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I frutti avvelenati del condono
13 Agosto 2006
Abusivismo
Alcuni articoli da la Repubblica e il Corriere sul problema dell'abusivismo a Roma a 3 anni dal condono edilizio. Demolizioni bloccate e l'Appia come nelle descrizioni di Cederna di 50 anni fa. (m.p.g.)

Abusivismo, stop alle ruspe

di Cecilia Gentile

la Repubblica, ed. Roma, 12 agosto 2006

Settanta demolizioni sospese. Ci sono le ville del parco di Veio, i cinque fabbricati di un vivaio a Caracalla, una sopraelevazione a via Margutta, tanto per fare qualche esempio eccellente. Il Comune ha le ruspe pronte, ma le mani legate. Bisogna prima dare il tempo ai responsabili degli abusi di organizzarsi. E´ quanto sta succedendo a Roma, dopo la decisione del Tar, che ha dato un´interpretazione molto restrittiva della legge sul condono edilizio.

Spiega Luca Odevaine, vice capo del Gabinetto del sindaco: «Finora abbiamo eseguito le demolizioni contestualmente alla notifica del provvedimento, per prendere di sorpresa l´abusivo e non dargli il tempo di resistere. In altre parole, usavamo la procedura d´urgenza, secondo quanto indicato dall´ultima legge sul condono edilizio, che dava facoltà ai comuni di abbattere d´ufficio tutti gli abusi costruiti dopo il 31 marzo 2003, termine stabilito dalla stessa legge per le costruzioni con diritto di sanatoria. Dal marzo scorso, invece, il Tar del Lazio ci ha prescritto di dividere la procedura in due fasi distinte. In questo modo l´abusivo ha tutto il tempo di organizzarsi, mettendo anziani o bambini nella costruzione da demolire, oppure barricandosi, oppure, come nel caso più frequente, presentando ricorso al Tar. Una volta fatto ricorso, bisogna aspettare che il tribunale amministrativo si pronunci. E i tempi, si sa, sono lunghissimi».

Cala dunque il sipario sull´epoca dei blitz? E´ grazie a questa strategia che la prima giunta Veltroni in cinque anni è riuscita ad abbattere 350.000 metri cubi di cemento fuorilegge. E´ grazie all´effetto sorpresa che le ruspe hanno sbriciolato, per esempio, la parte abusiva dell´hotel Summit, 30.000 metri cubi ricavati sbancando una collina in via della Stazione Aurelia, le ville del parco di Veio e dell´Appia Antica, le costruzioni accanto a Villa Borghese, i superattici con vista mozzafiato nel cuore di Roma. Ancora: un palazzo di 10.000 metri cubi a Casal del Marmo, la più grande demolizione dopo quella dell´ala abusiva del Summit.

«In questo modo il Tar ci spunta le armi e ci toglie uno strumento importante per tutelare la città ed assicurare il rispetto delle regole», continua Odevaine, che sta cercando di superare l´empasse con l´aiuto dell´Avvocatura del Comune. «In accordo con il Tar - informa il vice capo di Gabinetto - stiamo lavorando per trovare un´interpretazione meno restrittiva della legge sul condono, perché tutto il lavoro di accertamento dell´abuso e di preparazione della demolizione non venga reso inutile alla fine, di fronte alla resistenza dell´abusivo. La tempestività è tutto in questi casi».

«Abusi? Ci sentiamo soli»

di Paolo Brogi

Corriere della Sera, ed. Roma, 8 agosto 2006

Il tavolo pieno di cartelline con richieste di condono. E di foto. Una mostra una bella piscina, in un'area adiacente alla Villa dei Quintili, tra Appia Nuova e l'Appia Antica. Se ne chiede il condono, peccato che non solo sia dentro il Parco dell'Appia ma addirittura sopra il Circo dei Quintili. La task force capitanata da Rita Paris, la funzionaria della sovrintendenza archeologica a cui compete l'Appia, cerca di trattenere questo nuovo assalto, centinaia e centinaia richieste di regolarizzare ciò che non può essere regolarizzato. Livia Gianmichele, Aldo Cellini, Antonella Rotondi e Rita Paris cercano di trattenere l'arrembaggio che riporta al clima da anni ‘50. Intanto basta già la semplice richiesta di condono: l'abuso è di fatto al riparo dalle ruspe. In più, non tutte le richieste approdano in sovrintendenza. Una parte si ferma nell'ufficio comunale dei condoni, che intanto incassa soldi, quelli previsti dai provvedimenti di regolarizzazione. Richieste spesso imbarazzanti. In via Appia Pignatelli, al 5, ecco tre villini costruiti in mezzo ai monumenti funerari sorti sopra le catacombe di Pretestato, monumenti già noti a Pirro Ligorio che li ritrasse nel ‘600. Piccole volte, colonne, basamenti vari ridotti ad arredo delle ville, come fossero parte naturale di quei giardini. E che ora i proprietari vorrebbero «sanare». Ovvio il parere negativo della sovrintendenza. Ma dopo cosa succede? Se lo chiedono in soprintendenza, che spesso nelle conferenze di servizio, ripetono ai funzionari capitolini: «A cosa vi riferite per i condoni dal momento che tutto il territorio dell'Appia è inedificabile?». «Ci sentiamo molto soli - spiega Rita Paris -. Il fenomeno è gravissimo, per numero di abusi e scempio del territorio. E dell'entità e gravità del problema ne siamo a conoscenza solo noi...».

Far West Appia: il mausoleo scomparso

di Paolo Brogi

Corriere della Sera, ed. Roma, 8 agosto 2006

Il Far West a Roma si chiama Appia. Ed è li che può scomparire addirittura una domus con annesso mausoleo. Sulle guide il monumento c'è, all'altezza del IV miglio, in un diverticolo della «regina viarum», via dei Lugari. Siamo poco oltre il Circo di Massenzio e la Tomba di Cecilia Metella, quando superate sulla sinistra uscendo la tomba di Marco Servilio (con i resti rinvenuti da Antonio Canova) e il sepolcro di Seneca si arriva all'altezza del tempio di Giove, un monumento in laterizio del II secolo d.C. Dall'altra parte della strada c'è ciò che resta del mausoleo di Sant'Urbano e ciò che è praticamente scomparso dell'annessa «domus Marmeniae». Ecco, in sintesi estrema, il monumento che non c'è più. Ci sono invece le costruzioni che hanno inglobato la domus di Marmenia, la matrona cristiana che al tempo di Antonino Pio fece traslare in questa zona i resti del martire Urbano, e di cui ora grazie all'ultimo condono del 2003 la proprietà chiede la regolarizzazione. Uno dei duemila condoni che assediano la sovrintendenza in quest'area pre in laterizio, con le sue tre absidi e la scala monumentale in direzione dell'Appia. I fratelli Lugari, i proprietari del fondo, sotto la sorveglianza del direttore dell'Ufficio tecnico degli scavi d'Antichità, il mitico Rodolfo Lanciani, dettero il via a una campagua di scavi che riportò in luce tutto il monumento con annessa l'ampia domus di Marmenia. Lungo i lati del diverticolo in basolato furono scoperte diverse strutture sepolcrali in opera laterizia, due delle quali di forma semicircolare, oltre a numerose sepolture ad inumazione coperte da tegole, particolarmente addensate attorno al mausoleo del martire Urbano. Dopo la lunga esplorazione, conclusa a fine ‘800, i fratelli Lugari curarono il percorso di visita dell'area che diventò meta di turisti e visitatori.

Ancora negli anni ‘50 nelle piante catastali era visibile il perimetro dell'area degli scavi che non vennero mai interrati, e alcune delle strutture della domus sono descritte dalla guida di Lorenzo Quilici negli anni ‘70. E poi? Poi il basolato è scomparso sotto una piscinetta, nel sottoscala del mausoleo sono stati ricavati un tinello e un cucinino, con un barbecue esterno, il tutto perseguito dalla sovrintendenza archeologica e considerato infine «non reato» dalla magistratura del tempo. La «domus» invece è stata inglobata da un villino a un piano con annessa una dependance per il portiere, che sorgono al numero sette di via dei Lugari. Spiega la relazione tecnica presentata per il condono che si tratta di una struttura principale di 104 mq al piano-terra e di 60 mq al primo piano, mentre la dependance è cca. 27 mq. «Da accurato esame visivo - spiega il relatore, un geometra - si è potuto stabilire che il corpo principale, al piano terra, di epoca presuntivamente romana, della superficie di 74 mq e dell'altezza di 3,10 metri è stato ampliato sul lato nord, costruendovi un altro corpo, dell'altezza di 3 metri e 25 centimetri e della superficie di 29 mq collegato con esso e che oggi costituisce la zona servizi della casa...». Il geometra indica poi ciò che a parer suo sono gli «abusi» per i quali si può chiedere la sanatoria e in particolare ricorda la «costruzione abusiva del corpo al piano terra, attaccato alla costruzione antica» e la «costruzione abusiva del corpo al primo piano sopra la costruzione antica...».

Fa impressione tutta questa documentazione che, assolutamente in regola con lo spirito dei condoni, mostra a che punto si sia potuti arrivare in un territorio di così gran pregio storico-archeologico-culturale come quello dell'Appia Antica. E fa impressione constatare come lo stesso Mausoleo, che è obliterato oggi alla vista e che non si vede più insieme a ciò che è stata la «domus Marmeniae», sia intimamente collegato a un'altra zona poco lontana come quella delle catacombe di Pretestato, di cui parliamo qui sotto con un altro abuso illustrato nella foto in basso. Da lì infatti i resti del martire Urbano furono traslati per impegno di Marmenia che li volle accanto alla sua abitazione per farne un santuario. Un mausoleo e una domus che sono diventati oggi un problema dell'ufficio condoni. Certo, l'Appia non sarà più la «terra di gangsters» come scriveva 50 anni fa Antonio Cederna, ma il Far West non è mai finito.

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