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Giorgio Ruffolo
Governo debole, pensiero forte
10 Febbraio 2007
Articoli del 2006
Un governo è forte non solo per la quantità dei voti, ma soprattutto per la qualità della proposta politica. Da la Repubblica, 15 maggio 2006(m.p.g.)

Una volta esaurita la fase cruciale della investitura della presidenza della Repubblica, delle cariche istituzionali e degli incarichi governativi, il nuovo governo Prodi sarà presto, speriamo, sulla linea di volo. Sarà allora tempo di allacciare le cinture. Tanto più che il volo del nuovo governo dovrà affrontare non lievi turbolenze. Fuor di metafora, è necessario che una compagine governativa che poggia su una maggioranza risicata trovi in sé stessa la compattezza e la disciplina necessaria per persuadere gli italiani di saper governare. Ciò richiede che essa agisca energicamente e parli sobriamente, con chiarezza, e soprattutto con concordia. Sarebbe quanto mai opportuno dare un bel taglio agli «assolo» dei vari esponenti della coalizione. Perché non affidare a un portavoce il compito di spiegare la posizione del governo e anche le divergenze che inevitabilmente insorgono in ogni maggioranza, anche la più omogenea, evitando le passerelle televisive e minimizzando le esternazioni individuali? Ciò comporterebbe un confronto costante tra i numerosi partiti della coalizione: per esempio, attraverso la costituzione di un comitato permanente, uno steering committee che lavori a tempo pieno per raggiungere un accordo sulle inevitabili questioni controverse, prima di invadere le pagine dei giornali con il brutto vizio dei battibbecchi privati che non si traducono certo in pubbliche virtù; e compromettono gravemente il prestigio e la credibilità del governo e della sua maggioranza.

Mi rendo conto che allacciare le cinture è un arduo sacrificio per leader grandi e piccoli (soprattutto per questi ultimi) che aspirano alla più ampia visibilità dei loro movimenti. Saranno in grado di pagare questo ovvio costo del governare? È difficile non dubitarne. Ma è altrettanto vero che una spada di Damocle oscilla sulle loro teste: la minaccia del ricorso alle urne nel caso di una crisi della maggioranza. Ebbene: Damocle non dovrebbe lasciar dubbi sulla sua volontà di valersene, se fosse necessario.

Un governo provvisto di questo capitale di serietà può affrontare con fiducia i compiti gravi che lo fronteggiano. Il primo, è ovvio, è una strategia di risanamento dalla pesante eredità di una finanza pubblica in pericolosa difficoltà. Il governo precedente era convinto di "assistere" a una grande fase di sviluppo contando sull´onda favorevole di una economia mondiale in crescita. Scommessa rovinosa e perduta. Così, non solo non si è promossa la crescita interna, ma si è dissestata una finanza pubblica che faticosamente i precedenti governi erano riusciti a rimettere sulla buona strada. Quello che l´ex premier ha definito il miglior governo della Repubblica ha distrutto l´avanzo primario del bilancio, ha aumentato l´indebitamento annuale ben oltre il limite convenuto con Bruxelles, ha invertito la tendenza che era stata finalmente avviata alla riduzione del colossale debito pubblico, viaggia ormai verso il 108 per cento del prodotto nazionale. Che cosa poteva fare di più? Oggi sembra che davvero la crescita mondiale sia in deciso aumento. Pur con tutte le riserve prudenziali, questa sarebbe, per il governo di centrosinistra, una bella fortuna. E per Silvio Berlusconi un´amara beffa. Generali sfortunati, diceva cinicamente Napoleone, non fanno per me (figuriamoci quando credono di essere Napoleone!). D´altra parte, se Prodi, come alcuni sostengono, è accarezzato dalla fortuna, questo mi pare un indennizzo provvidenziale ai guai che il centrodestra gli ha lasciato in eredità. Si tratta però di un indennizzo ancora tutt´altro che scontato e comunque insufficiente. La strategia di risanamento comporta un programma da impostare subito ? bisogna arginare al più presto la possibile deriva di sfiducia dei mercati ? ma da attuare in un triennio, concordandola con Bruxelles.

Un governo di centrosinistra dovrebbe essere, però, anche un governo di forti iniziative riformatrici, che definisca in un vasto progetto di sviluppo dell´economia e della società italiana, entro un orizzonte di tempo più vasto, i traguardi che questo paese vuole darsi per assumere la condizione di equa prosperità e il ruolo di soggetto politico che gli spetta nella comunità delle grandi nazioni europee. Penso che al centro di questo progetto dovrebbe essere posta la valorizzazione della risorsa sulla quale non dobbiamo temere competizioni: l´immenso patrimonio territoriale storico culturale artistico dell´Italia. Ciò richiede una decisiva inversione di tendenza rispetto all´attuale vergognoso degrado di risorse, di idee, di competenze e di coraggio. Esige priorità per grandi progetti di risanamento ambientale e urbano, specie nel Sud: di infrastrutturazione, di organizzazione turistica, di promozione culturale. Comporta una posizione centrale dei soggetti responsabili dell´ambiente e dei beni culturali nel governo del Paese.

Un governo veramente riformatore dovrebbe, inoltre, realizzare finalmente la radicale modernizzazione di una pubblica amministrazione ancora vetusta. Si dice: meno Stato. Si dovrebbe dire: uno Stato migliore, agile ed efficiente. La riforma dello Stato è identificata dalla stoltezza convenzionale con le privatizzazioni: che poi, o non si fanno, o si fanno solo per incassare quattrini, spostando strutture monopolistiche dal settore pubblico a quello privato. Una riforma modernizzatrice dovrebbe riorientare l´amministrazione verso la pianificazione strategica, introdotta in America ormai da lungo tempo (all´insegna del reinventing government) ristrutturando nel senso della definizione degli obiettivi e del controllo dei risultati monumenti burocratici e autoreferenti come la Corte dei conti e la Ragioneria dello Stato.

Dovrebbe, infine, riprendere in grande stile la procedura di consultazione: sui grandi temi economici e sociali, con imprenditori e sindacati; su quelli territoriali, con le Regioni e le parti sociali, in veri e propri patti regionali di sviluppo.

Debole nei numeri della sua maggioranza, un governo ricco di idee innovatrici può diventare fortissimo conquistando il consenso popolare grazie alla credibilità del suo progetto. Gli italiani tutti gli saranno grati se gli si risparmierà la giornaliera chiacchiera televisiva, con la sfilata dei soliti noti, e gli si assicurerà, in operoso silenzio, servizi degni di un Paese moderno.

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