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Salvatore Settis
I Beni culturali in rovina
11 Gennaio 2006
Beni culturali
Prosegue allegramente la distruzione della maggiore risorsa del Malpaese. La Repubblica 10 gennaio 2006

Prosegue senza soste (senza rimedio?) la penosa deriva del ministero dei Beni culturali. Il "valzer delle poltrone" denunciato con nomi, cognomi e indirizzi da Antonello Cherchi sul Sole-24 ore del 6 gennaio non è un episodio isolato, per quanto rivelatori possano essere i suoi aspetti più grotteschi, come il decreto-legge pubblicato per errore sul sito del ministero (poi velocemente ritirato), con notazioni a mano che mettono a nudo personalismi assai discutibili.Ma non si tratta solo di fatti di costume, pur deplorevoli, bensì del profondo malessere di tutta l´amministrazione pubblica della tutela. E´ infatti significativo che le lotte di potere, le spartizioni, i favoritismi clientelari abbiano a oggetto le poltrone ministeriali, accentuando il perverso processo di gigantismo burocratico degli uffici centrali del ministero, mentre la periferia langue. Basti qui ricordare che le direzioni generali, solo quattro fino a pochi anni fa, si sono raddoppiate con la riforma Melandri e triplicate con quella Urbani, senza contare l´aggiunta dei direttori regionali. Continua intanto l´annoso blocco delle assunzioni, più o meno metà delle Soprintendenze sono coperte per reggenza in mancanza di Soprintendenti di ruolo, e l´età media dei funzionari si aggira sui 55 anni. Viene così stravolto e mortificato il principale vanto della storia italiana della tutela, il suo carattere territoriale. Il ministero diventa un mostro con una testa sempre più grande e un corpo sempre più gracile. Soprintendenze, archivi e musei fronteggiano compiti accresciuti con fondi cinicamente decurtati a ogni Finanziaria (lo ha ricordato Corrado Augias in queste pagine) e personale sempre più scarso e sempre più vecchio. In questo contesto, il nuovo Codice dei Beni Culturali o qualsiasi altra norma rischia di diventare rapidamente carta straccia per mancanza di chi ne curi l´applicazione.

Ma finite le Soprintendenze per il graduale pensionamento di tutti e la mancanza di turn over, chi si occuperà della tutela in Italia? Per i musei almeno, la risposta è pronta, anzi strombazzata a ogni occasione: ci penseranno le fondazioni museali. Peccato che chi le presenta come la soluzione salvifica rimuova in blocco i fatti: la legge Veltroni che prevede le fondazioni museali a cui "conferire" in gestione i patrii musei è del 1998, il regolamento Urbani del 2001; ma ad oggi esiste una sola Fondazione costruita intorno a (o a spese di) un museo statale, quella del Museo Egizio di Torino. Ma esiste veramente? Sembrerebbe di sì, visto che è stata solennemente inaugurata due volte, da Urbani e poi da Buttiglione, e che può contare sul robusto appoggio di due grandi fondazioni bancarie. Ma fino ad oggi non si è riuscito nemmeno a "conferire" il Museo alla Fondazione, che gestisce la biglietteria mentre a tutto il resto (Museo e personale) pensa lo Stato. Esiste in compenso un Consiglio di amministrazione (dove non siede nemmeno un egittologo), che ha assunto il nuovo direttore del Museo senza consultare il Comitato Scientifico, presieduto e composto da egittologi illustri.

Le Soprintendenze vengono defunzionalizzate (anche con la creazione delle direzioni regionali, ulteriore tramite burocratico fra tutela territoriale e ministero), le fondazioni non riescono a decollare, e intanto si moltiplicano e si radicano le posizioni di potere nei corridoi del ministero. Se il disegno è di chiudere bottega non c´è che dire, la strategia è perfetta. E´ dunque diventato un ferrovecchio anche il glorioso articolo 9, il più originale della nostra Costituzione come ha detto il Presidente Ciampi? Mentre si avvicinano le elezioni politiche, è giusto ricordare che gli elementi di questa deriva istituzionale, che negli anni del centrodestra ha raggiunto un livello preoccupante, hanno però radici nei governi di centrosinistra. Ad essi risale l´istituzione delle direzioni (allora Soprintendenze) regionali e la prima, più moderata moltiplicazione delle poltrone ministeriali; ad essi l´istituzione delle fondazioni museali, ottima idea per convogliare iniziative e fondi privati se la normativa non fosse stata concepita in modo così sgangherato. Anche il blocco delle assunzioni, assoluto in questa legislatura, fu solo modestamente intaccato nella precedente.

Di fronte a questa crisi ormai insopportabile del settore, questi precedenti poco esaltanti vanno tenuti a mente. Finora non è stato rivelato quale sia il progetto della coalizione di centrosinistra su questo fronte delicatissimo e vitale, e speriamo di saperlo presto. Un´inversione di tendenza è necessaria, ma perché sia efficace occorrerà alla sinistra anche una buona dose di autocritica. Se la Costituzione non è un ferrovecchio, l´amministrazione pubblica della tutela ha bisogno non solo di più fondi, ma di un´iniezione massiccia di nuovo personale di garantita competenza, di Soprintendenze territoriali autonome e funzionali, di una burocrazia centrale più snella, di un nuovo rapporto con Regioni, enti locali e privati ridisegnato sulla base di un grande patto nazionale per la tutela.

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