loader
menu
© 2024 Eddyburg
Silvio Testa
Il Canale dei Petroli è l'imputato ...
21 Agosto 2005
Terra, acqua, società
Per comprendere pienamente il risvolto negativo della notizia offerta da questo articolo di Silvio Testa, sul Gazzettino del 26 luglio 2003,occorre conoscere due fatti.

Il primo. Il Canale dei petroli (la grande autostrada acquea che conduce dalla Bocca di Malamocco al punto d’attracco delle petroliere, tra Porto Marghera e Fusina) è una delle cause principali dell’acqua alta, per la sua immane profondità e per la conseguente quantità di acqua che immette in Laguna. Anche per questo la legge stabilisce, dal 1973, che il traffico petrolifero deve essere allontanato dalla Laguna

Il secondo. Arginare il Canale dei petroli significa (come Silvio Testa non manca di annotare) dividere in due il bacino lagunare. Questo è un evento che le forze politiche locali - prima della New Wave personificata da Berlusconi, Lunardi e… Paolo Costa - hanno tenacemente scongiurato ogni volta che è stato proposto, e che è tassativamente escluso da tutti i documenti ufficiali espressi dalle istituzioni locali.

Oggi, arginano il canale e spezzano in due la Laguna, ma imbellettano gli argini. Ricordate Berlusconi, a Genova, alla vigilia del G8? La logica è la stessa: piantiamo fiorellini.

Pietà per la Laguna di Venezia, verrebbe voglia di gridare, se un Dio ascoltasse!

Il Canale dei Petroli è l'imputato numero uno del dissesto della laguna centrale, e fin dal 1992 il Piano generale degli interventi prevede un intervento di "arginatura" per mitigarne gli effetti con una sorta di cordonata di barene che da Fusina arrivino fino a Porto San Leonardo. Una diga "paranaturale", insomma, che intercetti le correnti trasversali che, dipartendosi e irradiandosi dal Canale Malamocco - Marghera, hanno fatto del cuore della laguna una tabula rasa senza più barene, velme, canali e ghebbi.Si tratta di un biliardo di fango, che perde ogni anno centinaia di migliaia di metri cubi di sedimenti i quali, messi in sospensione dalle correnti, dal traffico acqueo, dai caparozzolanti abusivi, e "aspirati" dal Canale dei Petroli, o finiscono in mare con la marea o, mescolandosi coi pessimi sedimenti dello stesso Canale, messi in sospensione dal passaggio delle navi, vi si depositano sui bordi.

«Ormai siamo di fronte a una situazione di non ritorno, la profondità che ai primi del '900 era di 50 centimetri è ormai arrivata a 2 metri, e non ci sono più le condizioni per riportare quell'area ai suoi antichi dinamismi», spiega Piero Nascimbeni del servizio di Ingegneria del Consorzio Venezia Nuova, che sta seguendo gli aspetti ambientali dei progetti di recupero morfologico della laguna e che ha ultimato la progettazione del primo stralcio sperimentale di difese che, per la lunghezza di oltre un chilometro, verranno realizzate all'altezza di Fusina e della cassa di colmata A.

Il progetto definitivo è in questo momento in Commissione di Salvaguardia, ed è stato nei giorni scorsi al centro di un incontro tra i tecnici del Consorzio e quelli del Comune, guidati dal biologo Lorenzo Bonometto, che ha avanzato delle proposte integrative «sulle quali c'è pienissimo accordo», come conferma Nascimbeni quasi a sottolineare, come sostiene anche l'assessore alla Legge speciale del Comune, Giampaolo Sprocati, che se la discussione tra Consorzio e Comune sulle 11 condizioni attorno al progetto del Mose è partita da punti di vista diversi e magari lontani, resta comunque una volontà di dialogare e di confrontarsi.

Il progetto prevede che l'area all'interno della quale verrà creata la nuova barena sia circondata da più strati, a gradonate, di "burghe" con diversi gradi di resistenza al moto ondoso e agli agenti atmosferici. «Li definirei - spiega sempre Nascimbeni - come dei salsicciotti con diversi tempi di degradabilità, destinati a durare fino al consolidamento della barena e poi a sparire». Reti riempite di materiali solidi, come pietrame, sul versante più sollecitato dal traffico del Canale, oppure di concrezioni di conchiglie e sabbia, oppure di limi, verso i bassi fondali e le zone più protette.

All'interno verrà creata la barena, fino all'altezza "classica" di 30 centimetri sul medio mare, con andamenti sinuosi e "voltateste" che accentuino i movimenti di corrente e sfruttino l'energia stessa della onde per aumentare i processi di vivificazione. Al riguardo, Bonometto ha proposto che la nuova barena non nasca immediatamente a contatto con le "burghe", ma che ne sia separata da una sorta di canaletta di acque protette, come dei "chiari" che aiutino la vivificazione sfruttando l'energia delle onde smorzata e condotta all'interno da "inviti", piccole aperture programmate. Bonometto ha suggerito di sperimentare analoghi processi di vivificazione anche sull'altro lato, fronte Cassa di Colmata.

Se l'esperimento di nuova barena funzionerà, la cordonata verrà estesa fino a San Leonardo. Tra gli effetti attesi, anche l'arretramento dello spartiacque verso le casse di colmata, col miglioramento del ricambio al Tronchetto e alla Giudecca.

Silvio Testa

ARTICOLI CORRELATI

© 2024 Eddyburg