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Roberto Ciccarelli
Gianfranco Viesti: «L’austerità fa più male al Sud»
29 Ottobre 2015
Articoli del 2015
Intervista di Roberto Ciccarelli all'economista Gianfranco Viesti. Una critica severa alla "legge di stabilità":«È una mano­vra poco equa per­ché pre­mia in misura cospi­cua i più abbienti e rilan­cia molto poco i con­sumi». Il

Intervista di Roberto Ciccarelli all'economista Gianfranco Viesti. Una critica severa alla "legge di stabilità":«È una mano­vra poco equa per­ché pre­mia in misura cospi­cua i più abbienti e rilan­cia molto poco i con­sumi». Il manifesto, 29 ottobre 2015

L’austerità non è uguale per tutti sostiene Gian­franco Vie­sti, ordi­na­rio di Eco­no­mia appli­cata all’Università di Bari in un’analisi sulla poli­tica eco­no­mica dal 2011 a oggi pub­bli­cata sul Menabò del sito Etica e eco­no­mia. L’economista con­ferma la sua ana­lisi dopo avere stu­diato le carte della legge di sta­bi­lità. Si parte dall’eliminazione della tassa sulla prima casa. «È una mano­vra poco equa per­ché pre­mia in misura cospi­cua i più abbienti e rilan­cia molto poco i con­sumi. Lo sostiene anche la Banca d’Italia: i con­sumi aumen­tano soprat­tutto quando cre­sce il red­dito di chi ha meno – sostiene Vie­sti — Non sono un rigo­ri­sta e non cri­tico il governo per­ché aumenta il defi­cit. Il pro­blema è che le risorse non sono molte e andreb­bero cali­brate sull’equità e sullo sviluppo».
Dove andreb­bero inve­stiti que­sti fondi?
Negli inve­sti­menti pub­blici e in inter­venti di coe­sione sociale con­tro la povertà. Se dob­biamo lavo­rare sul lato delle ridu­zioni fiscali è molto più oppor­tuno inter­ve­nire sul lavoro che sulla casa. Su que­sto sono d’accordo tutti: l’Ocse, la Com­mis­sione Euro­pea. Lo era lo stesso mini­stro Padoan.

Che però ha cam­biato idea come sul tetto del con­tante. Per­ché secondo lei?
La crisi è molto dura e il governo per­se­gue un con­senso con que­ste mano­vre poco lun­gi­mi­ranti, ma molto utili per il con­senso immediato.

Il governo ha sta­bi­lito una misura con­tro la povertà asso­luta. La ritiene suf­fi­ciente?
Ho letto con molto favore il com­mento di Mas­simo Bal­dini che ritiene che il tipo di stru­mento adot­tato sia quello giu­sto. Si va verso l’estensione del Soste­gno per l’Inclusione Attiva (Sia). Potrebbe essere un passo per un inter­vento di sistema con­tro la povertà, ma il pro­blema è che le risorse stan­ziate sono esi­gue.

Come mai la spen­ding review si è fer­mata a 5 miliardi, la metà di quanto annun­ciato dai com­mis­sari Gut­geld e Perotti?
Per­ché forse le stime erano gon­fiate. È molto dif­fi­cile tro­vare risparmi a regime che non impat­tino sui ser­vizi. La spen­ding review è uno stru­mento molto dif­fi­cile, biso­gna usarlo come un bisturi, farla poco alla volta, non si può pen­sare di rica­vare a bre­vis­simo ter­mine risul­tati così grandi.

Alla sanità saranno tagliati 2,3 miliardi e si pre­pa­rano 15 miliardi di tagli per il pros­simo trien­nio. Quali saranno le con­se­guenze?
Temo cat­tive. Ci saranno riper­cus­sioni sulla frui­zione del ser­vi­zio dei più deboli. Mi sem­bra che il governo pro­ceda rapi­da­mente per­ché vuole i risul­tati sui saldi. Il mio timore è che que­ste misure ridur­ranno le pre­sta­zioni soprat­tutto nelle aree dove il ser­vi­zio è meno effi­ciente e dan­neg­gerà anche un set­tore della medi­cina, quella pre­ven­tiva, che è molto impor­tante. È una situa­zione preoccupante.

Si parla di una pro­roga della decon­tri­bu­zione per le assun­zioni per una cifra dimez­zata rispetto al 2015. Cosa pensa degli effetti del Jobs act e quali risul­tati pro­durrà sull’occupazione al Sud?
Ci vuole molta cau­tela. Quelli sul lavoro sono inter­venti molto costosi e di que­sti tempi biso­gna pen­sarci con atten­zione. In alcuni casi pos­sono por­tare a occu­pa­zione che però col tempo sva­ni­sce. Ciò detto in que­sto momento non mi sento di attac­care que­ste misure per­ché oggi serve aumen­tare la com­po­nente di lavoro nella ripresa. Lo stru­mento decon­tri­bu­tivo può essere effi­cace. Le prime stime mostrano risul­tati sor­pren­denti anche al Sud.

Ma si tratta di pre­ca­riato e di lavoro a ter­mine.
Lo vedremo, si tratta di lavoro con le nuove regole. Per il momento non è detto che sia vera né l’una, nè l’altra ipo­tesi. Vedremo.

Basterà l’assunzione di 1500 ricer­ca­tori per recu­pe­rare il ter­reno per­duto dall’università?
Asso­lu­ta­mente no. Nella mano­vra l’articolo sui 500 «super-professori» rimanda a un prov­ve­di­mento attua­tivo che non cono­sciamo e rischia di creare scom­pi­glio tra chi ha par­te­ci­pato all’abilitazione e non ha avuto ancora il posto. Sem­bra poi che il governo sbloc­cherà gli sti­pendi fermi da anni, ma que­sto potrebbe pro­durre uno choc sui bilanci degli ate­nei che dovranno affron­tarlo con le risorse di prima. Nella sta­bi­lità man­cano risorse per affron­tare l’emergenza dram­ma­tica del diritto allo stu­dio. E poi c’è il dub­bio più grande di tutti: i nuovi mille ricer­ca­tori saranno distri­buiti in base alla valu­ta­zione della qua­lità della ricerca, cioè un cri­te­rio distri­bu­tivo che dà molto a poche uni­ver­sità e molto poco a tutte le altre. Que­sto prov­ve­di­mento aumenta mol­tis­simo la ten­denza alla bifor­ca­zione del sistema uni­ver­si­ta­rio, più del pas­sato. È una scelta pro­fon­da­mente sba­gliata. Sem­bra la rea­liz­za­zione della distin­zione tra ate­nei di serie A e B fatta da Renzi tempo fa. Un paese è forte se la sua uni­ver­sità è forte, non se conta solo su poche eccellenze.

Sin­da­cati e impren­di­tori si chie­dono dove sia finito il «master plan» pro­messo da Renzi per il sud. Esi­ste o non esi­ste?
Che io sap­pia esi­ste un tavolo di lavoro per defi­nire alcuni patti tra governo-regioni-città. Che cosa ci sia in que­sti patti non è dato sapere. Il rischio che ci siano le cose che già ci sono m a scritte in un altro modo. Sta di fatto che il piano annun­ciato da Renzi ad ago­sto nella legge di sta­bi­lità non c’è.

Il sot­to­se­gre­ta­rio alla pre­si­denza del Con­si­glio De Vin­centi sostiene che per il Sud ci saranno 11 miliardi di inve­sti­menti nel 2016.
Il governo ha chie­sto l’applicazione della clau­sola di fles­si­bi­lità sugli inve­sti­menti alla Com­mis­sione Euro­pea. Que­sta clau­sola per­mette di tenere fuori le risorse nazio­nali che cofi­nan­zino i fondi euro­pei. Que­sta misura ser­viva nel 2015 quando c’era da chiu­dere i vec­chi pro­grammi. Non sap­piamo se potrà essere appli­cata nel 2016. In più non si sa se die­tro que­sta acce­le­ra­zione ci siano pro­getti reali. Il timore è che l’annuncio serva solo per tenere buona l’Europa. Ci fac­ciano vedere l’elenco delle opere. Se esi­stono, tanto di cappello.
Per­ché il Sud, più di tutti, è stato col­pito dall’austerità?
Dal governo Monti in poi l’intervento pub­blico è cam­biato mol­tis­simo e in maniera oscura, con immensi impatti ter­ri­to­riali. Bloc­chi del turn over nella P.A., tagli alla sanità, alle regioni, al tra­sporto pub­blico, aumenti delle sovra­tasse comu­nali e regio­nali. Tutto que­sto ha col­pito in maniera dram­ma­tica il Sud. Oggi è neces­sa­rio un discorso molto alto su quali diritti di cit­ta­di­nanza ci pos­siamo per­met­tere con minori risorse pub­bli­che e come le rior­ga­niz­ziamo. Pro­ce­dendo invece così alla fine ci sarà un pezzo di paese che avrà diritti di cit­ta­di­nanza infe­riori a quei pochi che aveva prima della crisi. Non dico diamo più soldi al Sud. Più sem­pli­ce­mente dico che gliene stiamo dando molti di meno e que­sto non aiuta la ripresa economica.
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