“Stiamo cercando di proteggere le persone, e non il loro posto di lavoro. Deve cambiare l’atteggiamento delle persone. Il lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso sacrifici”. Su questa frase, affidata dal ministro del Lavoro Elsa Fornero al Wall Street Journal (“Work isn’t a right; it has to be earned, including through sacrifice”), si è scatenata la bufera. Le reazioni politiche hanno circondato la titolare del Welfare e così la Fornero è stata costretta a precisare: “Il diritto al lavoro non può essere messo in discussione perché è riconosciuto dalla Costituzione”.
La precisazione non è ufficiale. Ma fonti del dicastero precisano che nell’intervista la Fornero ha fatto riferimento “alla tutela del lavoratore nel mercato e non a quella del singolo posto di lavoro, come sempre sottolineato in ogni circostanza”. Insomma: il diritto è del lavoro, non del posto di lavoro. Ma non è bastato per placare la reazione dei partiti, in particolare quelli di opposizione. Antonio Di Pietro ha parlato di asineria politica, la Lega si chiede se il ministro abbia giurato su Topolino, il segretario di Rifondazione Ferrero le definisce parole aberranti.
“A quanto pare – ironizza il leader dell’Italia dei Valori sul suo blog – la badessa Fornero ha riscritto, tutta da sola e senza chiedere il permesso a nessuno, l’articolo 1 della Costituzione. Cara professoressa, questa è un’asineria bella e buona”. “La nostra Costituzione – continua Di Pietro – dice l’esatto contrario. Secondo la Carta, infatti, il lavoro è un diritto, così come lo è l’essere messi in grado di condurre una vita dignitosa in cambio del lavoro prestato. Questo governo, invece, continua a comportarsi come se l’articolo 1 della nostra Costituzione dicesse che l’Italia, anziché ‘una Repubblica democratica, fondata sul lavoro’, sia ‘una Repubblica oligarchica, fondata sulle banche e sulle caste’. Prima di capovolgere così il principio fondamentale della Repubblica, non sarebbe opportuno che i professori Monti e Fornero consultassero gli italiani per capire se sono d’accordo?”.
All’arrembaggio anche la Lega con il senatore Gianvittore Vaccari: “Il lavoro è un diritto. Il ministro Fornero ha giurato sulla Costituzione o su Topolino?”. “Napolitano richiami al suo dovere il ministro del Lavoro” aggiunge il senatore ricordando, oltre all’articolo 1, anche l’articolo 4 della Carta: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Probabilmente, conclude Vaccari, “la Fornero ha dimestichezza con troppi testi ma con pochi luoghi di lavoro”.
Le parole della Fornero sono “aberranti” secondi il segretario di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero che rincara la dose: ”La riforma che il governo sta blindando in queste ore con la fiducia alla Camera è un provvedimento pessimo, altro che buono: via libera ai licenziamenti con la demolizione dell’articolo 18 e precarietà per tutti”. E annuncia un referendum per ristabilire la vecchia forma dell’articolo 18.
“La prossima correzione sarà ‘il posto è un diritto, non il salario’ – attacca il responsabile Lavoro di Sel, Gennaro Migliore – La ministra ‘del non lavoro’ Fornero usa bene le parole per illustrare ai mercati il suo decreto”. “Un tempo si chiedeva ‘lavorare meno per lavorare tutti’, oggi con il decreto Fornero si passa a ‘lavorare? Dipende se sei figlio di papà e mamma’. Chi approverà il decreto del non lavoro romperà il patto di solidarietà costruito in cinquant’anni di lotte”. “Il ministro del Lavoro – chiosa Angelo Bonelli, presidente dei Verdi – dovrebbe contare fino a dieci prima di parlare o inciampare in stupidaggini come quella sul diritto al lavoro”.
Interviene anche il Pd, con il capogruppo in commissione Bilancio Pierpaolo Beretta: “‘Quella approvata oggi e’ una buona riforma, fortemente innovativa. E mi auguro che il governo spieghi questo agli italiani e agli interlocutori istituzionali, piuttosto che enfatizzarne gli aspetti di dissenso e sminuirne il significato con dichiarazioni controproducenti. Per noi il lavoro è un diritto. Mai pensato che i diritti siano senza fatiche e sacrifici. Peraltro, chi lavora onestamente lo sa bene. Ma guai a pensare che merito e competenza, che debbono essere alla base di una sana cultura del lavoro, possano attenuare il principio che ciascuno possa poter lavorare, e per questa via emanciparsi come persona e come cittadino”.
Infatti, tra le nubi della tempesta sulla gaffe, la Camera approverà entro oggi la riforma del mercato del lavoro. Proprio l’articolo che prevede il “nuovo” articolo 18 è stato approvato con i voti di fiducia di ieri. In vista del voto definitivo la Fornero si è recata a Palazzo Chigi per incontrare il presidente del Consiglio Mario Monti. L’approvazione avviene di corsa proprio per richiesta esplicita del presidente del Consiglio che vuole presentarsi al tavolo del Consiglio dell’Unione Europea di domani presentando quelli che ha definito i “progressi dell’Italia”, tra i quali appunto la riforma del lavoro.
Il provvedimento esce quindi da Montecitorio senza alcuna modifica rispetto alla versione approvata dal Senato. “Continuo a considerare questa riforma una buona riforma” ha spiegato la Fornero oggi. Ma ha ribadito che “il governo è disposto a fare cambiamenti”. I partiti, che hanno concesso la delega all’esecutivo non senza malumori, si aspettano ora che sulla questione degli esodati, sugli ammortizzatori e sulla flessibilità in entrata, l’esecutivo intervenga “al più presto”. Protestano i sindacati, con la Cgil che organizza a piazza Montecitorio un ‘grande presidio’ contro un provvedimento che giudica “dannoso”.
Contestazioni in piazza in occasione degli stati generali del Sociale a Roma, dov’è intervenuta la stessa Fornero: un gruppo di manifestanti ha lanciato pile elettriche, zucchine e uova contro gli agenti della Guardia di Finanza. Qui il ministro ha ripetuto che la riforma va fatta partire perché ha novità importanti per i giovani.
I sindacati ribadiscono la loro contrarietà alla riforma: la Cgil è scesa in piazza in tutta Italia, mentre secondo Raffaele Bonanni della Cisl, “non risponde a quello che si era detto dall’inizio, e cioè che da queste norme ci sarebbero stati più posti di lavoro”. Anzi, aggiunge, “meno si tocca il testo e meglio è, perché lo si vuole toccare solo per peggiorarlo”.“Il governo ha avuto un dialogo di circa tre mesi con le parti sociali per arrivare a un documento condiviso, da tutte le parti sociali tranne la Cgil” è la risposta del ministro del Lavoro.