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Angelo Mastrandrea
Il «blocco degli abusivi» non sente la recessione
18 Giugno 2013
Abusivismo
Il rapporto Ecomafie di Legambiente: regioni del sud ai primi posti, la Campania al top. Il 17% delle costruzioni è illegale, solo il 10% degli scempi viene abbattuto.
Il rapporto Ecomafie di Legambiente: regioni del sud ai primi posti, la Campania al top. Il 17% delle costruzioni è illegale, solo il 10% degli scempi viene abbattuto. Il manifesto, 18 giugno 2013

Nell'Italia della Grande Frenata - economica, sociale, politica - le uniche industrie che non rallentano sono quelle del malaffare. Non recedono le agromafie e i traffici di rifiuti tossici, la tratta di schiavi e la prostituzione. Basta scorrere le aride cifre di dossier e rapporti che associazioni e sindacati periodicamente diffondono, per rendersene conto.

Da ultimo, l'annuale rapporto Ecomafie di Legambiente - presentato ieri mattina a Roma - legge in controluce il dibattito politico sull'abolizione dell'Imu e i periodici tentativi di infilare un condono edilizio tra le righe di provvedimenti che legiferano su tutt'altro. Denuncia il presidente dell'associazione, Vittorio Cogliati Dezza: «Quella delle ecomafie è l'unica economia che continua a proliferare anche in un contesto di crisi generale e a costruire case abusive quasi allo stesso ritmo di sempre, mentre il mercato immobiliare legale tracolla. Con imprese illegali che vedono crescere fatturati ed export, quando quelle che rispettano le leggi sono costrette a chiudere i battenti. Un'economia che si regge sull'intreccio tra imprenditori senza scrupoli, politici conniventi, funzionari pubblici infedeli, professionisti senza etica e veri boss, e che opera attraverso il dumping ambientale, la falsificazione di fatture e bilanci, l'evasione fiscale e il riciclaggio, la corruzione, il voto di scambio e la spartizione degli appalti. Semplicemente perché conviene e, tutto sommato, si corrono pochi rischi».

Al netto degli aspetti penal-giudiziari, dal punto di vista politico-sociale quello che Cogliati Dezza denuncia è il sempiterno «blocco edilizio» di cui parlava Valentino Parlato in un memorabile articolo del 1970 sulla Rivista del manifesto. Parlato riprendeva Engels, secondo il quale «gli esponenti più accorti delle classi dominanti hanno sempre indirizzato i loro sforzi ad accrescere il numero dei piccoli proprietari, allo scopo di allevarsi un esercito contro il proletariato» per mostrare come quel «blocco edilizio», composto da «residui di nobiltà finanziaria e gruppi finanziari, imprenditori spericolati e colonnelli in pensione proprietari di qualche appartamento, grandi professionisti e impiegati statali incatenati al riscatto di una casa che sta già deperendo, funzionari e uomini politici corrotti e piccoli risparmiatori che cercano nella casa quella sicurezza che non riescono ad avere dalla pensione, grandi imprese e capimastri, cottimisti», rappresentava un esercito in grado di bloccare qualsiasi riforma. È lo stesso «blocco» legato al ciclo del cemento che, secondo Vezio de Lucia (La città dolente, Castelvecchi editore), in appena un sessantennio ha cambiato i connotati a un Paese rimasto sostanzialmente immutato per due millenni.

In Italia, spiega Legambiente, l'incidenza dell'edilizia illegale nel mercato delle costruzioni è passata dal 9% del 2006 - alla vigilia della crisi, dunque - al 16,9% stimato per il 2013. Se il crollo del mercato immobiliare ha fatto più che dimezzare le nuove abitazioni - da 305 mila a 122 mila - quelle abusive sono rimaste sostanzialmente invariate: dalle 30 mila del 2006 alle 26 mila del 2013. La spiegazione va ricercata nelle spietate leggi del mercato: costruire una casa in regola costa mediamente 155 mila euro, edificarne una abusiva consente di ridurre le spese a un terzo, non più di 66 mila. Se si valuta, poi, che vedersela abbattere ha quasi la stessa probabilità che vederla crollare per una calamità naturale, si arriva alla conclusione che costruire senza tener conto di vincoli e piani regolatori conviene, e non c'è bisogno di essere dei delinquenti incalliti per diventare un piccolo abusivo. A maggior ragione se si ha la ragionevole certezza che prima o poi arriverà un colpo di spugna: dagli anni '80 a oggi ce ne sono stati tre - uno a firma Craxi, gli altri due Berlusconi.

Alla luce di questo ragionamento, non appare un caso se il leader del Pdl, nel disperato tentativo di rimontare nei consensi, alla vigilia delle elezioni di febbraio, oltre a chiedere l'abolizione dell'Imu si è lanciato anche in una promessa di «condono edilizio e tombale». Sapeva che, ricompattando il blocco edilizio e quello di chi non paga le tasse, sarebbe potuto riuscire nel miracolo di ribaltare le previsioni elettorali.

A governo delle larghe intese insediate, il Pdl ci ha subito riprovato. In maniera più accorta, stavolta: con un disegno di legge, firmato dal senatore Ciro Falanga, che toglie la competenza alle Procure sull'esecuzione delle demolizioni. Tanto per fare un esempio, con una legge del genere non sarebbe stato possibile abbattere, com'è avvenuto dopo 24 anni di battaglie ambientaliste, l'ecomostro di Scala dei Turchi, in provincia di Agrigento. E sarebbero posti al sicuro, anche senza condono - che è pur sempre oneroso per il privato cittadino - anche quel 10% circa di abusi - sui 25 mila complessivi - che ogni anno si riesce a buttare giù.

Ma c'è soprattutto un'altra ragione dietro la legge proposta dal senatore pidiellino. Falanga proviene da Torre del Greco. A separare la cittadina vesuviana dalla capitale dell'abusivismo diffuso è solo un lembo di mare. Ischia è il regno dei cosiddetto «abuso di necessità», una definizione che è stato necessario coniare per dare copertura semantica a una situazione di illegalità generalizzata, in cui la fanteria dei piccoli abusivi costituisce il cuore di uno schieramento contro il quale nessuna forza politica osa schierarsi. Neppure il locale Movimento 5 Stelle o l'autarchico Partito comunista italiano marxista leninista, che tra i confini isolani ha fatto registrare exploit elettorali di tutto rilievo. Ad Ischia sono in arrivo circa 700 sentenze di demolizione, e questo basta a spiegare la proposta di legge del senatore proveniente dalla città dei coralli.

Se Ischia è la punta dell'iceberg, la Campania domina incontrastata tutte le classifiche dell'ecocriminalità. Il dossier di Legambiente mette in luce come tutti i primati negativi siano detenuti dalle regioni del sud a più alto insediamento mafioso - con un vero e proprio «caso Calabria» e un'ascesa della Puglia - e un singolare sesto posto di una regione che non ti aspetteresti: la Toscana. È il segno che, in un pezzo d'Italia che ha visto crollare il Pil del 10% in cinque anni e perdere il 60% dei posti di lavoro, l'economia si muove secondo altri parametri.
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