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Paolo Berdini
I furbetti del tempio di Venere
15 Ottobre 2007
Beni culturali
Privatizzazioni, poteri forti e cattivo gusto concorrono al degrado dei beni culturali. Dal mensile Cartaetc., ottobre 2007

Abbiamo segnalato in molte rubriche quali siano stati gli effetti dell’aver affidato al solo mercato il governo delle città. Il caso che raccontiamo questa volta potrà in tal senso sembrare meno scandaloso. Si tratta di un atteggiamento da ancien regime da parte delle elites al potere. La sua gravità risiede nel fatto che segnali cambiamenti profondi nel funzionamento dello Stato: ad alcuni è ormai permesso tutto e diritti che sembravano universali si differenziano in relazione alla capacità economica.

Raccontiamola così, un gruppo di facoltosi amici e sodali vuol festeggiare il compleanno di attività di uno del gruppo. Avrebbero a disposizione luoghi esclusivi e inaccessibili agli sguardi indiscreti. Palazzi e giardini dove festeggiare nella discrezione. Ma a costoro è venuta in mente un’idea esclusiva: festeggiare all’interno del Foro romano, tra le rovine che tanto colpiscono l’immaginario collettivo. L’attenzione si è posata del tempio di Venere e Roma voluto da Adriano su uno spalto che domina il Colosseo. L’imperatore l’aveva voluto decastilo corinzio, e cioè formato da 10 x 9 colonne. Ai creativi della moda viene così in mente di ripristinare un tempio intero, sullo stesso luogo che le ospitava in origine. Una location mozzafiato, altro che la ricostruzione negli studi del Circo massimo per le scene di Ben Hur. E per sottolineare la propria classe e il fatto che non si bada a spese, il gruppo dei simpaticoni ha pensato bene di far ricostruire il tempio da un grande artista, Dante Ferretti, premio Oscar per la scenografia.

Ma lo Stato ha le sue regole e, come noto, alcuni edifici sono tutelati per consentirne la conservazione, per tramandarli alle future generazioni. Una di quelle fissazioni burocratiche, di quegli intollerabili lacci e laccioli inventati dallo stato liberale, devono aver pensato i sodali. Così la Soprintendenza archeologica di Roma dopo il primo scandalizzato rifiuto a concedere quel luogo è venuta a più miti consigli, ci dicono, per l’intervento dei potenti politici di turno. Segno appunto che lo Stato è finalmente diventato più moderno, più sensibile e più attento alle ragioni dell’economia. La presenza di Francesco Rutelli a capo del dicastero sembra dare i primi buoni frutti, l’esperienza dello scempio dell’Ara Pacis ha evidentemente insegnato qualcosa.

Così, come nelle più belle favole, all’allegra brigata è riuscito un colpo da manuale: festeggiare i quarantacinque anni della carriera dello stilista Valentino all’interno di un tempio e il Colosseo davanti agli occhi. La sera del sei luglio 2007, trecentocinquanta esponenti “della prima fila” tra cui spiccavano Carolina di Monaco, Claudia Schiffer, Anne Wintour, direttrice di Vogue america, solo per fare alcuni esempi, e tanti altri, ad iniziare dall’incontenibile delegazione dei politici di turno, potevano godere di un luogo da sempre chiuso al pubblico. Le esigenze del mercato consentono di poter disporre di tutto, di ogni cosa, di ogni luogo. Se chiedete perché sia stato concesso di far svolgere una festa privata in un luogo tutelato, vi spiegheranno infatti che il ritorno d’immagine dei video che invaderanno il mondo porterà colossali fortune al popolo romano.

A cento metri dal luogo del misfatto, il piano terra del Colosseo è chiuso da decenni da vecchi e ossidati tubi innocenti il cui unico merito è quello di consentire il passaggio della blasonata colonia felina. Ma sono vergognosamente brutti. Eppure il Colosseo è meta di interminabili code di visitatori, in media 3 milioni e mezzo all’anno, per un introito di almeno 21 milioni di euro. Una parte di questo tesoretto poteva essere almeno utilizzata per realizzare una chiusura dignitosa, ma forse quei soldi sono serviti a finanziare le imprese. E se il comparto pubblico è stato messo in condizione di non fare nulla, all’iniziativa privata non si deve frapporre alcun limite. I furbetti del tempio di Venere hanno vinto. Del resto, i problemi delle città non esistono più, si limitano soltanto la fastidiosa presenza di lavavetri e accattoni. Tutto il resto va benissimo.

Sull'argomento vedi anche Pecunia non olet e Valentino & monumenti.

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