Il Fatto Quotidiano, 18 agosto 2017 (c.m.c.)
Vice sovrintendente Vincenzo Cesetti 1 – ministro Marianna Madia 0. L’assorbimento dei forestali nei carabinieri o in altre forze a ordinamento militare è incostituzionale, almeno per la sezione di Pescara del Tar dell’Abruzzo che passa la palla alla Corte costituzionale. La riforma, sciogliendo il Corpo forestale e smembrandolo soprattutto fra carabinieri e vigili del fuoco, impone – nel caso dell’Arma – l’assunzione dello status di militare in modo non volontario: “illegittimità costituzionale” su cui ora dovrà pronunciarsi la Consulta.
Con l’ordinanza del 9 giugno – anticipata ieri mattina da ilfattoquotidiano.it – i giudici amministrativi, infatti, hanno risposto al ricorso dell’ex forestale Cesetti, trasferito all’Arma dei carabinieri: è uno dei tremila ricorrenti sugli ottomila componenti del Corpo; chiedeva, Cesetti, in sostanza, di «continuare a operare all’interno del disciolto Corpo forestale, e in subordine di non confluire nell’Arma dei carabinieri o comunque in altra forza di polizia a ordinamento militare, ma solo nella polizia di Stato».
Il Tribunale amministrativo abruzzese rileva come fondati i motivi di incostituzionalità addotti dal ricorrente e trasmette gli atti alla Corte costituzionale per il giudizio di merito, informando contestualmente, come da prassi, Palazzo Chigi.
L’ordinanza dei giudici di Pescara accoglie le ragioni del vice sovrintendente Cesetti ed è molto chiara nel determinare gli effetti contrari ai principi della Carta rilevati nella riforma Madia: «Violazione degli articoli 2 e 4 della Costituzione, e in particolare dell’articolo 2, laddove non è stato rispettato il principio di autodeterminazione del personale del Corpo forestale nel consentire le limitazioni, all’esercizio di alcuni diritti costituzionali, derivanti dall’assunzione non pienamente volontaria dello status di militare; e dell’articolo 4, laddove il rapporto di impiego e di servizio appare radicalmente mutato con l’assunzione dello status di militare, pur in mancanza di una scelta pienamente libera e volontaria da parte del medesimo personale del Corpo forestale».
E ancora: «Violazione degli articoli 76 e 77 comma 1 della Costituzione, laddove, in contrasto con la precedente tradizione normativa e quindi con i principi e criteri direttivi di delegazione, non è stato consentito al personale del disciolto Corpo forestale di scegliere di transitare in altra forza di polizia a ordinamento civile». Inoltre, «la militarizzazione di un corpo di polizia (o l’assorbimento del personale di un corpo di polizia civile in uno militare che è cosa analoga) si pone in netta controtendenza rispetto ai principi generali del nostro ordinamento e alle linee evolutive di questo nel tempo». E non basta, perché, per il Tar abruzzese, è stata «sottratta in concreto all’Assemblea parlamentare la possibilità di affrontare e analizzare tutte le questioni riguardanti tale accorpamento; con la conseguenza che la medesima Assemblea si è limitata così a consegnare al governo una delega in bianco dai contorni del tutto incerti, persino su un’opzione dalle implicazioni tutt’altro che marginali come la militarizzazione».
La ratio della riforma è la razionalizzazione e l’efficientamento della Pubblica amministrazione? «Il diritto alla tutela e salvaguardia dell’ambiente – scrive la sezione del Tar presieduta da Alberto Tremaglini – rientra nell’ambito di tutela del diritto alla salute, deve ritenersi che anch’esso sia un diritto incomprimibile, e perciò non sacrificabile per mere esigenze di bilancio e risparmio di spesa». Eppure «non si evincono ragioni di tale accorpamento salvo quella relativa alla razionalizzazione dei costi».
«A meno che – si legge ancora nell’ordinanza – non si voglia ritenere che la semplice riduzione numerica delle forze di polizia possa condurre a un risparmio di spesa, a parità di mezzi e personale impiegato, e ciò pur senza eliminare significative sovrapposizioni di funzioni (che non rinvenivano tra il Corpo forestale e l’Arma dei carabinieri), ma viceversa disperdendo un patrimonio culturale specialistico in complesse operazioni di riorganizzazione, quindi non semplificando un collaudato sistema di protezione ambientale ma disciogliendolo in vari rivoli, così ponendo semmai nuovi problemi di riorganizzazione e riconsolidamento di meccanismi e dinamiche operative maturate negli anni, che richiederanno evidentemente del tempo per ricomporsi nell’esercizio quotidiano delle funzioni».