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Il blitz a Palazzo Chigi
11 Novembre 2006
MoSE
La cronaca dello scandalosa forzatura di Prodi e Di Pietro per il MoSE, negli articoli di Alberto Vitucci e Roberta De Rossi, su la Nuova Venezia dell’11 novembre 2006

Blitz a Palazzo Chigi, passa il via libera al Mose

di Alberto Vitucci

VENEZIA. Uno schiaffo in piena regola. E un brusco altolà del «partito democratico» al suo sindaco filosofo. Con un blitz a sorpresa, il Consiglio dei Ministri ha bocciato ieri la proposta del sindaco Cacciari di avviare progetti alternativi al Mose. Proprio quando si era arrivati nel vivo del confronto tecnico sulle carenze del progetto, il governo ha deciso di accelerare. «Non sono emersi elementi nuovi che inducano a modificare il progetto originario», ha riferito il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro. Una forzatura che ha provocato aspre polemiche e apre una frattura nella maggioranza di governo.

Dissidi. Contro la proposta di Prodi e Di Pietro hanno infatti votato due ministri che fanno parte del Comitatone, il titolare dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio e il ministro della Ricerca scientifica Fabio Mussi, che si è dissociato dal rapporto del Corila favorevole al Mose, oltre al ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero di Rifondazione. E si sono astenuti in due, Alessandro Bianchi, il titolare dei Trasporti del Pdci, anch’egli membro di diritto del Comitatone («Non ho visto le carte», ha dichiarato) insieme al ministro del Lavoro Cesare Damiano. Favorevoli gli altri venti ministri, Margherita e Ds al gran completo. Assente il vicepremier Rutelli.

Promesse. Eppure in campagna elettorale i segretari dei partiti dell’Ulivo avevano più volte promesso: «Sul Mose faremo come dice Cacciari. Ogni decisione sarà presa ascoltando le comunità locali». Invece ieri è arrivato il blitz, che ha colto di sorpresa molti ministri, lasciato di stucco mezzo Comitatone, esperti e funzionari che avevano esaminato studi e dossier nelle due riunioni dei giorni scorsi a Palazzo Chigi. Al termine del secondo incontro, mercoledì sera, il segretario generale della presidenza del Consiglio Carlo Malinconico aveva assicurato che i documenti sarebbero stati esaminati con risposte scritte. Invece, 24 ore dopo, il ministro Di Pietro ha portato la delibera in Consiglio.

Il blitz. A suggerire l’accelerazione forse il timore di arrivare spaccati al prossimo Comitatone, che dovrebbe essere convocato entro fine mese. Ma anche, suggeriscono i malevoli, il timore di arrivare al confronto tecnico decisivo che avrebbe potuto aprire nuovi scenari. Dunque, la politica ha detto stop. Era già successo nel 1990, quando il Comitatone presieduto dal ministro dc Gianni Prandini aveva superato il voto negativo del Consiglio Superiore dei Lavori pubblici sul primo progetto Mose. E nel 1999 e 2001, quando i governi D’Alema e Amato avevano deciso di superare la Valutazione di impatto ambientale negativa sul Mose rinunciando anche a fare appello contro la bocciatura del Tar Veneto.

Il futuro. Cosa succederà adesso? I lavori già approvati vanno avanti, e il Consorzio Venezia Nuova può ora proseguire nell’attività, in attesa dei nuovi finanziamenti (mancano 2700 milioni di euro). La decisione definitiva sul Mose sarà presa in Comitatone, anche se la delibera approvata ieri dal governo mette quasi la parola fine alla speranza di valutare ipotesi alternative.

I rischi. Ma quella di ieri è una decisione che rischia di lasciare il segno. Non più tardi di due mesi fa le commissioni Ambiente di Camera e Senato avevano chiesto al governo di fermare i lavori del Mose, ritenuti illegittimi, per consentire l’esame delle alternative. Adesso i parlamentari tornano all’attacco. «Checché ne dica il ministro Di Pietro, i progetti alternativi non sono stati esaminati», ha detto ieri il presidente della commissione Ambiente del Senato Tommaso Sodano, «perché questo governo deve imitare il livello di approssimazione megalomane di Berlusconi?» «Il progetto Mose è sbagliato. Speriamo che al prossimo Comitatone il governo possa rivedere la decisione», dice il ministro Pecoraro, «e mostrare maggiore capacità di ascolto per gli esperti che chiedono di non buttare i soldi dei contribuienti in fondo alla laguna».

SCONFITTO MA BATTAGLIERO: «NON MI DIMETTO»

Cacciari medita la contromossa: «Ci vediamo in Comitatone»

VENEZIA. «Uno schiaffo al sottoscritto? Non è detto che sia così. Adesso porteremo un ordine del giorno in Comitatone. Voteremo su quello». Non è per nulla di buon umore, il sindaco Cacciari. Ha appreso in tarda mattinata del blitz del Consiglio dei ministri. Che ha spazzato in un attimo migliaia di pagine di osservazioni e di studi, critiche e dibattiti, e detto «stop» alle alternative. Una battaglia persa per tutti coloro che credevano nelle alternative al Mose meno costose e meno distruttive per l’Ambiente. E un brutto colpo anche per il sindaco filosofo, che si era speso molto su questo tema. Ma a Roma non ha avuto ascolto.

Ieri si era sparsa anche la voce, subito smentita dall’interessato, che il sindaco deluso stia meditando le dimissioni. Intanto nel pomeriggio, dopo aver parlato al telefono con i ministri Pecoraro e Mussi, si è riunito con il suo staff per dar forma all’ordine del giorno.

E’ una battaglia ormai persa?

«C’è nobiltà anche nella sconfitta».

Insomma la decisione definitiva del governo è ormai presa.

«Non so, non mi pare proprio per quanto ci riguarda».

Ma il Consiglio dei ministri ha votato.

«Tocca al Comitatone decidere. Stiamo preparando un ordine del giorno da portare al Comitatone per farlo votare. Lì ci confronteremo».

Il ministro Di Pietro dice che non sono emersi elementi nuovi per modificare il progetto Mose. Significa che non ha letto i vostri dossier?

«Alla fine dell’ultima riunione, mercoledì sera, il segretario della Presidenza del Consiglio si era impegnato a riferirci i risultati dei confronti tecnici».

Invece il governo ha scelto la strada del Mose e scartato le alternative.

«Su questo chiederemo chiarimenti. Il segretario generale avrà pure riferito a Prodi il risultato degli incontri». (a.v.)

Imbarazzo nell’Unione. Galan ringrazia il premier

di Roberta De Rossi

VENEZIA. Se ogni dibattito sul Mose provoca normalmente un profluvio di commenti, questa volta dai banchi di Quercia e Margherita i più tacciono.

Qualche sassolino se lo toglie il Polo, per quanto il gusto della vittoria renda il governatore Giancarlo Galan moderato nei toni. Niente lazzi per gli sconfitti: «Ringrazio il governo Prodi per quanto deciso oggi dal Consiglio dei ministri e che conferma la costante attenzione per la salvaguardia e la difesa fisica di Venezia sempre avuta dai Parlamenti e dai governi nazionali che si sono succeduti dal 1966 ad oggi alla guida del nostro Paese». Chi invece non rende l’onore delle armi è il consigliere comunale azzurro Michele Zuin: «Visto l’accanimento anti-Mose del sindaco Cacciari, non mi resta che chiederne le dimissioni».

Nella maggioranza, a intervenire polemicamente è il fronte rosso-verde. «Una decisione molto, molto grave, non basata su un esame approfondito della vasta documentazione presentata dal Comune e condivisa dal ministero dell’Ambiente», commenta delusa la deputata verde e assessora alla Cultura, Luana Zanella, «spero che Prodi sia davvero consapevole dell’impatto sui destini della città e che il Comitatone valuterà le possibili iniziative per contrastare questa chiusura. E’ molto grave che i cantieri procedano, vista la loro dubbia legittimità».

Stessa linea molto critica per il parlamentare di Rifondazione, Paolo Cacciari, che si dice «particolarmente amareggiato». «Quella del governo è stata una valutazione grave e sbagliata», osserva, «perché contraddice quanto scritto nel programma dell’Unione sulla concertazione tra enti locali e governo sulle grandi opere. E’ sbagliata perché il Mose - straordinariamente costoso e impattante - è destinato a squilibrare ancora di più il rapporto mare-laguna. La decisione finale è del Comitatone: il Comune prenda posizione netta contro i lavori».

Per mesi, la sezione veneziana dell’Italia dei Valori si è schierata a favore dei progetti alternativi, liquidati invece dal ministro Di Pietro. C’è un certo imbarazzo. Il senatore veneziano Massimo Donadi sottolinea «come la decisione sia stata presa a maggioranza dal Consiglio dei ministri. Siamo sempre stati convinti che anche un intervento alle bocche di porto sia necessario per la protezione di Venezia, ma quello che ci stava a cuore e che non si proseguisse nei lavori senza una valutazione tecnica precisa delle alternative. A questo punto, dobbiamo ritenere ci sia stata».

A parlare, per i Ds, è il segretario provinciale Michele Mognato: «E’ una grande responsabilità quella che si è assunta il governo. I ds veneziani hanno forti riserve sul progetto, perché è indispensabile una visione sistemica della salvaguardia; il ripristino dei meccanismi finanziari della Legge speciale per attività di salvaguardia ambientale, socio-economica e disinquinamento; la continuità 365 giorni all’anno del porto. Si è dato solo risposta al ripristino dei finanziamenti, reinseriti in Finanziaria dopo 5 anni. Le criticità espresse, anche dal Comune, dovevano essere oggetto di approfondimenti ulteriori, per non trascurare i presupposti fondamentali della Legge speciale: gradualità, reversibilità, sperimentazione per tutti gli interventi, Mose compreso». Per il capogruppo in Comune della Margherita, Piero Rosa Salva, «le responsabilità sono di chi le ha. Il Consiglio comunale aveva espresso una posizione intelligente, chiedendo di verificare le alternative. La decisione è stata presa prima di ultimare le verifiche? Ci pare significativa una rapidità così». «Bisogna rammentare che sul Mose», spiega Patrizia Fantilli, dell’Ufficio legale del Wwf Italia, «la Commissione europea ha inviato una lettera di messa in mora il 19 dicembre per violazione della Direttiva habitat. E’ quindi aperta una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia: il Mose è un’opera dannosa, non piace né all’Unione europea né ai veneziani». «Non si capisce perché il governo, anche a costo di una spaccatura interna, debba andare avanti come uno schiacciasassi», chiosa Roberto Della Seta, presidente di Legambiente, «Una fretta inspiegabile che ha impedito un confronto serio su tutte le possibili soluzioni». Sulle barricate l’Assemblea NoMose: «Sono i potentati economici a condizionare le scelte della politica», commenta il sindacalista Salvatore Lihard, «che non ha ascoltato né Parlamento, né Comune, né tecnici».

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