo? E’ noto che l’eurogruppo è il regno di Schäuble mentre la Merkel gioca su uno scacchiere più grande.
C’è un gioco delle parti, del tipo poliziotto buono e poliziotto cattivo? Oppure anche a Berlino ci sono falchi e colombe? I primi continuerebbero a giocare la carta della destabilizzazione del governo Tsipras, assumendo anche il rischio di un incidente, sempre più probabile man mano che passano le settimane e i mesi. I secondi starebbero cercando di trovare una quadratura del cerchio – tutta politica – per uscire dall’impasse.
Comunque sia, non è certo colpa di Varoufakis. Il ministro delle Finanze greco lavora all’interno di un gruppo operativo specificamente dedicato ai problemi con i creditori, a capo del quale c’è il vice presidente del Consiglio Yannis Dragasakis, esponente tra i più moderati e più esperti di Syriza. Quindi ogni virgola dell’azione politica del ministro delle Finanze riflette esattamente gli orientamenti del governo greco. Una sua sostituzione è fuori discussione.
Anche se Schäuble (l’ha pure ammesso) si trovava molto più a suo agio con i suoi predecessori: Giorgos Papakonstantinou, condannato per falso, Yannis Stournaras, l’architetto dei conti truccati per entrare nell’euro, Ghikas Hardouvelis, il banchiere che portava i soldi in Svizzera.
Come andrà a finire? Non sono nella testa di Schäuble. Ma ho cercato lumi sul Corriere della Sera di ieri e ho fatto una grande scoperta. In un’intera pagina fonti (anonime) dei creditori accusano Tsipras di essere «falsamente di sinistra» e «al servizio degli oligarchi». L’ho raccontato anche in Grecia e ci siamo divertiti molto. Finché le polemiche contro di lui saranno di questo tenore potrà stare tranquillo: sarà al governo per un decennio e oltre.