Nello scorso numero abbiamo analizzato il problema dei residui passivi del Mibac. Quest’enorme questione non esaurisce però il tema della gestione delle risorse. L’altra faccia della medaglia è l’efficienza della spesa e la dolorosa impressione è che le inadeguatezze in entrambi i settori si sommino.
Tutti abbiamo letto sui principali quotidiani della nomina a direttore dei lavori (29 milioni di euro) per i Nuovi Uffizi di una persona, diciamo, inadeguata. Riproponiamo alcuni brani delle intercettazioni alla “cricca”. Salvatore Nastasi, capo di Gabinetto del Mibac ad Angelo Balducci: “Mi sembra una buona squadra”, commentando compiaciuto gli incarichi (Mauro Della Giovampaola soggetto attuatore, Enrico Bentivoglio, responsabile unico del procedimento, Riccardo Miccichè, direttore dei lavori) per i Nuovi Uffizi. Ma lo stesso Fabio De Santis, Provveditore alle opere pubbliche della Toscana (colpito in seguito da un ordine di custodia cautelare), non ne è convinto. “Non ci posso credere (ride). Quando lo vedo (Nastasi, Ndr) gli dico ‘siamo proprio dei cazzari, guarda, siete proprio dei cazzari, andate in giro a rompere il c...”. De Santis racconta di averlo fatto presente a Nastasi durante un viaggio in treno: “Quando stavamo soli gli ho detto ‘Salvo (Nastasi, Ndr) ma siamo sicuri di quel siciliano?”. “Sì, non ti preoccupare, poi c’ho un fatto personale che tu non c’hai’ “.
Ora, comprendiamo il desiderio del Ministro Bondi di non veder lordata la sua onestà, ma non volendo ricorrere al “non poteva non sapere”, ci vediamo costretti a chiedere chiare e inequivocabili delucidazioni sulla vicenda. Se è vero, come ci piace credere, che il Ministro è all’oscuro del “fatto personale” al quale si riferisce il potente Nastasi, non possiamo esimerci dal ribadire l’inopportuna e rischiosa acquiescenza del titolare del Mibac verso colui che da più parti viene definito il vero Ministro. Ricordiamo, inoltre, che il pluricommissario Nastasi (aspirante collaudatore per 750mila euro in quel di Venezia) è già stato più volte al centro di intercettazioni telefoniche, che ne hanno evidenziato la propensione alla concretezza. Si può capire che un poeta preferisca non occuparsi di lordure e di materie economiche, tuttavia tra i doveri di un Ministro, ahinoi, ci sono anche queste bassezze. Se l’esemplare Cavaliere, a malincuore, denuncia le malefatte del suo ex ministro Scajola e si lamenta della propensione affaristica di molti dei suoi seguaci, non potrebbe il fido Bondi seguirne le orme? Quiz per i lettori: “Dobbiamo mettere Elisabetta Fabbri, nominata Commissario dal Ministero perchè è donna, perchè risponde, è sveglia, è fuori dai giri nostri, è una brava professionista, non ha mai tradito in nessun senso, ascolta le cose che gli si dicono”. Chi ha detto una simile frase? a) don Vito Corleone nel Padrino parte II b) Tony Montana in Scarface c) Edoardo Nottola in Mani sulla Città? Nessuno dei tre. Queste parole sono di Nastasi, riportate nelle intercettazioni su altri affari toscani della “cricca”, quelli riguardanti i lavori per il Maggio fiorentino (del quale il capo di Gabinetto è stato commissario). Tutti noi parliamo molto liberamente nelle conversazioni private e forse è illegittimo trovarne traccia su un quotidiano. Tuttavia, il gergo usato evidenzia una mentalità e un modo di concepire l’azione di governo agli antipodi con qualunque corretta amministrazione della cosa pubblica, più adatti forse alla gestione di Cosa nostra.
Questi episodi (al di là dell’opportunità per il Ministro di continuare il rapporto fiduciario con il suo capo di Gabinetto, senza dover attendere conferme su eventuali responsabilità penali) evidenziano il grumo di opachi interessi che si addensa attorno agli appalti sui Beni culturali. Questo settore, fino a oggi, da parte di costoro che avrebbero dovuto indagare, i magistrati, e controllare, i Ministri, ha goduto di una considerazione e di un giudizio influenzati da una sorta di soggezione. Quasi come se gestire restauri, ristrutturazioni e interventi di tutela sul nostro patrimonio artistico comportasse un salvacondotto di merito e costituisse di per sè un lavacro nel quale le coscienze si mondavano da qualunque tentazione di sottrarre pubblico denaro. Così in questo porto franco della cultura hanno proliferato e proliferano corruzione, sprechi, abusi tali da infliggere colpi mortali alla più grande ricchezza di cui dispone l’Italia.
Come e più di quanto deve succedere in altri campi, nei beni culturali è necessario voltar pagina. Devono essere introdotti criteri scientificamente corretti per stabilire le priorità di intervento. E parimenti a quel che scrivevamo sull’amministrazione delle Soprintendenze, nelle quali servirebbe una conduzione manageriale, anche la “lista della spesa” dovrebbe esser compilata con un metodo di conservazione programmata, basata sull’analisi dello stato dei luoghi. Non è possibile continuare ad affidare i destini del nostro patrimonio artistico alle simpatie, i gusti, le relazioni, e ai vantaggi del portafoglio del funzionario di turno, troppo spesso concentrato solo a ingraziarsi il politico distratto.