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Ernesto Milanesi e Sebastiano Canetta
Grandi opere e potere
11 Giugno 2014
Venezia e la Laguna
Sullo scandalo esploso a partire dai rapporti tra affari e politica a Venezia tre articoli di Edoardo Salzano ("la grande emergenza"), Ernesto Milanesi ("La Laguna del malaffare"), E.M. e Sebastiano Canetti ("La criccaGalan").

Sullo scandalo esploso a partire dai rapporti tra affari e politica a Venezia tre articoli di Edoardo Salzano ("la grande emergenza"), Ernesto Milanesi ("La Laguna del malaffare"), E.M. e Sebastiano Canetti ("La criccaGalan"). Il manifesto, 11 giugno 2014

LA GRANDE EMERGENZA
di Edoardo Salzano

Il cata­cli­sma giu­di­zia­rio che ha squas­sato Vene­zia e il Veneto non era ina­spet­tato per chi aveva cri­ti­cato il sistema Mose e il Con­sor­zio Vene­zia Nuova fin dal loro nascere. Ciò che da allora si cri­ti­cava era, da un lato, la scelta del sistema Mose, per la sua incom­pa­ti­bi­lità con la natura stessa della Laguna di Vene­zia e con il suo deli­ca­tis­simo equi­li­brio eco­lo­gico, dall’altro la scelta della con­ces­sione a un unico sog­getto pri­vato, il Con­sor­zio Vene­zia Nuova, del com­pito di stu­diare, spe­ri­men­tare ed ese­guire l’insieme degli inter­venti previsti.

Nes­suno imma­gi­nava l’enormità della cor­ru­zione che l’attuazione di quel pro­getto e l’istituzione di quel sog­getto avreb­bero pro­vo­cato. Per com­pren­dere lo stato delle cose, cioè la dimen­sione del danno subito e i rischi che si pro­fi­lano, occorre distin­guere i tre aspetti fon­da­men­tali della situa­zione sve­lata dall’indagine della pro­cura veneziana.

Cor­ru­zione

Il primo aspetto è quello della cor­ru­zione. I risul­tati dell’indagine sono dav­vero stra­bi­lianti. Le somme di denaro distratte ille­git­ti­ma­mente per essere impie­gate nelle varie forme, legit­time e ille­git­time, è stu­pe­fa­cente. La per­va­si­vità della cor­ru­zione è un segnale pre­oc­cu­pante sull’ampiezza sociale del morbo: sem­bra che in Ita­lia cor­rom­pere o essere cor­rotti sia la regola, e l’essere one­sti l’eccezione. Da decenni per molti adem­piere a un dovere d’ufficio non è un obbligo ma un pia­cere, che deve essere ricam­biato. Nell’ultimo tren­ten­nio quel «vizietto» ori­gi­na­rio è cre­sciuto in modo abnorme, quasi come effetto col­la­te­rale della cre­scita della società opu­lenta e del disfa­ci­mento delle ideo­lo­gie (cioè della capa­cità di cre­dere in un pro­getto di società da costruire con gli altri). L’indagine giu­di­zia­ria Mani pulite svelò l’inferno in cui l’Italia era pre­ci­pi­tata e con­dusse alla crisi di quella poli­tica che aveva pro­mosso e ali­men­tato Tangentopoli.

Ma non riu­scì a mani­fe­starsi, con­tro la vec­chia cat­tiva poli­tica, una nuova buona poli­tica. Poche novità posi­tive furono intro­dotte per ripa­rare i danni. Fra le poche, la buona legge Mer­loni per gli appalti delle opere pub­bli­che fu subito annac­quata e, poco a poco, inte­ra­mente rimossa. Il primo impe­gno che dun­que si pone è, a livello nazio­nale, quello di restau­rarla. Ma quale legi­sla­tore ha la forza, la com­pe­tenza e la volontà di farlo? E quale istituzione a livello subnazionale compirà il primo passo necessario, quello di esautorare dal loro potere istituzionale quelli che sono fortemente indiziati di “complicità col nemico”, a partire dal sindaco di Venezia?

Grandi opere

Il secondo aspetto è quello delle Grandi opere. Molti dicono oggi: le grandi opere sono neces­sa­rie, non si può rinun­ciare a farle; non è la gran­dezza dell’opera che la rende neces­sa­ria­mente fonte di cor­ru­zioni. Quindi, avanti con le grandi opere limi­tan­doci a col­pire solo quelli che Benito Craxi chia­mava «marioli». È un atteg­gia­mento che si sta rive­lando pre­po­ten­te­mente anche adesso.

Biso­gna uscire dalle affer­ma­zioni gene­ri­che ed esa­mi­nare i casi con­creti. Se si farà così si sco­prirà subito che c’è un nesso pro­fondo tra cor­ru­zione e grandi opere. Più grande e costosa è un’opera, più è com­plessa, più è neces­sa­rio l’asservimento del deci­sore for­male (il par­tito, l’istituzione) agli inte­ressi dell’«impresa»: è neces­sa­rio ungere rotas, distri­buire tan­genti reali (moneta) o vir­tuali (assun­zione di amici e parenti, viaggi e altri sol­lazzi). Più l’opera cre­sce, più risorse ci sono per ungere le ruote. I due inte­ressi del donato e del dona­tore s’incontrano: più l’opera è grande più cic­cia c’è per i gatti.

Lo stru­mento che più spesso viene ado­pe­rato per ren­dere Grandi le opere è l’emergenza. Già lo si vide ai tempi di Tan­gen­to­poli. L’alibi siste­ma­tico è la rigi­dità del sistema delle garan­zie, la con­se­guente lun­gag­gine delle pro­ce­dure, la sovrab­bon­danza di con­trolli. Invece di met­ter mano a una seria riforma delle pro­ce­dure, e dei con­se­guenti appa­rati tec­nici e ammi­ni­stra­tivi che devono gestirle, si inven­tano le dro­ghe per sca­val­care i con­trolli. Anzi­ché rifor­mare lo Stato, che si è pro­ce­duto astu­ta­mente a imba­star­dire, se ne pra­tica lo sman­tel­la­mento: «via lacci e lac­cioli», «meno Stato e più mer­cato», «pri­vato è bello». Slo­gan che sono stati vin­centi anche a sini­stra. In que­sta logica l’effettiva uti­lità dell’opera non conta nulla, né con­tano i suoi «danni col­la­te­rali», e nep­pure la sua prio­rità. L’unica uti­lità è la dimen­sione dell’opera e la sua pos­si­bi­lità di giu­sti­fi­care l’impiego di pro­ce­dure ecce­zio­nali, dotate di due requi­siti: l’opacità e la discrezionalità.

Una mora­to­ria di tutte le Grandi opere in corso di ese­cu­zione o deci­sione e un attento esame, sono le deci­sioni che in un paese civile dovreb­bero esser prese. Ma l’Italia è un paese serio? Da decenni le cas­san­dre dicono di no; e Cas­san­dra, come è noto, ci azzec­cava sempre.

L’oligarchia

Il terzo aspetto rile­vante sul quale lo scan­dalo vene­ziano offre utili ele­menti di ana­lisi e valu­ta­zione, che sarebbe neces­sa­rio appro­fon­dire per ten­tar di cor­reg­gere le stor­ture che ha reso evi­denti, è il sistema di potere che ha sve­lato. L’indagine non è ancora con­clusa e si spera che vada fino in fondo. Ma già da quanto ha sve­lato appare chiaro che le deci­sioni sugli inter­venti che tra­sfor­mano il ter­ri­to­rio non erano assunte dai poteri isti­tu­zio­nali, che avreb­bero dovuto espri­mere l’interesse gene­rale, ma da un gruppo di aziende pri­vate: aziende che, avendo abban­do­nato ogni spi­rito «impren­di­to­riale», ave­vano sosti­tuito al «libero mer­cato» una spie­tata oligarchia.

L’indagine aperta dai magi­strati vene­ziani illu­mina però una parte sol­tanto del gruppo di potere politico-economico che domina lo sce­na­rio veneto. E sarebbe dif­fi­cile com­pren­dere l’egemonia che il Con­sor­zio Vene­zia Nuova ha con­qui­stato nell’opinione pub­blica vene­ziana e veneta, nazio­nale e inter­na­zio­nale senza inda­gare nella trama dei rap­porti tra il mondo delle atti­vità immo­bi­liari, quello delle ban­che e rela­tive fon­da­zioni, quello dei mass media e quello della cul­tura e dell’università. Per costruire una mappa pre­cisa del potere a Vene­zia e nel Veneto non sarebbe però giu­sto affi­darsi solo al lavoro della magi­stra­tura, la cui respon­sa­bi­lità si arre­sta al limite trac­ciato dalle azioni con­tra­rie alla legge. Non sono solo le truffe e la cor­ru­zione diretta le uni­che armi di cui dispon­gono i poteri eco­no­mici per con­qui­stare il consenso.

Per avviare il risa­na­mento occor­rono scelte corag­giose. La prima è quella di met­tere ai mar­gini dei pro­cessi deci­sio­nali gli attori che hanno dato luogo al nuovo per­verso sistema di potere. La respon­sa­bi­lità della poli­tica e quella delle per­sone e delle isti­tu­zioni che hanno par­te­ci­pato a quel sistema di potere sono gra­vis­sime. Non col­pirle seve­ra­mente con atti poli­tici con­tri­bui­rebbe ad accre­scere il bara­tro che già separa i cit­ta­dini dalla democrazia

NEGLI INTERROGATORI SUL MOSE EMERGE
LA LAGUNA DEL MALAFFARE

Ernesto Milanesi

La carta dei ver­bali con­tro­fir­mati da Maz­za­cu­rati, Baita e Clau­dia Minu­tillo resti­tui­sce il mare di guano. Con schizzi (salvo que­rele o svi­luppi) per tutti. Il padre-padrone del Con­sor­zio Vene­zia Nuova ha rico­struito il «sistema Mose». Appa­ren­te­mente l’ex pre­si­dente della Man­to­vani Spa si è levato tutti i pesi dalla coscienza sporca. E l’ex segre­ta­ria di Galan ha rive­lato cosa c’era die­tro la fac­ciata di società come Bmc a San Marino con Wil­liam Colombelli.

Così in laguna spur­gano nomi eccel­lenti e rac­conti indi­ci­bili. Il “doge” ber­lu­sco­niano aspetta il ver­detto della Camera: oggi alle 13 è con­vo­cata la giunta per le auto­riz­za­zioni sulla richie­sta d’arresto per Galan, pre­si­dente della com­mis­sione Cul­tura, tra­smessa a Mon­te­ci­to­rio il 3 giu­gno. E per Altero Mat­teoli ci sarà quello del Tri­bu­nale dei mini­stri: la Pro­cura della Repub­blica ha già spe­dito i fasci­coli. Però la lista si infar­ci­sce. Baita allunga l’indice su Gianni Letta («assi­cu­ra­zione sulla vita di Maz­za­cu­rati») che respinge le accuse al mit­tente e pre­para le carte bol­late. Ma le depo­si­zioni sono piene di poli­tici: Mila­nese (cioè l’allora brac­cio destro di Tre­monti), l’ex mini­stro Lunardi, l’avvocato Ghe­dini. Gli sfi­danti delle ultime Comu­nali, Orsoni (pre­fe­rito dal Con­sor­zio) e Bru­netta. Un con­tri­buto, per altro regi­strato, al leghi­sta Tosi. Fino al soste­gno alla Fon­da­zione del patriarca ciel­lino Scola. O alla rete delle coop e al ruolo di Bren­tan sul fronte…sinistro.

Ci sono anche inter­cet­ta­zioni comi­che, con l’inversione delle parti. Come quando Minu­tillo ordina all’assessore Chisso di «alzare il culo» dal risto­rante e tor­nare al lavoro. Sarebbe la stessa che, secondo Baita, si fa fare la casa dall’impresa Car­ron che poi batte cassa e vuole entrare nel giro degli appalti che contano.

Di certo, fal­doni desti­nati a rim­pin­guarsi. E i magi­strati stanno anche «rileg­gendo» gli atti di vec­chie inda­gini, soprat­tutto col­le­gate alle Grandi Opere via­rie e ai pro­ject della sanità veneta. Senza dimen­ti­care la matassa che si dipana den­tro e fuori gli studi dei com­mer­cia­li­sti pado­vani arre­stati: Fran­ce­sco Gior­dano, fidu­cia­rio di Maz­za­cu­rati, e Paolo Venuti per i coniugi Galan.

Intanto ieri mat­tina nuova per­qui­si­zione in un can­tiere e negli uffici della Man­to­vani Spa (ora pre­sie­duta dall’ex que­store Car­mine Damiano, alle prese con Expo 2015). Oggetto di veri­fi­che da parte della Dire­zione nazio­nale anti­ma­fia il nuovo ter­mi­nal dell’«autostrada del mare» a Fusina. Con replica a Meolo in un can­tiere della A4 affi­dato ad un’altra impresa.

Poi c’è la denun­cia di Gian­franco Bet­tin, asses­sore all’ambiente: «Appren­diamo dalle carte e dagli svi­luppi dell’inchiesta che da parte di poli­tici, mini­stri e fun­zio­nari in par­ti­co­lare dei mini­steri dell’Ambiente e delle Infra­strut­ture si sarebbe lucrato sulle boni­fi­che di Porto Mar­ghera. Se così è stato hanno lucrato, come vam­piri, su una immensa tra­ge­dia sociale e umana, su un enorme disa­stro ambien­tale. Si capi­scono anche, così, la vio­lenza degli attac­chi dei reg­gi­tori di que­sto “sistema” con­tro chi si è sem­pre oppo­sto , le que­rele infi­nite e milio­na­rie, le inti­mi­da­zioni, le accuse di voler sman­tel­lare Mar­ghera quando invece erano pro­prio loro a impe­dirne il risa­na­mento e quindi la rigenerazione».

A Ca’ Far­setti, dopo la rissa nell’ultima seduta di con­si­glio, sem­bra pro­fi­larsi la solu­zione «demo­cra­tica» alla crisi poli­tica. Niente dimis­sioni della giunta per poter appro­vare il bilan­cio e evi­tare il com­mis­sa­rio pre­fet­ti­zio alla vigi­lia delle Comu­nali 2015. La Pro­cura, comun­que, ha negato l’incontro fra l’ex sin­daco Orsoni (agli arre­sti domi­ci­liari) e il vice «reg­gente» San­dro Simio­nato. Forse già lunedì all’ordine del giorno il docu­mento che sol­le­cita un’inchiesta par­la­men­tare e lo scio­gli­mento del Con­sor­zio Vene­zia Nuova: è stato fir­mato da Beppe Cac­cia e Camilla Sei­bezzi (lista “In comune”), Seba­stiano Bon­zio (Rifon­da­zione), Clau­dio Bor­ghello, Carlo Pagan, Gabriele Sca­ra­muzza e Jacopo Molina (Pd), Simone Ven­tu­rini (Udc), Luigi Gior­dani (Ps), Gia­como Guzzo e Andrea Rene­sto (Fede­ra­li­sti e riformisti).

L’isola di Pove­glia resta pubblica

La buona noti­zia, almeno, arriva dal Dema­nio. L’isola di Pove­glia resta ancora di pro­prietà pub­blica. Si erano mobi­li­tati cen­ti­naia di cit­ta­dini per l’asta, rac­co­gliendo 300 mila euro. Ma Luigi Bru­gnaro (tito­lare di Umana, pre­si­dente della Reyer Basket ed ex di Con­fin­du­stria) l’aveva vinta con un’offerta di 513 mila. Respinta con let­tera uffi­ciale, per­ché rite­nuta «non con­grua» al valore dell’isola lagunare.

FOTOGRAFIA DELLA CRICCA GALAN
Sebastiano Canetta, Ernesto Milanesi

È una dome­nica d’estate del 2010. In riva al mare di Croa­zia si cele­bra l’ottava edi­zione del «Pre­mio Brioni»: riu­ni­sce il giro di impren­di­tori che ruota intorno all’assicuratore Gianni Pesce, tito­lare della Pesce and part­ners Insu­rance srl.

Sono sbar­cati per lo più dagli yacht con il tri­co­lore «mari­naro», la ban­diera della Santa Sede e il ves­sillo del mee­ting. Sono stati ospi­tati al Bi Vil­lage di Fazana e sono reduci da una cena a buf­fet allar­gata ad altri vip: dal diret­tore gene­rale dell’Azienda ospe­da­liera di Padova Adriano Cestrone al notaio Nicola Cas­sano accom­pa­gnato da Monica Manto (avvo­cato, con un cur­ri­cu­lum di diri­gente in società par­te­ci­pate come Con­zor­zio Zip, Attiva Spa e Cvs), dalla fami­glia indiana spe­cia­li­sta in gio­ielli ai Luxardo sto­rici pro­dut­tori di mara­schino, fino a Fabio Fran­ce­schi di Gra­fi­che Venete che stampa best sel­ler e fre­quenta i ver­tici di Con­fin­du­stria.Un appun­ta­mento infor­male, fra amici con le fami­glie al seguito. Un week end che si ripete pun­tuale, con tanto di sou­ve­nir a bene­fi­cio dei pro­ta­go­ni­sti. Tutto alla luce del sole, niente da nascon­dere e con l’orgoglio di gruppo consolidato.

Ovvia­mente, la tra­sferta di Brioni 2010 non rien­tra nei fal­doni dell’attuale inchie­sta della Pro­cura di Vene­zia che il 4 giu­gno ha chie­sto al Par­la­mento l’arresto dell’ex gover­na­tore del Veneto Gian­carlo Galan per lo scan­dalo del Mose. Tut­ta­via, pro­prio per­ché coglie in relax all’estero il cer­chio ristretto dei fede­lis­simi, resti­tui­sce al natu­rale un frame del «modello veneto».

La ceri­mo­nia è affi­data alla pre­sen­ta­trice uffi­ciale, ma la vera anima della serata si rivela mon­si­gnor Libe­rio Andreatta, attuale vice pre­si­dente dell’Opera Romana Pel­le­gri­naggi che nel dicem­bre scorso ha orga­niz­zato — con la bene­di­zione di Papa Fra­ce­sco — una mis­sione anche archeo­lo­gica in Iraq. Al mini­stro delle Poli­ti­che agri­cole Galan (che ha appena dovuto cedere la pre­si­denza della Regione al leghi­sta Luca Zaia) spetta l’inedito ruolo di… val­letto. In polo azzur­rina grif­fata e pan­ta­loni blu mare, non si sot­trae; anzi, si pre­oc­cupa che i nomi degli spon­sor siano ben visibili…

Il Pre­mio Brioni pos­siede una filo­so­fia pre­cisa: «Sor­ve­glia le tue ami­ci­zie per­ché vivano fino a sera. Dona l’amicizia alle anime che intui­sci vicine alla tua. E se l’amico zop­pica, giu­di­calo sem­pre quand’è seduto» ammo­ni­sce la pro­lu­sione. Si comin­cia con lo spe­ciale rico­no­sci­mento a Fabio Bia­suzzi: la ripro­du­zione degli affre­schi di Raf­faello nella Stanza della segna­tura dei Musei Vati­cani. L’inguaribile mila­ni­sta Bia­suzzi è l’erede dei cava­tori di ghiaia del dopo­guerra, alla testa del gruppo di Pon­zano Veneto (Tre­viso) e fre­sco pre­si­dente dell’Atecap che asso­cia l’industria ita­liana del cal­ce­struzzo preconfezionato.

Per gli altri pre­miati la custo­dia di pelle riserva il mosaico del I secolo di un… pesce del museo nazio­nale di Napoli. Il «val­letto» Galan con mon­si­gnor Andreatta lo asse­gnano insieme alla magnum delle can­tine Pro­venza a tre sim­boli tipici dell’imprenditorialità veneta. Paolo Gaz­zola della Padana Orto­flo­ri­col­tura di Paese (Tre­viso) tra­di­sce l’imbarazzo nel sin­te­tico rin­gra­zia­mento. In ber­muda e maglietta viola si pre­senta Tiziano Got­tardo: a Piaz­zola sul Brenta (Padova) gesti­sce la distri­bu­zione di pro­dotti per la casa e l’igiene, ma recita già un ruolo da pro­ta­go­ni­sta nel com­parto della logi­stica che verrà «atten­zio­nato» dalla Guar­dia di finanza. Infine, Michele Tosetto che si occupa di alle­sti­menti (mostre, fiere, con­gressi) di espo­si­zioni e tra­sporti di opere d’arte con la sua società all’interno del Vega di Mar­ghera. Made in Italy in ver­sione Nord Est, come evi­den­zia mon­si­gnore con un pac­chiano errore di pro­nun­cia: «Io l’inglese lo odio e lo leggo così com’è scritto, per dispetto agli inglesi…». In com­penso, Andreatta non perde il piglio del con­dut­tore e ricorda a tutti che la Biblio­teca Vati­cana, chiusa da tre anni per restauri, verrà ria­perta con la grande mostra degli incu­na­boli nel brac­cio Carlo Magno di San Pie­tro per espli­cita volontà di Bene­detto XVI. «E l’allestimento è curato da Tosetto!!!».

Ma a Brioni c’è anche un pre­mio «pic­co­lino». Una moneta sto­rica in oro zec­chino che Gianni Pesce dona all’amico Gian­carlo che final­mente parla al micro­fono: «In que­sti mesi si vede chi è oppor­tu­ni­sta o chi si com­porta in modo schi­foso. Ma non ho mai dubi­tato dell’amicizia vera di molto pochi fra cui Gianni. E anche se su di me si fosse abbat­tuto lo spet­tro della disoc­cu­pa­zione, ero certo che comun­que sarei stato qui con lui e con voi…».

Cam­bio di scena e di sta­gione. Iden­tica atmo­sfera di con­fi­dente fre­quen­ta­zione. Di nuovo, tutti intorno a Galan. Natale 2011, nella villa dei Colli Euga­nei al cen­tro delle rico­stru­zioni con­ta­bili degli inqui­renti (lavori milio­nari di ristrut­tu­ra­zione, mutui ban­cari e dichia­ra­zioni dei red­diti), si acco­mo­dano a cena gli invi­tati spe­ciali: Giu­lio Mal­gara, che non è riu­scito a entrare alla Bien­nale; Fabio Fran­ce­schi di Gra­fica Veneta; l’industriale Luigi Rossi Luciani; Disma Tosetto, gio­vane impren­di­tore agri­colo di Limena; Ron­cato dell’omonima vali­ge­ria che aveva for­nito il set da viag­gio rega­lato ai diret­tori gene­rali delle Asl nomi­nati nel 2007; Enrico Mar­chi pre­si­dente di Save che gesti­sce il qua­drante di Tes­sera; Bepi Ste­fa­nel, un altro amico di lunga data; Fabio Gava, ex asses­sore regio­nale della sanità.

Ecco: pro­prio sul ser­vi­zio pub­blico della salute in pro­ject finan­cing e sulla «con­cer­ta­zione» di risto­ra­zione, puli­zie, manu­ten­zioni si dovreb­bero riac­cen­dere pre­sto i riflet­tori. In par­ti­co­lare, spicca il Cen­tro di tera­pia pro­to­nica per la cura dei tumori imma­gi­nato a Mestre dal dg dell’Usl 12 Anto­nio Padoan. Ope­ra­zione boc­ciata fra­go­ro­sa­mente dall’Unità Ricerca e Inno­va­zione dell’Agenzia regio­nale sanità con una pun­tuale, det­ta­gliata e docu­men­tata rela­zione fir­mata da Costan­tino Gallo. Giace dal 1 feb­braio 2011 sulle scri­va­nie di Leo­nardo Padrin, pre­si­dente gala­niano della com­mis­sione Sanità della Regione, e di Dome­nico Man­toan, mas­simo diri­gente della sanità veneta. Non solo la tera­pia pro­to­nica è ancora sprov­vi­sta di evi­denze scien­ti­fi­che per pre­fe­rirla a quella «con­ven­zio­nale», ma soprat­tutto «non è pos­si­bile con­fer­mare l’ipotesi di 1.900 pazienti annui, esten­si­bili a 4.000, su cui ven­gono basati tutti i cal­coli di con­ve­nienza dell’operazione». Nem­meno con la vaga pro­messa del governo dell’Ungheria di «dirot­tare» in Veneto i pazienti onco­lo­gici che si curano in Ger­ma­nia… E poi Costan­tino Gallo mette nero su bianco cal­coli da bri­vido: «A fronte di un inve­sti­mento dei pri­vati di 159.575.000 euro l’Usl 12 ver­serà nei 19 anni della con­ven­zione 615.571.000 euro più Iva per un totale di 738.685.200 a cui va aggiunto il costo del per­so­nale di 34.500.000 euro». Un affare, ma a senso unico.

Eppure, lo stesso «schema» è stato repli­cato a Trento dall’allora pre­si­dente della Pro­vin­cia Lorenzo Del­lai affian­cato dall’assessore alla salute Ugo Rossi e dal diret­tore dell’Agenzia pro­vin­ciale per la pro­ton­te­ra­pia Renzo Leo­nardi. Mega-cantiere nell’area ex Caserme Bre­sciani (la stessa del pro­getto di nuovo ospe­dale) con appalto tec­no­lo­gico affi­dato alla belga Iba ed un pool di ban­che a garan­tire i 40 milioni di finan­zia­menti al pro­ject delle imprese ita­liane. I primi test di col­laudo della «camera rotante» sono stati com­ple­tati il 29 luglio scorso: il dos­sier tren­tino è stato tra­smesso al mini­stro Bea­trice Loren­zin. Si tratta di un’operazione che pre­vede una spesa com­ples­siva di oltre 92 milioni di euro. L’edificazione edile della nuova strut­tura di Trento era stata affi­data alla Man­to­vani Spa con in calce al con­tratto di “par­te­na­riato” datato 2009 la firma di Pier­gior­gio Baita. Oggi grande accu­sa­tore dei can­ni­bali della laguna…

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