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Tomaso Montanari
Girolamini: il saccheggio resta senza padrini
17 Giugno 2012
Beni culturali
La vicenda della biblioteca napoletana - denunciata anche da eddyburg - assume contorni sempre più inquietanti. Il fatto quotidiano, 16 giugno 2012 (m.p.g.)

Con lo sviluppo dell’inchiesta guidata dal procuratore aggiunto di Napoli Giovanni Melillo, la devastazione e il saccheggio della biblioteca napoletana dei Girolamini assumono proporzioni inaudite.

Uno dei punti chiave riguarda il ruolo di Marcello Dell’Utri, padrino politico del direttore Marino Massimo De Caro, ora in prigione con l’accusa di peculato e associazione a delinquere finalizzata alla sottrazione dei preziosissimi libri.

Dall’ordinanza cautelare del GIP Francesca Ferri, resa nota per stralci dalle pagine napoletane di «Repubblica», si apprende che De Caro riuscì ad impedire la perquisizione di un appartamento romano a lui collegato sostenendo che, essendo utilizzato dal senatore siciliano, sarebbe stato coperto dall’immunità parlamentare. E d’altra parte, nelle intercettazioni telefoniche della collaboratrice di Dell’Utri (Maria Grazia Cerone, anch’essa indagata) si legge: «Sinceramente la roba è tanta, la roba è tanta, eh... Tante scatole, perciò è impossibile portarle via».

Dubbi non meno inquietanti emergono circa il ruolo del Ministero per i Beni culturali. Nella stessa ordinanza si legge che la nomina di De Caro alla direzione dei Girolamini è avvenuta «ad onta di ogni regola e grazie all’influenza politica correlata all’incarico fiduciario di consigliere dell'ex ministro per i Beni e le attività culturali Gianfranco Galan».

Tale nomina fu il passo decisivo di «un piano criminale studiato in ogni dettaglio», reso possibile dalla «perdurante assenza di controllo e vigilanza da parte degli organi del Ministero a ciò deputati».

Galan ha chiesto pubblicamente scusa per aver nominato De Caro come consigliere, su richiesta di Dell’Utri. Ma ora si apprende che un altro consigliere ministeriale dette l’allarme sulla figura e l’opera di De Caro fin dall’estate del 2011: perché né Galan né il suo staff ne tennero conto? Si apprende inoltre che l’ex direttore generale per le biblioteche del Mibac, Maurizio Fallace ha riferito ai magistrati «delle insistenti pressioni ricevute affinché rilasciasse il nulla osta della sua direzione generale alla nomina di De Caro, ciò che di fatto avvenne lo stesso giorno».

La Corte dei Conti dovrà ben porsi il problema delle responsabilità dell’enorme danno erariale (oltre che culturale) provocato da una simile condotta: ed è intollerabile che, a fronte di questo tradimento dei vertici del Mibac, i due bibliotecari fedeli che hanno fornito le prime prove dei furti siano tuttora precari (dopo trent’anni), e rischino addirittura il posto.

Il silenzio di Lorenzo Ornaghi è, dunque, ogni giorno più grave. In un paese serio, un ministro il cui consigliere personale finisse in galera per aver saccheggiato una biblioteca pubblica avrebbe un’unica strada dignitosa: le dimissioni. Ma perfino in Italia Ornaghi non può non spiegare perché il suo Ministero non vigilasse, non controllasse e invece obbedisse a «insistenti pressioni»; perché egli stesso abbia confermato De Caro come proprio consigliere (quando invece ne licenziò altri due, egualmente di Galan ma ben più innocui); perché l’ispezione ministeriale che avrebbe permesso di scoprire quelle enormità già a febbraio sia stata congelata fino a ben dopo la denuncia del «Fatto».

Ma il caso dei Girolamini spinge a riflessioni più ampie. La procura di Napoli è riuscita a gestire esemplarmente l’inchiesta perché esiste un pool specializzato in reati contro il patrimonio: non sarebbe l’ora di applicare ovunque questo modello? Non è poi possibile lasciare i carabinieri del Nucleo di tutela sotto il controllo diretto del Ministro dei Beni culturali: troppe vicende degli ultimi mesi (dal Crocifisso ‘di Michelangelo’, al prezioso mobile settecentesco svincolato contro ogni norma, fino allo scandalo colossale dei Girolamini) dimostrano che il patrimonio va difeso anche dalle troppe deviazioni del Mibac.

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