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Gianni Fabbri
Grandi navi e lobby. La soluzione può nascere solo dalla conoscenza
21 Ottobre 2014
Terra acqua e società
«Suona offensiva l'offerta dell'Autorità Portuale per barene in altre zone della laguna, «a compensazione» delle negatività dell'intervento: si avalla il principio che per fare interventi di ripristino della laguna è necessario demolirne una parte».
«Suona offensiva l'offerta dell'Autorità Portuale per barene in altre zone della laguna, «a compensazione» delle negatività dell'intervento: si avalla il principio che per fare interventi di ripristino della laguna è necessario demolirne una parte». Corriere del Veneto, 21 settembre 2014 (m.p.r.)
Quello che è accaduto a Genova e in Liguria è uno dei tanti segnali del mutamento in atto dei fenomeni meteorologici e, contemporaneamente, di quanto nei decenni passati si sia operato seguendo logiche di ottuso saccheggio dei territori e delle città. Che ciò possa preoccupare per una città fragile e «anomala» come Venezia non sembra un esercizio a cui poterci sottrarre ricorrendo a qualche scongiuro.
Su Venezia e sulla sua laguna si sa quasi tutto; sarebbe dunque possibile fare di queste conoscenze la base fondativa delle scelte politiche. Queste ultime seguono invece una deriva frutto di iniziative lobbistiche, di interessi auto referenziali, di visioni settoriali. E nel vuoto tra politica e conoscenza allignano le pratiche della disinformazione e della corruzione. La violenza (anche recentissima) dei fenomeni atmosferici nell'ambito lagunare si manifesta in un quadro di vera e propria emergenza idrogeologica e ambientale: il sistema lagunare ha perduto negli ultimi 40 anni circa 6o kmq di barene e, a seguito dello scavo del Canale Malamocco-Marghera, ha subito lo svuotamento dei sedimenti della laguna centrale che aveva bassi fondali di 25-40 cm. ed è ora uno specchio d'acqua continuo di 150-200 cm. di profondità.
Questa condizione, assieme all'aumento della profondità dei canali marittimo-portuali e delle bocche di porto, ha comportato un aumento delle velocità delle correnti di marea, dell'effetto del moto ondoso da vento e dei volumi d'acqua che passano per le bocche di porto, ingenerando a loro volta imponenti processi erosivi. In questo contesto ha le sue radici «politiche» la questione delle maxinavi crocieristiche e lo scontro in atto attorno alla realizzazione del nuovo canale Contorta Sant'Angelo. Un canale, come noto, lungo 5 km, largo 160 m e profondo 10,50 m. che si innesta nel Canale dei Petroli con tre conseguenze allarmanti: ne incrementa il traffico di maxi-navi e quindi l'azione devastante della laguna centrale; porta di necessità al suo allargamento per avere le stesse condizioni di sicurezza stabilite come necessarie per il Contorta Sant'Angelo; consente la realizzazione di un «condotto» continuo tra la bocca di porto di Malamocco, e quella di Lido attraverso il Canale della Giudecca e il Bacino di San Marco, già oggi interessati dalle più veloci correnti di marea in area urbana. Se poi volessimo tener conto dell'innalzamento del livello del mare, della frequenza e della violenza annunciata (e già sperimentata) delle alte maree... e di ciò che succederà con l'attivazione del Mose.
In questo quadro suona veramente offensiva l'offerta economica dell'Autorità Portuale di ca. 70m1/ € e la relativa disponibilità dei fanghi scavati per il nuovo canale, per realizzare nuove barene in altre zone della laguna, «a compensazione» delle negatività dell'intervento: si avalla con ciò il principio nefasto che per fare interventi di ripristino ambientale della laguna è necessario demolirne una sua parte.
Gianni Fabbri è docente IUAV
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