Il nostro paese è forse l’unico tra quelli democratici ad avere più di un governo senza saperlo. Almeno tre governi. Da quello che è uscito dalle urne due anni e mezzo fa ne sono nati per gemmazione altri due, quelli che di fatto dominano all’ombra della legittimità elettorale e del controllo dell’opinione. Vediamo di capire la natura di questi due governi i quali, per ragioni diverse, sfuggono al giudizio pubblico e sono in flagrante violazione della legge e delle regole democratiche.
C’è innanzi tutto un governo sotterraneo, quello invisibile degli affari illeciti, una catena di relazioni tra alcuni imprenditori, faccendieri, politici e uomini del crimine organizzato della quale noi cittadini intuiamo l’esistenza e la gravità perché scampoli di racconti ci giungono dalla carta stampata e dalle intercettazioni (due strumenti di ricerca della verità prevedibilmente scomodi). Con una sistematicità di relazioni di corruttela consolidate in questi anni, pezzi del nostro territorio, della nostra ricchezza nazionale, dell’economia, della società, delle istituzioni stanno per essere occupati e dominati da questo governo sotterraneo e privato della P3.
Paradossalmente, questa articolazione di potere sporco e molto radicato pare essere l’unico ‘governo’ nazionale: non conosce né rivendica il federalismo, non fa discriminazione fra Nord e Sud, edifica un ordine parallelo alla legge e al mercato "pulito" dovunque sia possibile, tiene insieme un’alleanza di affamati di privilegio e denaro con la speranza dell’impunità, tutti fattori che compongono una colla molto resistente, quasi più di quella del civismo che dovrebbe reggere le istituzioni, guidare i comportamenti dei pubblici ufficiali e ispirare le forze politiche. Lo Stato italiano sembra essere usato come un involucro per coprire un sistema di relazioni che ha i caratteri dell’anti-Stato. Invece di essere la sede che consente il "governo pubblico in pubblico", lo Stato è usato da queste forze occulte per creare un governo segreto di potentati privati. La tensione tra la magistratura e i giornali e la maggioranza politica è da leggersi come parte di una lotta durissima nel tentativo di soggiogare tutti i poteri istituzionali e di addomesticare l’opinione pubblica.
Un segno di questa competizione tra lo Stato della legge e il governo dell’anti-Stato è rintracciabile proprio nell’argomento garantista usato dai politici corrotti per cercare di restare al loro posto: "Non mi dimetto fino a quando non c’è una sentenza del tribunale" è una dichiarazione che denota tra le altre cose un fatto gravissimo: la decadenza, il disprezzo quasi, della rappresentanza politica, la quale non si sorregge sulla prova provata dei tribunali, ma sulla fiducia che dovrebbe legare con vincolo libero eletti ed elettori. Perché, evidentemente, l’accusa non ancora provata è comunque un macigno che si frappone fra i cittadini e i rappresentanti. E se l’ombra di sospetto da sola non è sufficiente a consigliare le dimissioni, ciò significa che la sfiducia, o il timore di perdere la fiducia dei propri elettori, non funziona più come deterrente; significa anzi che è irrilevante quello che pensano i cittadini di chi li rappresenta, che la loro opinione non determina, non controlla, non influenza più chi opera nelle istituzioni. Significa infine che l’elezione serve non a istituire la rappresentanza ma a creare commessi di affari e clientele. Questo è uno degli effetti più micidiali che il governo sotterraneo ha sulle istituzioni democratiche, le quali sono usate per coprire ciò che né la legge né i cittadini devono vedere, per fare l’opposto di ciò che le istituzioni politiche devono fare. Entra a questo punto in gioco l’altro attore del nascondimento.
L’altro dei due governi che operano nel nostro paese è quello fittizio dei media. Se il governo degli affari privati è invisibile perché segreto, questo governo dell’immaginario mediatico è una costruzione per il pubblico, pensata e messa in scena per un destinatario che deve essere e restare passivo, un’audience priva di argomenti che servano a formulare giudizi valutativi; un pubblico che è anzi fabbricato dal sistema mediatico e da chi dovrebbe essere oggetto di monitoraggio affinché non veda, non si renda conto, non sappia che dietro all’immagine propagandata o non c’è nulla o c’è ciò che non si deve vedere. Il governo creato dai media è astratto, irreale: uno spettacolo che va in onda tutti i giorni, alcune volte al giorno da diversi mesi e mette in scena la favola del fare e dell’ottimismo, la rassicurazione che la corruzione lambisce solo pochi, e poi la storia delle cospirazioni ordite da poteri indiscreti come i giornali o eversivi come i magistrati. Questo governo dell’immaginario mediatico non corrisponde a un governo esistente ma copre quello che il governo esistente fa, cosicché nessuno alla fine sa da chi é governato. Perché di questi due governi, uno segreto e uno immaginario - il primo tragicamente reale ma nascosto, il secondo visibile ma irreale - nessuno si basa sulla fiducia dei cittadini: il primo per l’ovvia ragione che vive nel sottosuolo e nessuno dei suoi atti deve trapelare; il secondo perché è un’invenzione commerciale fatta ad arte da chi governa con l’esito che i cittadini non dispongono di una realtà di riferimento autonoma alla quale rivolgersi per cercare conferme o smentite a quello che si vede e si sente. L’Italia ha due governi molto potenti, gestiti e organizzati in modo da evitare il giudizio, della legge e dell’opinione pubblica. È questa segretezza che li rende a tutti gli effetti una negazione della democrazia, anche se sono il prodotto di una maggioranza che governa con il consenso elettorale.