Il bacino amazzonico cattura tra i 12mila e i 16mila km cubici di acqua l'anno, di cui solo il 40% scorre lungo i fiumi. Il resto viene restituito all'atmosfera mediante evapotraspirazione delle foreste, e si distribuisce a tutta l'America del Sud. La deforestazione riduce l'umidità che, trasportata dai venti, contribuisce all'equilibrio idrico di vaste aree del continente, oltre ad accentuare l'erosione e il drenaggio superficiale, che sottrae acqua non solo all'irrigazione naturale dell'Amazzonia, ma anche ai terreni agricoli più lontani.
Nel 2026, una Amazzonia «ultima riserva mondiale di cereali», attraversata da nuove strade e megaprogetti per l'energia e l'integrazione regionale, attirerà investimenti per miliardi di dollari, ma con una riduzione delle foreste e dell'acqua pulita, provocando un grave degrado ambientale accentuato dal cambiamento climatico.
È questo lo scenario di «Sull'orlo del baratro», il rapporto di Geo Amazonia elaborato negli ultimi due anni con il contributo di 150 scienziati di otto paesi della regione amazzonica, coordinati dal Centro de Investigación de la Universidad del Pacífico, con sede a Lima, Perù.
Lo studio «Prospettive ambientali in Amazzonia», patrocinato dal Programma delle Nazioni unite per l'ambiente (Unep) e l'Organizzazione del Trattato di cooperazione amazzonica (Acto), e diffuso la scorsa settimana, delinea quattro possibili scenari futuri, secondo diverse variabili. Il più ottimistico, «Amazzonia emergente», prevede per il 2026 una migliore gestione ambientale e controllo delle attività produttive, in base al principio «chi inquina paga», ma ancora con un ritardo nelle tecnologie ad efficienza energetica e nello sfruttamento efficace della biodiversità. Secondo un altro scenario, «Luci ed ombre», la regione starà ancora cercando percorsi di sviluppo sostenibile, con uno specifico accento su scienza, tecnologia e innovazione, e tentando di frenare le attività produttive più dannose. «L'inferno è verde», prospetta un futuro più drammatico, con una «perdita irreversibile della ricchezza naturale e culturale», più povertà e maggiori disuguaglianze.
La metodologia Geo (Global environment outlook) elaborata dall'Unep, è interessante perché offre una visione d'insieme e descrive «possibili situazioni condizionate da diversi fattori e incertezze» per orientare le decisioni, ha commentato Marcos Ximenes, direttore dell'Istituto di ricerca ambientale dell'Amazzonia (Ipam), che ha contribuito alla stesura del rapporto.
La grande sfida è che poi tutte queste informazioni e conoscenze devono essere «prese seriamente dai responsabili delle decisioni», ha detto Ximenes, ricordando la sua esperienza con altri rapporti Geo che alla fine non hanno portato a nessun risultato concreto. Ad ogni modo, questo processo di conoscenze deve diventare permanente, con maggiori risorse e più promozione. Questo primo rapporto è stato elaborato con pochi fondi e contributi volontari, ha lamentato. I dati e le analisi di Geo Amazonia non sono nuovi né attuali o completi, ma il fatto di averli raccolti in modo sistematico è una novità, anche perché includono l'intera regione e non solo le componenti nazionali, ha commentato Adalberto Veríssimo, dell'Istituto per l'uomo e l'ambiente dell'Amazzonia (Imazon). Per la prima volta, sono stati presentati i dati sul disboscamento dell'intero bacino amazzonico, anche se «sicuramente sottovalutati», poiché i vari paesi, eccetto il Brasile, non hanno ancora sviluppato sistemi di misurazione adeguati, ha spiegato.
L'area disboscata totale, secondo il rapporto, era di 857.666 km quadrati nel 2005, equivalente al 17% dell'intera regione amazzonica. L'espansione della deforestazione ha raggiunto la media annuale di 27.218 chilometri quadrati tra il 2000 e il 2005. La deforestazione riguarda già il 18% dell'Amazzonia, di cui un 15% in Brasile, ha stimato Veríssimo, responsabile del monitoraggio del fenomeno nella parte brasiliana. Secondo l'esperto, sarebbe «ottimistico» il bilancio sulle minacce alla biodiversità - che stima 26 specie già estinte; 644 «ad alto rischio» e 3.827 «in pericolo» e «vulnerabili» - poiché basato su informazioni di diversi anni fa. Geo Amazonia avrebbe però un ruolo positivo, in quanto stimolerebbe i paesi a migliorare le capacità di ricerca e di monitoraggio, orientando studi e stabilendo priorità, ammette lo studioso.
È fondamentale l'aggiornamento costante. Il rapporto, per esempio, non riporta la riduzione della deforestazione in Brasile dello scorso anno, che ha smentito una correlazione fino a oggi comune, secondo cui l'aumento dei prezzi agricoli nel mondo comportava un aumento della deforestazione per fare spazio a nuove colture, ha osservato Paulo Barreto, di Imazon. Di fatto, la deforestazione in Brasile continua a ridursi da prima della crisi economica mondiale, quando erano ancora molto alti i prezzi della soia e della carne di manzo - fattori tradizionalmente legati all'espansione dell'attività agricola e dell'allevamento in Amazzonia, ha spiegato.
Lo scenario che emerge dal rapporto non lascia molto spazio all'ottimismo. L'allevamento, attività maggiormente responsabile della deforestazione, è passato da 34,7 milioni di capi di bestiame nel 1994 a 73,7 milioni nel 2006 nell'Amazzonia brasiliana, e si espande a un ritmo accelerato nelle aree amazzoniche di Bolivia e Colombia. Anche la soia, l'estrazione del legno e mineraria, i grandi progetti idroelettrici brasiliani e altri portati avanti dalla Iniziativa per l'integrazione dell'infrastruttura regionale sudamericana (Iirsa), considerati prioritari per il governo brasiliano, esercitano pressioni economiche sulle foreste e la biodiversità amazzoniche.
La pressione demografica è evidente in una popolazione che cresce più rapidamente della media nazionale. I poco più di cinque milioni di abitanti del 1970 si sono moltiplicati per sei, raggiungendo i 33,5 milioni nel 2007, cioè l'11% del totale della popolazione degli otto paesi amazzonici. Diviso in sette capitoli, il rapporto Geo Amazonia copre dagli aspetti territoriali alla situazione attuale e agli scenari futuri.
Dalle conclusioni emerge un crescente degrado dell'ecosistema e la necessità di una maggiore partecipazione delle comunità locali nella discussione per definire «linee d'azione», come costruire una visione integrale, armonizzare politiche pubbliche, delineare strategie comuni e promuovere la valorizzazione economica dei servizi ambientali.
(traduzione francesca buffo)