Secondo il fondatore di Repubblica Matteo Renzi ha riportato Berlusconi al centro della politica italiana, gli concedendo al colpevole di furto allo Stato l'atto di clemenza che Giorgio Napolitano gli ha negato, e tuttavia va bene così. Viviamo in un mondo di poeti, se è vero che “è del poeta il fin la meraviglia”. La Repubblica, 19 gennaio 2014
IERI si è combattuto il giorno interosulla legge elettorale, anche il giorno prima si era combattuto e anche oggi edomani si continuerà perché lo scontro avverrà su un compromesso ed anche icompromessi contemplano molte varianti.Per abbreviare il linguaggio politico emediatico il confronto avviene attorno al modello della legge elettoralespagnola definita Ispanico, scritto con la maiuscola. Mi viene in mente uncelebre film il cui protagonista era l’attore Crowe, generale delle legioni esupposto successore di Marc’Aurelio il quale però venne ucciso dal figlioCommodo che diventò imperatore. L’ex generale fu ridotto in schiavitù echiamato Ispanico; dopo varie vicende affrontò lo stesso Commodo nell’arena delColosseo. Si uccisero reciprocamente e il film si chiude con l’arrivo diIspanico nei Campi Elisi dove ritrova sua moglie e i suoi figli.
Resta ora da capire per noi che viviamoduemila anni dopo questa romanzesca vicenda, chi sia l’Ispanico di oggi: seBerlusconi o Renzi o Letta. Personalmente propendo per Berlusconi, somigliaall’Ispanico del film sia come capo di legioni sia nella fase della schiavitù(condannato dalla Cassazione e deposto dal Senato) sia nel ritorno ai CampiElisi. C’è tornato infatti ieri sera nell’incontro con Renzi nell’ufficio cheera stato di Bersani, e ci resterà ormai per sempre, quali che siano irisultati dell’incontro.
Berlusconi l’Ispanico. Renzi l’hariportato al centro della politica italiana. Compiendo quell’atto di clemenzache il Cavaliere aveva invano atteso da un «motu proprio» di Napolitano e cheil Presidente si è sempre rifiutato di concedere per la semplice ragione chenon può ignorare le sentenze definitive della magistratura, rafforzate dalledecisioni altrettanto definitive del Senato della Repubblica. La clemenza «motuproprio» gliel’ha accordata Matteo Renzi. Nessuno lo obbligava, la leggeelettorale ha carattere ordinario, non costituzionale, anche se è direttamentelegata alla trasformazione del Senato in Camera delle regioni, senza di cheresterebbe in piedi la trappola del bicameralismo perfetto che non esiste innessuna democrazia occidentale, neppure in quella presidenzialistica americana. Allora perché il sindaco di Firenze hadeciso di riportare nei Campi Elisi l’Ispanico Berlusconi, con la sua fidanzataFrancesca Pascale e il cagnolino Dudù?
Ho letto con molto interesse qualche giorno faun articolo di Asor Rosa sul Manifesto: un articolo decisamente anti-renziano ealtrettanto decisamente filo-lettiano pur essendo Asor Rosa un intellettualeche vagheggia una nuova sinistra- sinistra. Non è paradossale che unapersonalità come Asor Rosa arrivi ad una conclusione così contraddittoria?Seguendo quale logica? Rosa lo dice: il Pd non c’è più, è un partito laceratoda correnti, correntine e spifferi di corrente, che si è consegnato di fatto aMatteo Renzi, sia in quelli che lo appoggiano sia in quelli che lo contrastano.In entrambi i casi le varie fazioni agiscono alla cieca o per interessi propri.I più contrari a Renzi, come Fassina o Civati, auspicano elezioni immediate ecoincidono in questo punto di fondo con il sindaco di Firenze.
Il partito non c’è più, c’è Renzi, ilquale deve portare a casa riforme che facciano colpo sull’immaginario deglielettori. La legge elettorale interessa assai poco la gente, i lavoratori, lefamiglie che non arrivano alla fine del mese, i poveri e i poverissimi ma anchegli agiati che vivono con l’incubo di precipitare in basso. Questa gente non haalcuna stima della politica ma resterebbe colpita dal fatto che un politico dinuovo conio porta a casa un risultato concreto. Quale che sia, interessi o menola gente, è pur sempre un risultato, ottenuto in pochi giorni. La gente nesarebbe stupefatta se questo avvenisse. Il renzismo guadagnerebbe fiducia tantopiù che il nuovo leader promette anche obiettivi economici «a portata di mano». Chi ha esaminato a mente fredda quelle promesse ha capito che non sono affatto a portata di mano, ma una buona parte degli italiani ha sempre creduto che i miracoli si fanno, la bacchetta magica esiste e anche l’asino che vola c’è da qualche parte. Se così non fosse, non ci sarebbe un venti per cento di elettori che vota ancora per Silvio. Silvio c’è e se non ha fatto miracoli è perché finora gliel’hanno impedito i suoi nemici toghe rosse e comunisti. Meno male che Silvio c’è e dunque anche meno male che c’è Renzi. Si somigliano? Sì, si somigliano e anche molto.
La vera — e formidabile — bravura di Silvio è sempre stata quella d’incantare la gente, ma è la stessa bravura di Matteo che sa incantare la gente come Silvio e anche di più ora che Silvio è vecchio e fisicamente un po’ provato. Matteo è un Silvio giovane dal punto di vista dell’incantamento e quindi più efficace.
Adesso il suo problema sarà quello di convincere Alfano a contentarsi. Gli ha offerto uno stock di seggi basati sul proporzionale ma corretti da un maggioritario assicurato dal premio di maggioranza che le liste dei partiti maggiori otterranno. Alfano avrà meno di quanto sperasse col doppio turno continuando tuttavia ad esistere, ma con Silvio l’Ispanico restituito al suo ruolo di salvatore della Patria. È terribilmente scomoda per Alfano una convivenza di questo genere. O si oppone al compromesso che gli viene proposto o il suo movimento finirà di nuovo nelle braccia di Berlusconi. Questo è il dilemma che dovrà sciogliere nelle prossime quarantott’ore.
C’è tuttavia un aspetto di questa situazione politica: è interesse della democrazia italiana l’esistenza d’una destra moderata, repubblicana ed europeista, che restauri l’alternanza tra le due ali dello schieramento nell’ambito di quei principi sui quali è nata la democrazia europea simboleggiata dalla bandiera tricolore: libertà, giustizia, fraternità. In Italia ci fu la destra storica dopo la quale cominciò il gioco malandrino del trasformismo con interruzioni di governi autoritari comunque mascherati. Alfano può non piacere, non è certo un personaggio attraente, carisma zero, intelligenza politica dubitabile, ma non c’è solo lui in questa prima esperienza di destra moderata, ci sono Lupi, Cicchitto, Quagliariello. Siamo comunque ad un primo esperimento, ma merita di non essere schiacciato e ributtato indietro. È una mossa intelligente quella di Renzi di avergli offerto una ciambella di salvataggio, ma la ciambella funziona se il mare è calmo e la costa è vicina. Con Berlusconi risuscitato la costa è assai lontana e il mare in tempesta. Questo è il punto che Alfano e i suoi dovranno valutare con la massima attenzione.
Nel frattempo la recessione economica sembra aver toccato il fondo cominciando a risalire. I dati per la prima volta registrano un aumento dei fatturati; la speranza è che i consumi riprendano e il «credit crunch» delle banche abbia finalmente una fine. La Commissione della Ue, si spera ed è probabile, darà un giudizio favorevole sulla politica economica italiana, specialmente per quanto riguarda le privatizzazioni e la revisione delle spese superflue. Le privatizzazioni consentiranno una diminuzione consistente del debito pubblico, la riduzione della spesa e l’appoggio dell’Europa potrebbero liberare risorse per incentivare la domanda interna ed anche quella estera. Il trattato con la Svizzera sui capitali italiani depositati nelle banche di quel Paese è vicino alla sua conclusione e ci darà una congrua disponibilità di nuove risorse.
Insomma tra un anno il rilancio dello sviluppo potrebbe essere consolidato e i riflessi su investimenti e occupazione potrebbero essere consistenti. Non siamo certo in grado di giudicare se Renzi sarà lieto di questo risultato, ma tutti gli italiani ne saranno confortati e la rabbia sociale sarà confinata in piccole minoranze. Il Silvio Ispanico si attribuirà tutti i meriti. È sempre avvenuto e sarà ancora una volta così. Speriamo soltanto che gli italiani che credono nelle favole siano meno numerosi di oggi e i partiti più idonei a capire le differenze tra cultura politica e improvvisazione. Ci vogliono tutte e due queste capacità, una sola è una sciagura.