«La Nuova Venezia, 6 giugno 2014
Vent'anni fa la reazione a Tangentopoli fu forte e generò, fra l'altro, una buona legge sugli appalti, la legge Merloni del 1994, che restituiva trasparenza ai lavori pubblici e all'edilizia, fonti di corruzione diffusa, anche a livello locale.
Durò poco purtroppo. Il ’94 segna sul calendario la vittoria di Silvio Berlusconi alle elezioni politiche e l'inizio di continue modifiche peggiorative, fino allo stravolgimento, di quelle norme fondamentali accusate di essere “troppo rigide”, ovviamente. Dopo anni e anni di assuefazione alle “cricche”, quale sarà la reazione oggi a scandali di proporzioni gigantesche come quelli di Expo 2015 e del Mose?
Credo che sia del tutto frustrante gettare la croce addosso alla “casta” e/o alla “burocrazia” e che sia invece fondamentale dedicare ogni tempo parlamentare utile a un pacchetto di misure - repressive ma ancor più preventive - contro la corruzione e alla riforma della giustizia. Sulle quali si gioca, assai più che su una discutibilissima e sempre più impantanata “riforma” del Senato, la credibilità, “la faccia” del governo guidato da Matteo Renzi. E non è per niente facile.
Lo scasso della legge Merloni sugli appalti e quello di talune norme essenziali sui processi è stato compiuto o tentato da ministri, a cominciare da Alfano, presenti nell'attuale governo. Mentre la maggioranza “per le riforme” è sostenuta da Berlusconi che porta talune gravissime responsabilità: la legge-obiettivo del 2001 che sintetizzava il peggio del Mose rendendo “normali” tutti gli aggiramenti della concorrenza fra le imprese (“protette” e, di fatto, oligopolistiche) ed estendendo il manto di una onnipotente Protezione Civile. Dopo i grandi appalti assegnati in forma “discrezionale”, pure quelli fino a 500mila euro furono espletati “a trattativa semplificata”, senza una vera gara pubblica, favorendo il diffondersi della corruzione a livello locale. Tanto più che il racket, in cerca di occasioni per “ripulire” i grandi profitti criminali, era risalito al Nord e si infilava nella fase attuativa delle opere pubbliche, nei subappalti. Nel solo Veneto esse valevano nel 2009 ben 7,3 miliardi. Nel 2011 l'inascoltata Autorità di vigilanza sui pubblici contratti (Anpc) denunciò che, in tutta Italia, il 28 per cento degli appalti (per 28 miliardi di euro) era stato assegnato così.
Poco prima che esplodesse la “bomba” di Expo 2015, il ministro Maurizio Lupi ha proposto, significativamente, di far rientrare quella Autorità all'interno del suo Ministero delle Infrastrutture. Invece abbiamo più che mai bisogno di Autorità “terze”, neutrali, attrezzate, che prevengano e svelino quella selva di intrallazzi, di tangenti pagate a esponenti di ogni partito, di sovraccosti (del 40 per cento) scaricati sui soliti contribuenti. Matteo Renzi ha preso di petto spesso le Soprintendenze responsabili, a suo avviso, di bloccare questo o quel lavoro, ha attaccato in blocco la burocrazia all'insegna della “semplificazione”, dello “Sblocca-Italia”.
Ma i controlli strategici, preventivi, degli organismi di tutela devono esserci. Eccome. L'ultimo Rapporto dell’Unione europea sulla corruzione reclama misure molto più incisive della legge Severino del 2012: rendere meno brevi le prescrizioni, ripristinare il reato di falso in bilancio, colpire l'autoriciclaggio e altro ancora. Secondo “Trasparency International”, i processi estinti per prescrizione sono da noi sul 10-11 per cento contro lo 0,1-2 per cento appena della Ue. Prescrizione breve e giustizia lenta lasciano impuniti tanti amministratori pubblici, politici, imprenditori delinquenti e incoraggiano altri a rubare. Non a caso dal Mose emergono anche nomi già noti alle cronache giudiziarie. Su questi “buchi neri” si deve concentrare l'azione del governo Renzi. Questi sì che allontanano gli investitori stranieri dall'Italia. E non si chiedano miracoli al pur bravo Raffaele Cantone. Ci vogliono norme chiare, mezzi adeguati, uomini preparati e volontà politica di uscire davvero da questa mortifera palude.