Il manifesto, 27 maggio 2015
Se ci fosse stato bisogno di una conferma che di guerra si tratta per il documento strategico di 19 pagine presentato da Mogherini all’Onu nemmeno due settimane fa su «Libia, migranti e scafisti», ecco la rivelazione di Wikileaks — anticipata dall’Espresso — che rende noti due protocolli riservati della Ue sull’operazione. È una missione militare in Libia a tutti gli effetti e non un’operazione di polizia per salvare migranti, come invece raccontano i ministri Alfano e Gentiloni. La Ue con la sua flotta navale unita — finalmente l’Unione — commenta Wikileaks «schiererà la forza militare contro infrastrutture civili in Libia per fermare il flusso di migranti. Dati i passati attacchi in Libia da parte di varie paesi europei della Nato e date le provate riserve di petrolio della Libia, il piano può portare ad altro impegno militare in Libia».
Proprio mentre la Commissione Ue rivede al ribasso il «piano Juncker» per le quote dei migranti che quasi tutti i paesi europei rifiutano; e mentre al Cairo falliscono gli ennesimi incontri tribali per avere in Libia un accordo di governo — utile solo ad approvare la nostra impresa bellica. La nuova guerra durerà un anno e comunque tutto il tempo necessario a «fermare il flusso migratorio». All’infinito dunque, visto che la disperazione di chi fugge da guerre (spesso nostre) e miseria (spesso provocata da noi) è inarrestabile.
Per questo «l’uso della forza deve essere ammesso, specialmente durante le attività come l’imbarco, e quando si opera sulla terra o in prossimità di coste non sicure o nell’interazione con imbarcazioni non adatte alla navigazione». Quindi ci sono le operazioni a terra, come scriveva The Guardian. E per «la presenza di forze ostili, come estremisti o terroristi come lo Stato Islamico», la missione «richiederà regole di ingaggio robuste e riconosciute per l’uso della forza».
Ma la vera novità è l’invito esplicito dei ministri della difesa Ue: «Per l’operazione militare sarà fondamentale il controllo delle informazioni che circolano sui media». Perché il Comitato Militare dell’Ue «conosce il rischio che ne può derivare alla reputazione dell’Unione Europea… qualsiasi trasgressione percepita dall’opinione pubblica in seguito alla cattiva comprensione dei compiti e degli obiettivi, o il potenziale impatto negativo nel caso in cui la perdita di vite umane fosse attribuita, correttamente o scorrettamente, all’azione o all’inazione della missione europea. Quindi il Consiglio Militare dell’Unione Europea considera essenziale fin dall’inizio una strategia mediatica per enfatizzare gli scopi dell’operazione e per facilitare la gestione delle aspettative. Operazioni di informazione militare dovrebbero essere parte integrante di questa missione europea».
Avete capito bene: ci saranno tante vittime innocenti, vale a dire i migranti, destinati alle fosse del Mediterraneo e sottoposti sempre più ad arresti e violenze in Libia. E serviranno informazioni «mirate» dai vertici militari e un giornalismo velinaro e/o embedded con «robuste regole d’ingaggio».