SIl manifesto, 1 ottobre 2013
Poco dopo la messa in onda dell'intervista la Procura di Roma ha chiesto il sequestro e l'acquisizione del file. Il pm Luca Palamara, titolare dell'ultimo procedimento aperto sul sequestro e l'omicidio di Moro, sarebbe intenzionato a sentire Pieczenik per chiarire con lui la pista delle «interferenze esterne», ricorrendo se necessario anche a una rogatoria internazionale.
«Sono io che ho suggerito a Cossiga di screditare Moro». «Sono stato io a bocciare l'iniziativa del Vaticano che aveva raccolto i soldi per pagare il riscatto». Pieczenik non è nuovo a uscite clamorose - aveva già reso le stesse dichiarazioni in un'intervista a Panorama nel '94 - e il suo protagonismo desta qualche sospetto tra gli storici che hanno studiato il caso Moro. Il suo profilo però è di indubbio rilievo.
«Pieczenik fu effettivamente inviato dal Dipartimento di Stato Usa durante il sequestro Moro come esperto di terrorismo, sequestro di ostaggi e guerra psicologica - spiega a il manifesto lo storico e senatore del Pd Miguel Gotor -. Era un giovane consulente dell'amministrazione americana (all'epoca aveva 34 anni, ndr) che ha avuto, anche in seguito, incarichi molto importanti. Ma l'ipotesi che sia stato lui a determinare la storia italiana mi pare una caricatura. Di sicuro andrebbe ascoltato, se ci fosse la volontà di riaprire una Commissione parlamentare d'inchiesta sul caso Moro».
Nato a Cuba nel '43 da genitori russi e polacchi, Pieczenik è stato assistente del Segretario di Stato Henry Kissinger e ha ricoperto ruoli rilevanti sotto diversi presidenti americani, da Ford a Bush Senior. Incarichi delicatissimi, come la consulenza strategica sulla guerra psicologica per gli agenti della Cia. Inviato al Viminale - ufficialmente come "consulente" - due settimane dopo la strage di via Fani per seguire la delicata gestione del sequestro di Moro, lavorò a stretto contatto con i funzionari del ministero dell'Interno guidato da Francesco Cossiga fino al ritrovamento, il 9 maggio '78, del cadavere di Moro in via Caetani.
«Non ci sono elementi per dire se Pieczenik fosse legato ai vertici di Gladio e alla struttura Stay Behind - prosegue il senatore Gotor -: ma durante i 55 giorni del rapimento alloggiò all'Excelsior, l'hotel romano in cui il "maestro venerabile" della P2 Licio Gelli aveva una suite». Sarebbe lui, dunque, ad aver ideato dalle stanze dell'Interno la linea della fermezza, con un intento preciso: tramutare la minaccia del sequestro di Aldo Moro in una nuova spinta per consolidare la posizione dell'Italia nella sfera d'influenza atlantica.
Lo aveva già spiegato nel libro di Emmanuel Amara pubblicato in Francia nel 2006, e passato sotto silenzio: «La posta in gioco non era la vita di una persona: erano le Br - racconta Pieczenik in Abbiamo ucciso Aldo Moro - e la destabilizzazione dell'Italia. Mi aspettavo che le Br si rendessero conto dell'errore che stavano commettendo e liberassero Moro. Fino alla fine ho avuto paura che lo liberassero: una mossa che avrebbe fatto fallire il mio piano. Avrebbero vinto loro». Sempre sotto la sua «consulenza» il 18 aprile '78 sarebbe stato concepito il falso comunicato del Lago della Duchessa, subito attribuito alle Br, in cui si annunciava l'avvenuta esecuzione di Moro: un comunicato, come emergerà in seguito, «redatto da un oscuro personaggio, Tony Chichiarelli, per conto di apparati dello Stato vicini alla Presidenza del Consiglio» precisa Gotor, che rilancia la necessità di una nuova Commissione d'inchiesta bicamerale sul caso Moro. Le domande rimaste senza risposta sono innumerevoli.
Riferimenti
Vedi su eddyburg gli articoli di Miguel Gator e di Andrea Colombo dal manifesto. Vedi anche i numerosi scritti nella cartella dedicata a Enrico Berlinguer; dai suoi testi e da quelli su di lui si comprende facilmente il significato dirompente della sua politica.