Titolo originale: America’s romance with sprawl may be over – Scelto e tradotto da Fabrizio Bottini
Quasi tre anni dopo la fine ufficiale della recessione, che ha impedito materialmente di trasferirsi devastando con nuove lottizzazioni suburbane, la gente continua però ad evitare le fasce metropolitane più esterne, come confermano le previsioni dell’Ufficio Censimento. Crisi economica e pignoramenti hanno obbligato molti ad abitare in affitto. I costi lievitati dei carburanti hanno reso molto meno attraenti I lunghi percorsi quotidiani. E l’alto tasso di disoccupazione attira verso le concentrazioni di impiego. Il paese esce faticosamente dalla crisi, e a guidare la ripresa ci sono città e periferie consolidate. La crescita di popolazione nelle fasce più esterne si è quasi bloccata del tutto nell’anno statistico chiuso al luglio 2011. Per contro, le circoscrizioni centrali metropolitane crescono più rapidamente del paese nel suo insieme. "Un’ombra si addensa sulle fasce esterne" commenta John McIlwain, responsabile per la casa dell’Urban Land Institute, ente che promuove trasformazioni più sostenibili. "Pignoramenti, edifici invenduti, strade lasciate a metà. Non è certo un bell’ambiente. Fine del sogno".
Le nostre analisi dei dati mostrano che:
• Tranne due – in Michigan la Wayne (Detroit) e in Ohio la Cuyahoga (Cleveland) - tutte le 39 circoscrizioni di contea con popolazione oltre un milione dal 2010 al 2011 crescono.
• Ventotto fra queste grandi contee crescono più rapidamente del paese nel suo insieme, che ha la crescita più lenta dai tempi della Grande Depressione (0,73%). Per le contee invece il tasso è dell’1,3% mediamente (la metà più rapido, l’altra più lento).
Queste 28 — fra cui in California Alameda e Contra Costa, in Florida Broward e Hillsborough, in Texas Harris e Dallas — producono oltre un terzo della crescita totale Usa. Prima della recessione e della bolla edilizia, quando tutti parevano andare verso nuove aree ex agricole, questo contributo era al 27%.
"Si conferma il vantaggio localizzativo della grande città" commenta Robert Lang, professore di Studi urbani all’Università del Nevada di Las Vegas, e autore di Megapolitan America. "È in quel nucleo che sta la nostra forza come paese".
Le contee metropolitane più centrali pesano per il 94% della crescita Usa, contro l’85% prima della recessione.
"Potrebbe essere la fine dell’esurbio come luogo in cui tutti aspirano ad andare per far crescere la famiglia" commenta William Frey, demografo alla Brookings Institution. "Si sono scottati in parecchi. … Gente che comprava la prima casa, immigrati, minoranze, sono stati tutti molto colpiti". Nei periodi di scarsità dei carburanti negli anni ’70 e in quello di crisi del prestito anni '80 erano in molti a prevedere la fine dello sprawl suburbano. Non si è verificata allora, ma le tendenze attuali potrebbero cambiare in modo permanente le tendenze di sviluppo del paese. Chi invecchia e sta per andare in pensione, e la generazione dei Millennials, adolescenti o ventenni, paiono più propensi ad abitare in zone urbane, continua McIlwain. "Non sono certo che vedremo altro sprawl, anche se certe spinte continuano. Le amministrazioni ormai non ce la fanno più nemmeno a fare manutenzione stradale, o dei servizi a rete. … Viviamo nel secolo dell’urbanizzazione". Magari però, aggiunge Lang, "lo sprawl è un po’ il Freddy Krueger della crescita americana. Lo danno sempre per morto, ma poi risorge a nuova vita".