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Vittorio Emiliani
Franceschini: come ti disfo la Cultura in cinque mosse
21 Aprile 2016
Beni culturali
«Emergenza. Dalle soprintendenze sottomesse ai prefetti ai venti super-direttori dei musei principali (con curricula stravaganti). Il 7 maggio si va in piazza contro tutto questo».

Il Fatto Quotidiano, 21 aprile 2016 (p.d.)

Si moltiplicano le adesioni alla grande manifestazione del 7 maggio a Roma “Emergenza Cultura” contro il caos e la paralisi che regnano nella rete della tutela del Belpaese, ma giornali e tv in maggioranza tacciono (la Rai totalmente) e continuano a parlare di “Bellezza” come di un bene al sicuro.

Comincia Matteo Renzi nel 2011 a scrivere nel suo “Stil Novo” contro il “potere monocratico” dei Soprintendenti che gli impediscono di sforacchiare il grande affresco di Giorgio Vasari dietro il quale, secondo lui, noto specialista, c’è ancora la Battaglia di Anghiari di Leonardo. E conclude con stile: “Sovrintendente de che?” Presto, presto, va indebolito, reso innocuo, sottomesso.

PRIMA MOSSA: poiché i Soprintendenti non hanno mai saputo valorizzarli (una balla, ovviamente) Franceschini stacca i musei da loro e quindi dal territorio (pure quelli di scavo...) onde renderli autonomi. Primo caos: da dividere ci sono sedi comuni, archivi cartacei e fotografici comuni, secolari, personale (poco e anziano), ecc.

SECONDA MOSSA: venti musei di “eccellenza” godranno di totale autonomia e dovranno rendere soldi (Renzi ignora che la macchinona del Louvre costa 204 milioni di euro l’anno e non frutta un solo euro, anzi lo Stato deve ripianare il suo passivo con 102 milioni). Per questi musei non si utilizza un regolare concorso europeo, ma l’accrocco di una “selezione” internazionale, colloqui e curricula. Alla fine, o bella, un solo funzionario già in carica viene “promosso”. Bocciati tutti i direttori in carriera, inclusi quanti, per esempio Antonio Natali agli Uffizi, hanno lavorato bene in condizioni impervie. Al suo posto, il tedesco Schmidt fin lì direttore del Museo di arti applicate e tessili del Minnesota. A Paestum, un giovane svizzero che non ha mai gestito nulla. A Napoli, mirabile museo greco-romano, un etruscologo dalla bibliografia minima. A Taranto, capitale della Magna Grecia, un’archeologa medioevale. Alla Reggia di Caserta, un laureato in marketing che esibisce due libroni sui cimiteri... Leggere per credere. Per essi stipendi da 145.000 euro lordi in su l’anno contro i 35.000 lordi dei loro predecessori.

TERZA MOSSA: Marianna Madia, nella maxi-riforma amministrativa, dà una mano a Renzi e alle pratiche “veloci” già previste dallo Sblocca-Italia ribadendo il micidiale silenzio/assenso se in 90 giorni le Soprintendenze non riusciranno a dare il loro parere e cinicamente si sa già che, con poco personale e tante pratiche, non ce la faranno mai. Quindi passerà trionfalmente anche il peggio del peggio della speculazione.

QUARTA MOSSA: la stessa angelica Madia infila una norma-killer con cui le Soprintendenze tanto detestate da Renzi finiranno (succedeva nel Regno di Sardegna, arretrato in materia), gerarchicamente sotto i Prefetti. Ai quali toccherà decidere, ad esempio, se mandare un archeologo o invece un dirigente Asl alla conferenza di servizi “delicata”. E comunque se mettere o no il vincolo lo deciderà l’onnisciente signor Prefetto.

QUINTA MOSSA: Franceschini ficca sotto la legge di Stabilità una mina che fa saltare le Soprintendenze archeologiche accorpandole in un solo organismo con Belle Arti e Paesaggio. “Un mostro”, secondo Antonio Paolucci, già grande soprintendente e ora direttore dei Vaticani. Accorpamento già fallito nel 1923, cancellato nel 1939 da un altro ministro fascista, il colto e ben consigliato Giuseppe Bottai che riconobbe il valore assoluto delle specializzazioni. Ora no, in pochi minuti, si rottamano sprezzantemente controlli e procedure tecnico-scientifiche a difesa degli interessi di tutti. E si vogliono pure allentare (emendamento del renzianissimo senatore Andrea Marcucci) i vincoli all’esportazione di opere d’arte. Godi, o Mercato.

Ma quali idee geniali sono venute sin qui ai venti super-pagati direttori? Dal bel servizio Ansa di Silvia Lambertucci si apprende che gioiscono per l’iniziativa dello svizzero Gabriel Zulchfriegel a Paestum di aprire a pagamento l’area sacra a matrimoni, festini, rinfreschi di nozze. Plaude Mauro Felicori dalla Reggia di Caserta (che ieri ha annunciato: “Voglio far nuotare Federica Pellegrini nella piscina della Reggia di Caserta. Bisogna aprire, diventare popolari”), è vivamente interessato per il Giardino d’Inverno di Urbino l’austriaco Peter Aufreiter. Esultano i wedding planners. È la Valorizzazione, bellezza!

Solo di stipendi, questi primi venti direttori –usciti col “bando della salama da sugo” (come è stata ribattezzata, alla ferrarese, la selezione franceschiniana) –costano oltre 3 milioni l’anno. Per genialate del genere non bastavano le Proloco coi loro pochi spiccioli di contributo annuale?

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