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Tomaso Montanari
Fori (Imperiali) nell'acqua
1 Gennaio 2015
Beni culturali
La spettacolarizzazione del Colosseo e la rinuncia a liberare l'area archeologica dei Fori dalle superfetazioni stradali del fascismo: ecco due segni del degrado della cultura della città.

La Repubblica online, blog "Articolo 9", 30 dicembre 2014

L'assessore alla cultura del Comune di Roma ha scritto al ministro responsabile del patrimonio culturale che se l'idea di usare il Colosseo come location per spettacoli fosse confermata, «non esiterebbe a valersi dei regolamenti e delle leggi per deprecare un tanto danno e un tanto pericolo». Ma il ministro, prendendo la parola in Senato, ha assicurato che «comunque, in un modo o in un altro, sarà provveduto affinchè, in omaggio al pubblico sentimento, non abbiano luogo nell'anfiteatro Flavio rappresentazioni musicali e drammatiche». Ottimo finale: perché in effetti il Colosseo è un monumento in sé, non ha bisogno di essere usato come contenitore di qualcosa per acquistare ai nostri occhi il diritto di continuare ad esistere.

Ottimo, se non fosse che questo lieto finale è andato in scena non ieri, ma l'anno in cui nasceva mia nonna Maria: il 1921.

Ieri, invece, un'inclita commissione nominata dall'attuale ministro preposto a ciò che rimane dello stesso patrimonio culturale, ha deciso che «quanto alla recente proposta di ricostruzione dell’arena del Colosseo, la Commissione esprime parere favorevole, nella convinzione che essa possa offrire un’ulteriore opportunità di comprensione e fruizione del monumenti, rendendo visitabili anche gli ambienti sotterranei ed ospitando iniziative culturali compatibili con la corretta conservazione del monumento». L'imbarazzante messaggio veicolato da questo stile curiale è che gli 'esperti' danno disco verde alla mercificazione della location Colosseo. A buon rendere.

E questo è il meno. L'eccelsa commissione nasceva nientemeno che per redigere «uno studio per un Piano strategico per la sistemazione e lo sviluppo dell’Area Archeologica Centrale di Roma». Ma lo studio che è saltato fuori sembra invece uno scialbo compitino: più simile a un sunto di wikipedia che a una qualunque cosa che si possa definire strategica. E il 'coraggio' che c'è voluto ad avallare la buffonata dell'arena del Colosseo è evidentemente scomparso come nebbia al sole quando la reverenda commissione si è trovata a prendere l'unica decisione importante che c'era da prendere: quella della rimozione della fascistissima, autostradale Via dei Fori Imperiali. Pazienza che questo fosse l'obiettivo di sindaci di Roma come Argan e Petroselli, e il sogno di intellettuali e urbanisti come Antonio Cederna, Italo Insolera o Vezio De Lucia: l'aulica commissione decide altrimenti (sebbene a maggioranza), preferendo rifarsi a Massimiliano Fuksas. E scusate se è poco.

E poi la chicca: se Via dei Fori Imperiali non si tocca, la Commissione vorrebbe invece demolire un pezzo di una strada rinascimentale, la Via Alessandrina. Quel che rimane si potrebbe sempre ribattezzare Via del Revisionismo.

Infine, la sullodata commissione – che candidamente si autocandida a diventare permanente: come tutte le strutture provvisorie che sorgono, più o meno abusivamente, in Italia – dispensa buoni consigli, «sentendosi come Gesù nel Tempio»: «Evitare gli opposti estremismi della contrapposizione tra tutela e valorizzazione, superando sia la finta modernizzazione che in nome di uno sviluppo senza qualità, mercifica la storia semplicemente perché non la conosce, sia certe posizioni sostanzialmente conservatrici rispetto ad ogni pur blanda proposta di innovazione». Ah, signora mia, non ci sono più le mezze stagioni: e nemmeno gli opposti estremismi di una volta.

La verità che «il principale problema per lo svolgimento dei lavori della Commissione è stato rappresentato dal ridotto tempo a disposizione (meno di quattro mesi) per affrontare un tema di enorme complessità, con il quale si sono confrontate varie Commissioni, progettisti, studiosi, associazioni, da oltre un trentennio. Lo scarso tempo a disposizione ha impedito l’approfondimento adeguato in particolare di alcuni nodi problematici di enorme complessità a partire dal tema centrale rappresentato dal destino di Via dei Fori Imperiali». Lo scrive la commissione stessa, in un accesso di lucidità: ma poi procede come se nulla fosse.

Perché non siamo mica nel 1921: quando l'assessore alla cultura del Comune di Roma si chiamava Corrado Ricci. E il ministro, Benedetto Croce.

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