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Carlo Bonini e Giuliano Foschini
Giulio Regeni: torture e depistaggi
8 Febbraio 2016
2015-La guerra diffusa
«L’autopsia conferma la pista dell’omicidio politico. Lo scontro tra apparati e i tentativi di depistaggio». Articoli di Carlo Bonini e Giuliano Foschini, e
«L’autopsia conferma la pista dell’omicidio politico. Lo scontro tra apparati e i tentativi di depistaggio». Articoli di Carlo Bonini e Giuliano Foschini, e Leonardo Coen, l

a Repubblica Il Fatto Quotidiano, 8 febbraio 2016 (m.p.r.)

La Repubblica
"GIULIO TORTURATO
PERCHÉ PENSAVANO FOSSE UNA SPIA

di Carlo Bonini e Giuliano Foschini

Roma. Se è vero che un corpo senza vita “parla” né più e né meno come un testimone, oggi si può dire che, nel suo martirio, Giulio Regeni abbia consegnato la chiave che porta ai suoi carnefici. E dunque che l’inchiesta della Procura di Roma sul suo omicidio possa partire da due solide circostanze di fatto. Perché sostenute entrambe delle prime conclusioni dell’autopsia eseguita nella notte tra sabato e domenica dal professor Vittorio Fineschi. La prima: le lesioni sul corpo di Giulio (compresa quella letale al midollo spinale con la frattura di una vertebra cervicale) provano che l’omicidio ha una mano e un movente politici. La seconda: nella loro raggelante crudeltà, le sevizie inflitte al ragazzo hanno un inequivocabile format dell’orrore. Proprio degli interrogatori che le polizie segrete riservano a coloro che vengono ritenuti “spie”, come nel caso di Giulio. “Colpevole”, agli occhi dello “squadrone della morte” che lo aveva sequestrato la sera del 25 gennaio, di giocare troppe parti in commedia. Ricercatore universitario, giornalista con pseudonimo per un “quotidiano comunista” (il manifesto), militante politico per la causa delle opposizioni al regime.

Lo squadrone della morte
A Giulio Regeni sono state strappate le unghie delle dita e dei piedi. Sono state fratturate sistematicamente le falangi, lasciando tuttavia intatti gli arti inferiori e superiori. È stato mutilato un orecchio. Chi lo ha sistematicamente seviziato era convinto di poter ottenere informazioni che il povero Giulio non poteva consegnare semplicemente perché non le aveva. Perché non era la “spia” che i suoi aguzzini ritenevano lui fosse. I boia hanno infierito su un inerme. Lo hanno appunto lavorato alle mani, ai piedi e quindi al tronco. Colpendolo ripetutamente al torace, alle costole, alla schiena, dove l’autopsia ha refertato numerose fratture.

Anche il colpo di grazia ha le stimmate degli interrogatori da “squadroni della morte”. Chi era di fronte a Giulio, in quel frangente probabilmente seduto o legato su una sedia, gli ha afferrato la testa facendola ruotare repentinamente di lato oltre il punto di resistenza. Mettendo così fine a un’agonia i cui tempi, oggi, restano ancora incerti. «Il ragazzo è stato ucciso 10 ore prima di essere ritrovato» scrivono i medici legali egiziani nel referto ma per dare una risposta certa i professori italiani hanno bisogno di attendere le analisi.

I tabulati e la retata

I primi esiti dell’autopsia si incrociano con un paio di circostanze che, allo stato, il nostro team investigativo al Cairo ha potuto accertare. La prima. Come è stato possibile ricostruire dai tabulati del suo cellulare, Giulio è stato sequestrato il 25 gennaio poco dopo essere uscito di casa: forse era diretto a una festa, forse prima ha incontrato degli attivisti politici. In ogni caso il suo cellulare , mezz’ora dopo essere uscito di casa si sarebbe spento per non riaccendersi mai più. La seconda. Nello stesso frangente di tempo e di luogo, quel 25 gennaio, è stata condotta una retata proprio nella zona nella quale Giulio doveva transitare. Il che lascerebbe pensare a una “cattura” casuale. Non mirata.

L’Intervento di Al Sisi
C’è infine una terza circostanza, rilevante quanto le prime due. L’American University del Cairo, dove Giulio era ricercatore, è da tempo oggetto dell’attenzione del Mukhabarat, il Servizio segreto egiziano che fa capo al Ministero dell’Interno. Un apparato chiave del Regime di Al-Sisi. Ma in feroce concorrenza con i servizi segreti militari (dai cui ranghi proviene il generale e oggi presidente Al Sisi) e i Servizi di Informazione della Polizia. «L’intervento di Al Sisi ha sbloccato la macchina amministrativa» ha detto ieri l’ambasciatore Maurizio Massari. Dopo l’incontro del presidente egiziano con il ministro Guidi, Regini è stato ritrovato in quel fosso, mezzo nudo, con i media che parlavano di un incidente stradale. Tutti pezzi farlocchi di uno stesso puzzle. Giulio, lo scienziato scambiato per una spia, potrebbe essere stato giustiziato per una guerra che non era la sua.
Il Fatto Quotidiano

GIULIO, FALSE PISTE
ECOLLABORAZIONE IN SALITA
di Leonardo Coen
Il Cairo. Ambasciator non porta pena,dicono. Maurizio Massari,il nostro rappresentanteal Cairo, deve essere un pragmaticoperché è il primo a farcapire che l’inchiesta congiunta(la tanto strombazzata“collaborazione trasparente”fra il team dei sette investigatoriitaliani spediti in Egitto ela polizia locale) non è cosìsemplice come vorrebberoRenzi ed Alfano: «Non è da dareper scontata», ha infatti dichiaratoieri Massari a In 1/2hsu Rai 3. La cooperazione è«un banco di prova importanteper non fare venire meno lafiducia che abbiamo nel Paese».Tradotto: guai ad irritare ifunzionari egiziani, gelosidella loro autonomia.
Polizia ed intelligence sannodi essere sotto accusa, o comunquesospettati di aver fermato,torturato e ucciso il giovanestudente italiano: non voglionoessere criticatidai loro impiccionicolleghiitaliani. Perciò itempi si dilatano.E poi, bisogna discuteresui limitiin cui può operareil team di Roma.Ieri un primoincontro:«Siamo alle primebattute». Ilpresidente al-Sisiha sollecitatogli apparati di sicurezza a collaborarecon gli italiani, ma leresistenze burocratiche sonoun problema e, magari, unascusa.
Nel frattempo, la stampafilogovernativa continua adistillare notizie che contraddiconociò che si era riusciti aricostruire, la seradel 25 gennaioin cui Giulio svanìnel nulla. Secondoil quotidianoal-Ahram, che è ilpiù allineato colregime, il ragazzoavrebbe partecipatoad una festa«in compagnia diun certo numerodi amici». Si sapevache Giulio avevaun appuntamento dalle parti di piazzaTahrir verso le 20. E che perònon era mai arrivato. L’avrebbero riferito gli amici cairoti diGiulio durante gli interrogatori.Strano che non sia trapelatonulla. Se ne deduce che Giuliosarebbe scomparso più tardidelle 20. Oltre, cioè l’ora delleretate di polizia attorno a piazzaTahrir. Un dettaglio che riabilital’ipotesi della pista “criminale”, come insiste nel sostenerlaGarir Mustafa, il capodel Dipartimento di SicurezzaGenerale.La versione non incanta inostri segugi. Vorrebbero parlare anche loro con gli amici diGiulio. È questo il primo scoglioprocedurale. Circola poil’ipotesi che Regeni sia statorapito e torturato (31fratture,una, letale, alla vertebra cervicale)per sabotare al-Sisi e destabilizzarele relazioni traRoma e il Cairo (vedi il contrattoEni da almeno 7 miliardidi Euro). Un quadro complottista(spezzoni deviati di servizie polizia legati ai FratelliMusulmani) in cui si vorrebbepure silurare le velleità renzianenei negoziati libici fra Tripolie Tobruk. L’effe rate zzafarebbe parte del piano: perquesto il corpo seviziato diGiulio è stato fatto ritrovare.Siamo alle solite: tanto fumoper nessun arrosto.
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